Suburra: recensione

Suburra s. f. – Propr., nome proprio (Suburra, lat. Subura o Suburra, di etimo ignoto) di una zona di Roma antica compresa tra i colli Quirinale, Viminale, Celio e Oppio, che alla fine della repubblica era diventata un quartiere popolare di piccoli commercianti, gente di malaffare e sede di postriboli; di qui la parola è passata, in usi letter. o elevati, a indicare i quartieri più malfamati di qualsiasi grande città, e la gente che vi abita.

Suburra – il crimine della Roma odierna

La malavita romana si prepara a mettere le mani sull’affare del secolo: il Grande Progetto, gigantesca speculazione edilizia nelle periferie Est e Sud della capitale. L’affare coinvolge politicanti, alti prelati, amministratori. Un piccolo spacciatore cerca di fare il salto di qualità ricattando un personaggio troppo in alto. Ma a Roma non c’è spazio per un cane sciolto come lui. Per via di una rapida esecuzione avventata e incosciente Il Grande Progetto rischia di saltare. Ecco perché deve scendere in campo il Samurai, l’ultimo erede della vecchia Banda della Magliana: un nazista convertito al crimine.suburra

La regia di Stefano Sollima per Suburra è un concentrato di metafore visive, inquadrature che fanno rinascere il cinema italiano e lo elevano verso l’Olimpo che gli è dovuto. Nei 130 minuti di durata della pellicola si possono scovare le analogie con i  passati lavori del regista ma, come lo stesso Sollima insegna, sembra di avere davanti un prodotto non catalogabile in nessun paese del mondo: italiano, europeo, inglese, americano, no. Suburra è Cinema con la C maiuscola, a 360 gradi e senza etichette.
La fotografia di Paolo Carnera (già collaboratore di Sollima per ACAB – All Cops Are Bastards per il quale ha ricevuto anche una nomination ai David di Donatello e per Romanzo Criminale – La Serie) è cupa, grigia, un concentrato di male e oppressione sotto forma di immagini. L’incessante pioggia presente in tutto il film, che come un orologio con i suoi ticchettii sottolinea i giorni che mancano all’Apocalisse, unita allo stile visivo adottato da Carnera, non solo trasporta lo spettatore all’interno di un mondo attuale e estremamente veritiero ma fa vivere il tutto come se ci fosse una patina di polvere da sparo ancora calda. Anche per le scene ambientate ad Ostia viene utilizzato uno stile molto particolare, che rispetto a Roma trova respiro in spazi molto più vasti ma comunque cupi, con agenti atmosferici marittimi che mostrano la loro presenza su uno schema cromatico dettato prevalentemente dai toni freddi anche a livello scenografico.

suburra

Il soggetto (e parte anche della sceneggiatura scritta insieme a Stefano Rulli, Sandro Petraglia, Carlo Bonini) del magistrato Giancarlo De Cataldo presenta diverse analogie con i lavori passati sia di Sollima che di De Cataldo stesso: è impossibile non fare paragoni con Romanzo Criminale (in particolare per una fredda e drammatica esecuzione sul finale) di cui Suburra è il diretto erede, sperando di vedere sul grande o piccolo schermo il vero sequel delle vicende della banda della Magliana “nelle mani giuste”. La struttura di Suburra è la naturale evoluzione di quello che ha avuto inizio negli anni ’70 narrato nelle precedenti opere e può trovare una collocazione apocrifa come capitolo conclusivo di una trilogia letteraria dedicata a Roma.
La recitazione del cast è totalmente eccelsa, non c’è un personaggio che sia fuori posto, dai protagonisti che, seppur facciano parte di una storia articolata e corale, rivelano uno spessore recitativo e di evoluzione raro nel cinema italiano, fino ai personaggi secondari e alle comparse. Il Samurai portato in scena da Claudio Amendola è di una freddezza e paternità (in particolare verso Roma) disarmante, esatta controparte di Pierfrancesco Favino che ci mostra un lato oscuro a livello politico forse ben peggiore di un regolamento di conti attuato “alla vecchia maniera”. Elio Germano, Giulia Elettra Gorietti e Adamo Dionisi fanno parte di un trittico bilanciato e con una evoluzione totalmente completa senza lasciare nulla al caso. Ma una delle vere rivelazioni di Suburra risiede nel personaggio di Numero 8, Re di Ostia, interpretato da Alessandro Borghi: un mix tra il Libanese e il Dandi, un personaggio tanto carismatico quanto destinato a cadere inesorabilmente.

suburra

Suburra è un film forte, deciso, un pugno allo stomaco, una pellicola di interesse culturale a livello mediatico. Si dica quel che si vuole: se ci vergogniamo che un prodotto perfetto come quello di Stefano Sollima possa rappresentare l’Italia all’estero, allora è il caso di vergognarsi del Paese in cui abitiamo perché ciò che rappresenta è pura e semplice verità in 130 minuti di tesissima durata.suburra

Suburra va visto, da tutti.

Giudizio Cinematographe

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 4.2
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4.5
Emozione - 5

4.5

Voto Finale