Into The Woods: recensione

It’s the witch from next door! (È la strega della porta accanto!)
Basterebbe questa frase a racchiudere l’anima e il corpo di Into The Woods, ennesimo adattamento per grande schermo di un musical targato Stephen Sondheim, uno dei padri indiscussi del genere (i suoi lavori annoverano, giusto per citarne qualcuno, Sweeney Todd e West Side Story). Alla regia troviamo Rob Marshall, anche lui non un novellino di queste cose, avendo già firmato le versioni a film di Chicago e Nine. La strega di cui sopra è nientemeno che Meryl Streep (qui alla sua seconda avventura canora dopo Mamma Mia!), capace perfino di strappare una nominations (la diciannovesima!) agli Oscar – che, a torto o ragione, di solito snobbano le performance di attori e registi in film non drammatici. Ad accompagnarla, un cast folto e d’eccezione, comprensivo di grandi calibri come Johnny Depp, Emily Blunt, Chris Pine, James Corden e Anna Kendrick (stupefacenti le sue dote canore!), nei panni di figure più o meno note del mondo delle favole, i cui destini si intrecciano e dividono – nel bosco che dà il titolo al film – proprio a causa delle manovre sotterranee della Strega in cerca della sua gioventù smarrita.

Anna Kendrick come Cenerentola

Anna Kendrick nei panni di Cenerentola

In questo mash-up di fiabe (troviamo Cappuccetto Rosso, Raperonzolo, Jack E Il Fagiolo Magico e Cenerentola) che assai facilmente sarebbe potuto finire in un disastro di scrittura si evidenzia un’armonia di intenti e commistioni per quasi tutta la durata del tempo, che solo – molto ironicamente – nella seconda fase del film, quando cioè tutti i personaggi iniziano a collaborare, viene meno. A quel punto la sceneggiatura cede un po’, il ritmo rallenta e lo spettatore si ritrova con qualche sbadiglio in più, mentre la trama si dipana meccanicamente verso la sua conclusione. Tuttavia una delle noti migliori del film, insieme al bel ensemble del cast, viene proprio dalla scrittura, che mai disdegna il ricorso ad un umorismo semplice ma mai banale, sottile senza essere complicato: i personaggi interagiscono l’uno con l’altro prendendosi gioco del loro stesso ruolo e del contesto fiabesco da cui provengono, ma nessuno scambio risulta mai di troppo, e questo aiuta a mantenere il film piacevole anche quando la storia diventa un po’ noiosa. Stesso discorso vale anche per la regia: Rob Marshall orchestra il tutto armonicamente, organizzando i personaggi come fossero pedine in un gioco da tavolo (sto pensando in particolare al Labirinto Magico: simile infatti è la ricerca che ogni giocatore deve intraprendere con lo scopo di raggiungere tutti gli oggetti che gli servono per vincere la partita); tutti loro si muovono dall’inizio alla fine seguendo un movimento circolare e quasi a spirale, che ha al proprio nucleo il centro del bosco come luogo e la Strega come personaggio.

Il Fornaio con Cappuccetto Rosso

James Corden (Il Fornaio) con Lilla Crawford (Cappuccetto Rosso)

La fotografia di Dion Beebe ben incornicia l’atmosfera di favola del film e del bosco in particolare, a cui sono sempre associate tutte le variazioni possibili del blu e del grigio, con un effetto notevole dato dalla nebbia durante le prime ore del mattino e della sera, così ben curato che, anche se la pellicola non è in 3D, riesce facilmente a donare quel senso di inclusione e sospensione che molto si intona con le caratteristiche della storia.
Into The Woods ha la magia delle fiabe e l’incanto del musical dalla sua, e con l’aiuto di attori di punta che si completano l’un con l’altro, sia dal punto di vista vocale sia recitativo, riesce a strappare allo spettatore risate e qualche emozione, catapultandolo per due ore in un mondo così diverso dal nostro che è facile perderlo di vista, soprattutto per quegli adulti che dimenticano come essere bambini.

Giudizio Cinematographe

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.2
Fotografia - 3.2
Recitazione - 3.7
Sonoro - 3.7
Emozione - 3.2

3.3

Voto Finale