Stoker: recensione

Stoker è la nona pellicola (la prima in lingua inglese) del regista coreano Park Chan-Wook, famoso ai più per la Trilogia della Vendetta, composta dai film Mr. Vendetta, Oldboy e Lady Vendetta. Uscito nelle sale cinematografiche nel 2013, Stoker è un thriller  stratificato, complesso e che racchiude la propria potenza comunicativa nelle immagini. Il regista abbandona qualsiasi linguaggio didascalico ed attraverso piccoli giochi di macchina, alla cruda e fredda fotografia e ad un perfetto incastro visivo fra narrazione ed immagini, ci dona un ritratto senza mezzi termini  dei rapporti familiari, vincolanti ed ambigui, riuscendo nell’intento di far pian piano riaffiorare il lato più recondito e oscuro dell’animo umano.

Il ritmo del lungometraggio è scandito sequenza dopo sequenza e mantenuto costante da un perfetto intreccio della storia, così come la sensazione di disagio e sgradevolezza  verso le situazioni e i personaggi,  confinati all’interno del proprio labirinto interiore, non cala in nessuno momento. Le vicende ruotano attorno alla famiglia Stoker, composta da Richard (Dermot Mulroney), Evelyn ( Nicole Kidman)  e dalla figlia India (Mia Wasikowska): Nel giorno del diciottesimo compleanno di India, il padre Richard è vittima di un tragico incidente stradale, nel quale perde la vita. Le due donne si ritrovano così a vivere da sole nonostante il loro rapporto sia incrinato da tempo, fino a quando, al funerale del marito, non compare dal nulla lo zio Charlie (Matthew Goode). Egli è tornato dall’Europa non appena saputo della dipartita del fratello e comincia quindi a ricavarsi un posto all’intero della rete familiare, mostrando interesse nel supportare Evelyn e India in questo difficile momento. Ma l’uomo sembra nascondere  un segreto e la sua presenza incide negativamente nei  già precari equilibri emotivi di tutti gli Stoker, soprattutto di quello della nipote India, la quale a sua volta nasconde dietro un velo di apatia la propria vera natura…


Ciò che colpisce al primo impatto è la freddezza con cui ci vengono mostrati i retroscena della vita familiare, degli intrecci, dei dissapori e dei segreti gelosamente custoditi (a volte a fin di bene) da ogni membro, senza veli né timori.
Piccoli suggerimenti visivi, che siano la decorazione di un vaso, il segno di un anello mancante o la sovrapposizione geometrica di eventi distanti tra loro, risultano fondamentali nella composizione del mosaico narrativo e scenico.
Le scelte e le reazioni agli eventi  dei personaggi risultano spiazzanti e devastanti in maniera bidirezionale: Lo spettatore è coinvolto emotivamente ed eticamente, sollecitato a provare una gamma di sensazioni contrastanti fra loro: L’empatia e la compassione fanno posto al ribrezzo e al disgusto e viceversa, per un turbinio che si dissolve in un finale amaro e stordente.


Scavare senza retorica nei recessi dell’animo umano può risultare un’impresa titanica, ma Chan-wook ci riesce attraverso  un’ ottica dal sapore orientale ( il bene e il male sono due facce  della stessa medaglia) e ispirandosi ai maestri della suspense come Hitchcock e Polanski.

Tecnicamente impeccabile, Stoker rappresenta una pellicola forte, matura e determinata a portare su schermo temi di difficile argomentazione.
Il regista per portare a compimento questo  progetto, si affida alla musica e alla immagini piuttosto che alle parole, confezionando un  thriller /noir dalle forti tinte classiche.

Le mie orecchie sentono ciò che altri non sentono, piccole cose lontane che altri non vedono, io riesco a vederle. Questi sensi sono il frutto di una vita fatta di desiderio, desiderio di essere salvata, di essere completata. Come a una gonna serve il vento per gonfiarsi, anch’io prendo forma grazie a cose che non appartengono a me, indosso la cintura di mio padre, stretta intorno alla camicetta di mia madre e delle scarpe di mio zio. Io sono questa, così come il fiore che non può scegliere il proprio colore, noi non siamo responsabili per ciò che siamo diventati, solo quando ce ne rendiamo conto diventiamo liberi, e diventare adulti è diventare liberi…

Giudizio Cinematographe

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.2
Fotografia - 3
Recitazione - 3.7
Sonoro - 3
Emozione - 3.7

3.4

Voto Finale