Le Rose di Versailles – Lady Oscar: recensione del film d’animazione

Le rose di Versailles - Lady Oscar è un'opera a cavallo tra il barocco dell’anima e la rivoluzione del cuore.

Nel vasto panorama dell’animazione giapponese contemporanea, raramente accade che un’opera riesca a farsi ponte tra passato e presente, tra manga storico e riflessione sull’identità. Le Rose di Versailles Lady Oscar, adattamento animato dell’omonimo capolavoro di Riyoko Ikeda, riesce nell’impresa con un coraggio visivo che non ha paura dell’eccesso, e con una voce che, pur smorzata dai limiti della forma condensata, sa ancora sussurrare verità potenti.

Le Rose di Versailles – Lady Oscar è l’adattamento floreale di un’opera rivoluzionaria

Diretto da Ai Yoshimura e prodotto dal prestigioso studio MAPPA, il film condensa in circa due ore un racconto che si estendeva per anni su carta. Nato negli anni ’70, Le Rose di Versailles ha segnato un punto di svolta nello shōjo manga, ponendo al centro della narrazione due figure femminili — la regina Marie Antoinette e l’ufficiale delle guardie reali Oscar François de Jarjayes — che rappresentano due volti dell’aristocrazia francese travolta dall’onda lunga della rivoluzione.

La Yoshimura sceglie di focalizzarsi sul tratto più noto e iconico della storia: l’arrivo della giovane regina a Versailles e i giorni che precedono la presa della Bastiglia. Il risultato è un’opera visivamente sontuosa, quasi un melodramma musicale, in cui l’estetica da copertina di manga prende vita in una successione di quadri sospesi tra sogno e tragedia.

L’androgina Oscar, eroina del nostro tempo

Se Marie Antoinette, qui doppiata da Aya Hirano, appare come una figura fragile, vittima e complice di un mondo che la divora, è Oscar, magnificamente interpretata da Miyuki Sawashiro, a catalizzare l’anima della pellicola. Nata donna ma cresciuta come uomo per volontà paterna, Oscar si muove tra i saloni di Versailles e i tumulti delle piazze con un’eleganza disarmante, incarnando le contraddizioni del proprio tempo — e del nostro.

La sua identità androgina non è semplice elemento estetico, ma chiave politica e narrativa. In Oscar convivono dovere e ribellione, amore impossibile e desiderio di giustizia. Il suo rapporto con André, vassallo e confidente, vibra di una tenerezza struggente, giocata sui silenzi, sugli sguardi, sulla tensione romantica che solo il non detto sa rendere così intensamente.

La forma: tra eccesso barocco e lirismo visivo

Lo stile visivo Le Rose di Versailles è un trionfo di linee flessuose, abiti sfarzosi e una palette cromatica che oscilla tra l’oro regale e il cremisi rivoluzionario. Non è un caso: la regia abbraccia senza timori la teatralità del melodramma e la ripropone con una consapevolezza moderna. Le scene sembrano a volte dipinte, più che animate, con dettagli che citano tanto l’arte romantica quanto la caricatura politica settecentesca.

Questa scelta estetica ha però un prezzo: il ritmo narrativo ne risente. La compressione di molteplici eventi in brevi vignette sacrifica lo sviluppo psicologico di alcuni personaggi e trasforma momenti chiave in intermezzi videoclip. A volte pare di assistere a un musical ininterrotto, dove i dialoghi si arrendono all’enfasi delle emozioni e si affidano a frasi volutamente enfatiche (“una tempesta di desiderio ha colpito il mio cuore come un fulmine in una tempesta”).

Ma è proprio in questa esasperazione che il film trova, paradossalmente, la sua coerenza: Versailles, dopotutto, era un teatro dorato dove tutto era apparenza, e Yoshimura lo restituisce con fedele visionarietà.

Le Rose di Versailles – Lady Oscar – Amore, classe e identità: la rivoluzione è anche intima

Sotto le parrucche incipriate e i ventagli che si agitano nei saloni, Le Rose di Versailles racconta una rivoluzione che non è solo politica, ma profondamente personale. Oscar incarna la possibilità di scegliere, anche a costo della perdita. La sua discesa tra il popolo, la presa di coscienza del privilegio, l’apertura a un sentimento che sfida le definizioni: tutto in lei è movimento, scelta, rivoluzione dell’anima.

Il film riesce, nonostante i limiti temporali, a mantenere questo cuore pulsante. Anche quando la storia semplifica o salta intere sottotrame, l’ideale resiste. È un’ode ai corpi in lotta, ai desideri nascosti, agli ideali più grandi dell’individuo. E nel volto di Oscar — a volte duro, a volte liquido di lacrime — vediamo la stessa tensione che attraversa chiunque, ancora oggi, si interroghi su cosa significhi essere sé stessi in un mondo che impone maschere.

Conclusione e valutazione

Le Rose di Versailles non è un film perfetto. La sua natura “condensata” lo priva di alcuni momenti chiave che avrebbero arricchito la profondità emotiva. Alcuni passaggi risultano frettolosi, altre scelte troppo teatrali per chi non ha familiarità con il materiale originale. Ma il suo coraggio è innegabile. In un’epoca in cui l’animazione tende all’uniformità, questo film osa. E osa tanto.

Per chi conosce il manga, sarà un ritorno emozionante. Per i nuovi spettatori, potrebbe essere uno squarcio su un mondo fatto di passioni grandi, bellezza teatrale e idee radicali, filtrati da un’estetica che non ha paura della grandiosità. Una Versailles più simbolica che storica, certo, ma profondamente viva.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.1

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