Io, Claude Monet: recensione del documentario di Phil Grabsky

Luce, colori, effetti mutevoli della realtà. Queste sono le caratteristiche dell’opera di Claude Monet, dei suoi studi e progetti, della sua passione e della sua vita. E sono proprio il colore e il tratto veloce del pennello dell’artista i veri protagonisti del documentario Io, Claude Monet diretto da Phil Grabsky. Immagini ad alta definizione scorrono sul grande schermo e ripercorrono la vita di uno dei maggiori esponenti dell’Impressionismo. Un giovane che, dopo essersi fatto conoscere a Le Havre per le sue caricature, decise di trasferirsi a Parigi nel 1859 dove avrebbe dovuto seguire dei corsi accademici. La sua scelta, invece, fu quella di avvicinarsi a molti artisti, frequentarli, conoscerli e imparare direttamente da loro. Non solo Manet ma anche i coetanei Degas e Pisarro.

Dalla città alle campagne, tutto diventa il soggetto perfetto per lavorare con la luce e i colori, dipingendo en plein air, reagendo al dinamismo della natura. E reagisce bene anche la macchina da presa che ci fa entrare nelle opere, in tutta la loro bellezza, ci fa sentire l’odore dei campi, il movimento dell’acqua, il calore del sole. E l’opera unica di Monet.

Io, Claude Monet: dipinti e testi per una visione a 360° dell’artista

Non solo dipinti, ma Io, Claude Monet si avvale anche della lettura di testi scritti dall’artista, delle lettere indirizzate agli amici più fidati. Phil Grabsky non si sofferma su commenti di critici d’arte o sul pensiero dei contemporanei di Monet ma ce lo fa conoscere direttamente attraverso i suoi lavori. Ciò che emerge è la figura di un uomo divorato dai debiti, dall’impossibilità di continuare a dipingere senza l’aiuto di amici (per mancanza di colori e di tele). Ma anche un uomo con completa fiducia nel futuro e in quello che il domani potrà riservargli. La mancanza di soldi e i momenti difficili (come la morte della madre dei suoi due figli) vivono in un equilibrio altalenante con la sua positività, la voglia di lavorare, di dipingere qualsiasi luogo e di dedicarsi fino allo sfinimento alla sua passione e la sua ricerca. Le parole del regista:

“Amo molto lavorare sulle biografie degli artisti, perché quando si legge con attenzione la loro corrispondenza, quando si torna nei luoghi in cui hanno vissuto e si esaminano attentamente i dipinti che hanno realizzato, se ne rintraccia una personalità più ricca e sincera. È quanto accaduto con Monet. Non c’è nulla scontato in questo artista. Ciò che colpisce con maggior forza è la sua passione, la sua ricerca senza fine e, infine, la sua genialità”.

Io, Claude Monet: alcuni dei suoi celebri dipinti presenti nel documentario

Il documentario ripropone una vasta gamma di opere: da Impressione, sole nascente (1872) a Il ponte di Argenteuil (1874). A Donna col parasole – Madame Monet col figlio (1875) a Stagno con Ninfee: il ponte Giapponese (1899). Sempre più preso dal tema della luce, Monet lavorò sulla facciata della cattedrale di Rouen, a Venezia e sulle ninfee nello stagno dei suo giardino a Giverny. Queste ricerche trovarono il loro compimento nei ventidue pannelli destinati a decorare due sale del Museo dell’Orangerie di  Parigi, inaugurate nel 1927, due anni dopo la morte di Monet.

Io, Claude Monet vi aspetta al cinema il 14 e il 15 febbraio distribuito da Nexo Digital.

 

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

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