Perché Netflix non è disponibile in Cina? Anni di trattative non sono riusciti a evitare questo enorme ostacolo

Ted Sarandos ha impiegato due anni per cercare di introdurre il servizio streaming oltre i confini della Cina. Non è servito a nulla.

Netflix non avrà il miglior catalogo in assoluto, né eccelle per qualità. E sebbene le sue produzioni originali offrano sorprese gradite, non sempre brillano per innovazione o qualità. Tuttavia, una cosa è certa: se c’è una famiglia abbonata a una piattaforma di streaming, molto probabilmente quella piattaforma è proprio Netflix.

Durante la presentazione dei risultati finanziari del primo trimestre 2025, il colosso dello streaming ha annunciato una svolta: non condividerà più il numero dei propri abbonati, scegliendo di concentrarsi esclusivamente su dati economici. Una decisione che non sembra influenzare negativamente la percezione dell’azienda, soprattutto considerando la crescita del 13% dei ricavi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e le previsioni di profitti compresi tra 43,5 e 44,5 miliardi di dollari per l’anno fiscale in corso. Eppure, queste cifre – già impressionanti – potrebbero esserlo ancora di più se Netflix fosse riuscita a penetrare uno dei mercati più strategici e redditizi dell’industria dell’intrattenimento: la Cina.

In un’intervista rilasciata a Semafor durante il World Economic Summit di Washington, il co-CEO di Netflix Ted Sarandos ha spiegato i motivi dell’assenza della piattaforma nel mercato cinese. Quando, circa quindici anni fa, la Cina si profilava come la nuova frontiera dorata per Hollywood, anche Netflix tentò di entrare nel paese. Ma l’ostacolo, seppur prevedibile, fu insormontabile: la censura governativa. “All’epoca tutti pensavano che fosse essenziale entrare in Cina”, ha raccontato Sarandos. “Ci abbiamo provato per alcuni anni, ma ogni contenuto doveva passare attraverso il comitato di censura. In tre anni, neanche un episodio delle nostre serie è stato approvato. Nessuno.”

Un blocco totale che ha dimostrato come le autorità cinesi non fossero interessate a far operare una società americana sul proprio territorio senza un controllo assoluto sui contenuti offerti. Di fronte a questa realtà e alla rigidità del sistema, Netflix ha dovuto fare marcia indietro, rinunciando al mercato cinese. Tuttavia, Sarandos non considera questo fallimento una sconfitta, ma piuttosto un segno distintivo. “Tutti hanno passato il decennio successivo a cercare di entrare in Cina, e alla fine sono finiti nello stesso punto in cui mi trovavo io: nel nulla”, ha affermato con una punta di orgoglio.

Secondo il dirigente, il fatto che Netflix non sia presente in Cina si traduce in un vantaggio competitivo: è una delle rare aziende americane non soggette a censura, dazi o tassazioni cinesi. Inoltre, minimizza l’importanza del mercato asiatico per la crescita globale della piattaforma, sottolineando che “c’è un mondo intero che è felice di accogliere Netflix”. In un’epoca in cui le grandi aziende tech cercano disperatamente di ritagliarsi uno spazio in Cina, spesso piegandosi a compromessi, Netflix sembra aver trovato la propria forza altrove: nella coerenza e nell’autonomia. E i numeri, a quanto pare, le danno ragione.

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