Il Gladiatore e il leggendario attore morto durante le riprese: “Ha bevuto tre bottiglie di rum, otto birre e diversi whisky”
L'attore era noto per il suo grave problema di alcolismo, ma questo non scoraggiò Ridley Scott dall'ingaggiarlo per le riprese de Il Gladiatore.
Oliver Reed non è stato soltanto un attore britannico dal talento innegabile, ma una vera e propria forza della natura. Con il suo fisico imponente, lo sguardo magnetico e un’energia irrefrenabile, è diventato una delle figure più riconoscibili del cinema del XX secolo. Tuttavia, dietro la maschera dell’interprete carismatico si celava un uomo tormentato da eccessi e autodistruzione, la cui leggenda si è intrecciata per sempre con la sua tragica fine durante le riprese del kolossal Il Gladiatore di Ridley Scott.
Reed iniziò la sua carriera nel cinema tra piccoli ruoli e comparsate, finché la Hammer Films non lo scelse per il film horror L’implacabile condanna (1961). Da quel momento in poi, costruì una carriera lunga quattro decenni, con oltre cento film all’attivo, tra cui spiccano titoli di culto come Oliver (1968), I diavoli (1971), Tommy (1975) e Brood – La covata malefica (1979). Lavorò con registi del calibro di Otto Preminger, David Cronenberg, Ken Russell e Terry Gilliam, imponendosi come una presenza scenica potente e indimenticabile.

Ma la fama di Reed non si limitava allo schermo: era anche noto per la sua instancabile vita notturna e la sua devastante dipendenza dall’alcol. Leggendario il suo gruppo di bevute, i “Guerrieri del bere”, così come gli aneddoti che lo circondavano: dall’episodio in cui vomitò su Steve McQueen, venuto appositamente per proporgli un ruolo, alle 100 pinte di birra bevute il giorno prima del suo matrimonio. La sua amicizia con Keith Moon, il batterista degli Who, era il simbolo di una generazione votata all’eccesso.
Nonostante le sue intemperanze, Reed venne scelto da Ridley Scott per interpretare Antonio Proximo ne Il Gladiatore (2000), un ex gladiatore diventato mercante di schiavi che accoglie e addestra il protagonista Massimo Decimo Meridio, interpretato da Russell Crowe. Fu un ritorno alla ribalta per l’attore, che per diverse settimane durante le riprese a Malta riuscì a sorprendere tutti mantenendosi sobrio e professionale.
Ma il 2 maggio 1999, la sua natura ribelle ebbe il sopravvento. Dopo una lunga giornata di riprese, Reed si recò in un pub irlandese dell’isola, dove venne riconosciuto e sfidato dai clienti a una gara di bevute. Secondo i testimoni, consumò tre bottiglie di rum giamaicano, otto bottiglie di birra tedesca e diversi doppi whisky, il tutto accompagnato da sessioni di braccio di ferro con giovani marinai britannici. Poco dopo, fu colpito da un infarto e morì sul posto, all’età di 61 anni. Il locale fu poi ribattezzato “Ollie’s Last Pub”, e ancora oggi conserva il conto di quella fatidica notte, mai pagato.

La sua morte lasciò incompiute alcune scene de Il Gladiatore, costringendo la produzione a ricorrere a effetti digitali e controfigure per completare il personaggio di Próximo. Ridley Scott difese questa scelta come un doveroso omaggio all’attore, un modo per preservare il suo ultimo lavoro sul grande schermo. E fu una scelta vincente: l’interpretazione di Reed venne acclamata dalla critica e gli valse una nomination postuma ai BAFTA Awards come miglior attore non protagonista.
Oliver Reed è stato molte cose: attore, ribelle, bevitore, eroe tragico. Ma soprattutto, è stato autentico. E come tutti i personaggi epici, ha vissuto e se n’è andato con la stessa intensità feroce che ha portato nei suoi ruoli. Un vero gladiatore, fino all’ultimo sorso.
Leggi anche Il Gladiatore II: 5 inesattezze storiche che non avete notato nel film di Ridley Scott