Two Prosecutors: recensione del film, da Cannes 2025

In anteprima dal Festival di Cannes, l'analisi del film che racconta un periodo specifico della Russia governata da Stalin.

Serhij Loznycja, cineasta discretamente conosciuto a Cannes, torna al Festival con un film di finzione – la sua specialità sono i documentari – in corsa per la Palma d’Oro. Two Prosecutors è tratto dal racconto omonimo del 1969 di Georgij Demidov ed è ambientato in Russia durante uno dei momenti più repressivi del regime staliniano. Il protagonista assoluto è Aleksandr Kuznecov, nel ruolo di un procuratore che decide di rispondere alla richiesta d’aiuto di un suo ex insegnante, tenuto prigioniero e torturato senza pietà.

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Two Prosecutors: impostazione teatrale e cinema puro

Per quanto il tema politico sia fondamentale nell’ispirazione e nello svolgimento, il lavoro di Loznycja non si accontenta di rievocare l’orrore delle purghe staliniane: lo trasfigura in un racconto sensoriale e onirico, dove la storia diventa materia visionaria che interroga la percezione. Two Prosecutors è un film potentissimo che, se da una parte segue un’impostazione rigorosa e teatrale nella costruzione delle scenografie e della recitazione, dall’altra si configura come un esperimento di puro cinema nel suo giocare con il suono e con le inquadrature.

La colonna sonora qui è composta da suoni e rumori – del telefono, dei passi, delle parole che pesano e delle risate grottesche, dei respiri affannosi, delle porte che sbattono, dei fogli che cadono e bruciano, del silenzio – , fino al momento in cui la musica si impone. Sembra un intervallo liberatorio o addirittura un finale di tregua, di meritata conciliazione, e invece non è che un atto di illusionismo, di cinema intransigente, senza mezze misure. In questa danza radicale e radicata del sonoro, anche gli oggetti prendono vita, comunicano l’uno con l’altro e sprigionano poesia.

Il 4:3 accentua la natura claustrofobica dell’operazione, eppure Loznycja firma una regia talmente ispirata e indiscreta che lo schermo sembra larghissimo e il fuori campo infestato. La moltitudine di personaggi che popolano le scene, indagati con piani ravvicinati di felliniana ossessione – di rimando al regista riminese anche le (a)tipiche inquadrature frontali di volti che occupano solo un quarto dell’inquadratura – , aumentano sottilmente l’inquietudine e rafforzano l’idea che la magia sia altrove, fuori dalla storia – in entrambe le sue accezioni. La vera magia è nel cinema che prende il sopravvento, nella percezione dell’invisibile che fa rumore.

Two Prosecutors: valutazione e conclusione

Two Prosecutors è un film di grande visione autorale, che solo apparentemente mette al centro le vicende reali da cui trae ispirazione: l’anima (de)centrata dell’opera di Loznycja è un’inquietudine strisciante che si insinua come un fruscio di fondo, un sussurro indefinito che continua a vibrare.

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 3.5
Recitazione - 4.5
Emozione - 3.5
Fotografia - 4
Sonoro - 4.5

4.1