I Fantasmi di Portopalo: recensione della miniserie con Beppe Fiorello

L’impegno sociale della Rai è già noto da alcuni anni con produzioni fiction di storie contemporanee narranti gesta “eroiche”. Anche questa volta in collaborazione con Rai Fiction e IBLAFILM, la Rai porta sul piccolo schermo, in prima serata, un tema complesso basato su una storia d’immigrazione realmente accaduta lungo le coste nostrane: I Fantasmi di Portopalo, in onda il 20 e 21 febbraio alle 21 su Rai 1.

I Fantasmi di Portopalo: recensione della miniserie con Beppe Fiorello in onda il 20 e 21 Febbraio su Rai 1

Tra la notte del 24 e 25 dicembre del 1996, di fronte al piccolo paesino di Portopalo, naufragò un’imbarcazione con a bordo 283 persone. Giovani immigrati che, stivati come bestie, erano in cerca di fortuna nel nostro bel paese. Il naufragio, chiamato successivamente con il nome F174, è il primo di una lunga serie di disastri marittimi che ancora oggi interessano le nostre coste. Di quella tragedia, per molto tempo, non si seppe nulla. Nei giorni successivi i pescatori di Portopalo ritrovarono numerosi cadaveri durante le attività di pesca, ma spinti dalla paura scelsero di tacere piuttosto che dire la verità. Fino a quando un pescatore, Saro Ferri decise che era arrivato il momento di parlare…

In questo scenario prende vita la vicenda del film, liberamente ispirato a quei drammatici giorni. Tratto dall’omonimo libro di Giovanni Maria Bellu, la miniserie vede Giuseppe Battiston, Roberta Caronia e Adriano Chiaramida al fianco di Giuseppe Fiorello.

Si può considerare un ritorno “a casa” quello di Fiorello, il quale, spinto dai propri valori sociali, si ripresenta sul piccolo schermo per farsi nuovamente veicolo di storie difficili. Beppe Fiorello, nei panni del coraggioso pescatore, ripercorre la storia di mare, di uomini ma sopratutto di anime, mostrando cosa succede all’interno di una famiglia tradizionale quando s’intraprende un percorso alla ricerca della verità.

I Fantasmi di Portopalo: Alessandro Angelini porta in scena un avvenimento toccante, grazie anche all’emozione realistica degli attori

Attraverso una scaltra costruzione narrativa e una regia secca, che non indulge sul patetismo, Alessandro Angelini riesce perfettamente a portare in scena un avvenimento toccante sfruttando l’emozione realistica degli attori, al fine di rendere esplicito il percorso emotivo di coscienza del protagonista, interpretato da Beppe Fiorello, in rapporto con il giovane sopravvissuto, Fortunato, un ragazzo che ha alle spalle un passato difficile, di cui non ha alcuna memoria. Lui non si integra, vaga per il piccolo paese alla ricerca di risposte. Fortunato è un fantasma, un emblema inserito nella miniserie per ricordare allo spettatore come la vicenda del naufragio incomba costantemente lungo le piazze della comunità.

I Fantasmi di Portopalo: una storia non di eroi, ma di persone comuni

La miniserie si fa portavoce, in presa diretta, del senso di appartenenza e, maggiormente, del senso di responsabilità, in un’epoca in cui i sentimenti come la solidarietà e l’altruismo sembrano essere relegati in secondo piano rispetto a un mero quieto vivere. La stabilità e l’ordine sono rappresentati, nei Fantasmi di Portopalo, da un parroco forse omertoso o impaurito dalle conseguenze, e dalle due figure femminili più significative, capaci di battersi nonostante le difficoltà: Lucia (Roberta Caronia), la moglie di Saro che decide di appoggiarlo sfidando a testa alta le istituzioni, e la figlia Meri (Angela Curri) che condivide un sogno, come tutti gli adolescenti dello Sri Lanka. Un utilizzo di una libertà narrativa per i giovani, proprio come i loro sogni, contrapposta a una dura attualità incarnata dalla figura, con tratti sicuri, del giornalista Giovanni Maria Bellu, interpretato da Beppe Battiston.

I Fantasmi di Portopalo è una storia calda, viscerale, fatta non da eroi ma da persone comuni. È la storia della Sicilia che conta, quella dove uomini di mare hanno saputo dire la verità a discapito del futuro. La lezione più importante che la fiction “denuncia” di Beppe Fiorello può impartire è offrire una lezione di civiltà: non tacere mai la verità, e questo è un messaggio d’insegnamento semplice, chiaramente visibile fin dai primi minuti.