La Spina del Diavolo: recensione

Nel 2001 Guillermo Del Toro spiana la strada al suo capolavoro Il Labirinto del Fauno, dirigendo il primo capitolo di una trilogia, che vede come secondo atto proprio il film del 2006, dal titolo La Spina del Diavolo. Diretto dal grande regista spagnolo, al momento impegnato con la serie tv The Strain, e prodotto da Pedro Almodovar, il film si svolge all’interno di un orfanotrofio durante la sanguinosa guerra civile spagnola. Spagna, fine anni 30′. Carlos è un ragazzino di 12 anni, abbandonato dal suo tutore si ritrova rinchiuso nell’orfanotrofio di Santa Lucia, un immenso stabile nel bel mezzo di una landa desolata. Appena arrivato il piccolo Carlos diventa vittima della violenza di Jacinto, un ragazzo più grande leader del posto, a tormentare il giovane arriva anche una presenza inquietante che si aggira nelle sale del complesso dormitorio. Carlo immerso in questo mondo sconosciuto e circondato dai suoi coetanei abbandonati si troverà a dover risolvere un orribile segreto che aleggia fra le alte mura del Santa Lucia.

la spina del diavolo

Il piccolo Carlos in una scena del film

A colpire sono le scenografie dark a tinte horror che il film ci presenta man mano che andiamo avanti, chiaro lavoro preparatorio a quello che sarà il capolavoro di Guillermo del Toro, Il Labirinto del Fauno, dopotutto anche in questo caso protagonisti sono i ragazzini, e a far paura più che i fantasmi sono gli adulti e le loro dinamiche che portano i bambini all’interno di un posto ritenuto “sicuro”. Dopotutto cosa sia un fantasma viene spiegato all’inizio della pellicola da una voce fuoricampo:

Che cos’è un fantasma? Un evento terribile condannato a ripetersi all’infinito, forse solo un istante di dolore, qualcosa di morto che sembra ancora vivo, un sentimento sospeso nel tempo come una fotografia sfuocata, come un insetto intrappolato nell’ambra…

Quindi forse nulla di così spaventoso, a far paura davvero è la rabbia esplosiva di Jacinto, la guerra che si avvicina alle mura dell’orfanotrofio e la bomba all’interno del cortile, presenza opprimente ancora più del poltergeist che aleggia all’interno dei dormitori. Non è sicuramente una pellicola da adrenalina pura, a volte sembra non decollare, ma la maestria di del Toro nel mixare saggiamente orrore soprannaturale e “umano” aumentando in maniera crescente una tensione che scivola sulla pelle come una goccia fredda sulla schiena; rimane dell’anima del regista l’ambientazione da favola dark che non viene filtrata dalla presenza dei piccoli protagonisti, anzi è cattiva e non si trattiene nel mostrare scene forti.

Giudizio Cinematographe

Regia - 4.2
Sceneggiatura - 3.7
Fotografia - 4
Recitazione - 3.7
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.9

Voto Finale