Francesco Chiatante: il regista di Animeland si racconta tra manga, anime e cosplay

Durante l’edizione del Lucca Comics & Games 2016 è stato proiettato Animeland – Racconti tra manga, anime e coslpay, un documentario realizzato da Francesco Chiatante che racconta il mondo degli anime, dei manga e dei cosplay, attraverso interviste a giornalisti, artisti e attori del cinema italiano.

Francesco Chiatante: il regista di Animeland si racconta tra manga, anime e cosplay

Il documentario nasce dall’unione di tre grandi passioni del regista, quella per l’immaginario pop giapponese che comprende anime, manga, coslpay, quella per gli aneddoti e i racconti e l’amore per i film e i documentari.

Noi di Cinematographe abbiamo intervistato Francesco Chiatante per scoprire tutte le curiosità attorno a questo documentario e approfondirne le sue intenzioni di contribuire alla diffusione e alla comprensione degli immaginari pop giapponesi.

Nel documentario intervisti dei personaggi del mondo dello spettacolo, giornalisti ed esperti parlando di questo mondo e fenomeno senza però approfondirne alcuni specifici aspetti artistici o culturali, questo è dato da una scarsa conoscenza italiana del genere e che quindi necessita un’infarinatura?

Il documentario parla volontariamente a un pubblico più ampio di quello specifico che segue e compra abitualmente questi prodotti perché tira linee tra fumetti, animazione, cinema, musica, collezionismo e cultura pop in Italia e non solo. Inoltre il primo obiettivo del film è sempre stato quello di raccontare più l’amore, la passione e il legame tra gli intervistati, gli esperti e queste tematiche che la storia completa di manga, anime e cosplay (storia, tra l’altro in continuo aggiornamento, che si può leggere tranquillamente su tanti importanti manuali e o anche cercando on-line).

Con questo documentario vuoi dare un messaggio ai giovani di oggi che sognano di fronte ai loro eroi o anche agli adulti che spesso non comprendono questo mondo?

Beh…uno dei messaggi importanti del film, perché poi ce ne sono diversi al suo interno, è di certo quello che sottolinea quanto sia bello amare per una vita i personaggi di mondi di fantasia che ci hanno stimolato e fatto sognare in infanzia, adolescenza o, perché no (come accade spesso coi prodotti diretti da Hayao Miyazaki), anche in età adulta.

Ma è bello anche, per certi versi, seguire gli ideali positivi o mettere in pratica quello che si è imparato seguendo le tante avventure di questi personaggi (e questo è un discorso applicabile a qualsiasi storia di fantasia, non solo ai prodotti disegnati o animati).

Quello che andrebbe evitato, e nel film questo messaggio è chiaro, è il “perdersi” in questi universi fantastici; perché, come dice anche Giorgio Daviddi in Animeland, se sei una persona troppo sensibile potresti perdertici o finire per aggrapparti totalmente a questi mondi escludendo il mondo reale. E’ questa la parte che va necessariamente evitata.

In Animeland entrano in gioco tanti attori italiani, come è stato collaborare con loro e come hanno reagito alla proposta di far parte di questo progetto?

Coinvolgere tutti i personaggi (reali) presenti nel film è stata una soddisfazione immensa. Un po’ un sogno d’infanzia, e non solo, che è divenuto realtà! Sono stati tutti gentilissimi e disponibili a lasciare un contributo sentito e sincero coi loro ricordi di ieri e pensieri di oggi ed io sono felicissimo di ciò!

Dietro agli anime giapponesi c’è il supporto di una vera e propria filosofia che racconta lo spirito del Giappone. Gli eroi di questi cartoni rappresentano il desiderio di rivalsa dei giovani in Giappone e anche la necessità di distinguersi dall’omologazione. Ti sei basato anche tu su queste teorie, nello sviluppo di questo progetto?

Il senso di rivalsa in Animeland non viene da una questione di omologazione, ma da quel duello pre-adolescenziale e adolescenziale che c’è sempre stato tra i ragazzi e i loro genitori.
In riferimento a questo scontro figli-genitori, ad un certo punto del film, il giornalista Luca Raffaelli osserva che, senza che nessun adulto prima se ne fosse accorto, alla fine degli anni Ottanta, i cartoni animati giapponesi erano diventati addirittura un simbolo di uno status generazionale!

Quale è il tuo cartone animato preferito?

Questa domanda è sempre dura per me perché ne ho amati davvero tantissimi. Ma quello che porto sempre nel mio immaginario è di certo Ken il guerriero e anche per questo avere avuto il Maestro Masami Suda, character design delle due serie storiche di Ken e dello straordinario film animato del 1986, ospite in Animeland è una grandissima nota d’orgoglio per me!

Qual è il primo fumetto che hai acquistato?

Altra domanda tostissima. Quando ero piccolo i fumetti me li comprava mia mamma e mi faceva leggere quelli che originariamente aveva amato lei come Topolino, Mafalda o I Peanuts, che tra i tanti di quel periodo resteranno sempre tra i miei preferiti!
Legandoci ad Animeland, il primo manga che ho acquistato è stato il numero 1 de I cavalieri dello zodiaco, Saint Seya, di Masami Kurumada. Era pubblicato dalla defunta Granata Press, lo comprai nel periodo di uscita, Luglio/Agosto 1992 e mi ricordo che all’epoca guardavo quell’albetto, in bianco e nero con quello stile grafico allora particolarissimo per il nostro mercato, come se fosse un po’ un prodigio dell’editoria e, diciamo che, all’epoca non c’ero andato lontano!

L’esplosione degli eroi Marvel e DC in tutti i cinema con annesso successo al botteghino pensi che possa avere un’influenza positiva sul fumetto italiano? Magari stimolandone la lettura e la produzione indipendente?

È vero che, grazie ai kolossal tratti dai fumetti Marvel e DC molti dei loro personaggi stanno vivendo una seconda giovinezza, con tanto di aumenti anche di vendite, stampe e ristampe dei loro comics.

Non credo, però che chi segue, e spesso colleziona anche, abitualmente i cinecomics americani (al cinema, sulle pay-tv, on-line, in DVD, bluray, ecc.) sia portato a diventare necessariamente un nuovo lettore di fumetti italiani.
Inoltre, solitamente, i cultori dei cinecomics non hanno alcun legame con produttori, autori e disegnatori tipici della produzione indipendente. Di norma chi segue le storie supereroistiche non è interessato al fumetto d’autore o underground italiano e viceversa, ma le cose potrebbero anche cambiare prima o poi, in fondo fino ad un po’ di tempo fa e considerando gli ultimi decenni, non erano neanche pensati film italiani con stile fumettistico…e invece negli ultimi anni abbiamo avuto film come Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores e Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti. E per come si stanno mettendo le cose, non saranno di certo gli ultimi!