Goya – Visioni di carne e sangue: recensione

Goya – Visioni di carne e sangue è un viaggio intenso attraverso l’anima dei ritratti di Goya, uno dei più importanti artisti spagnoli di tutti i tempi. Il regista David Bickerstaff ci fa entrare nella National Gallery di Londra, che ha ospitato la mostra Goya: the Portraits e impreziosisce il racconto con commenti e considerazioni di esperti che ci guidano attraverso gli 80 anni di vita dell’artista.

Gran parte del documentario si sofferma sul rapporto tra Goya e l’alta società spagnola, infatti divenne sempre più stretto il legame tra l’artista e il nuovo clima culturale, suggestionato anche dall’Illuminismo. In questo discorso si inserisce l’opera La famiglia di Carlo IV, facente parte della collezione del Museo Nazionale del Prado a Madrid. Qui si nota quanto l’impianto della scena derivi da Velazquez, soprattutto per la presenza dell’autoritratto dell’artista.

Goya

La famiglia di Carlo IV

Il cammino verso il successo e il riconoscimento del proprio valore per Goya fu intenso, infatti ha sempre mostrato una forte ambizione già dagli anni giovanili e dalle prime commissioni di valore. La sua parola d’ordine si può dire essere stata: integrità ed onestà intellettuale. Nel caso della ritrattistica, questo discorso si lega alla volontà non solo di imitare la natura, quindi di ritrarre in bello stile personaggi celebri, ma scavare dentro la psicologia dei personaggi, arrivando a tirarne fuori la vera anima. Si può dire che si instauri una connessione tra chi viene rappresentato e l’artista e questa intimità viene messa anche a disposizione dello spettatore, che diventa uno dei tre lati di un perfetto triangolo emotivo. Non solo, infatti chi osserva i ritratti conosce inevitabilmente qualcosa in più anche dello stesso artista, che mettendo in luce particolari caratteristiche espressive del soggetto rappresentato, fornisce ulteriori informazioni sulla sua stessa anima. È questa la vera magia dei ritratti di Goya ed è questo il motivo per il quale continuiamo ad essere affascinati da questo artista a cavallo tra tradizione e modernità.

Goya – Visioni di carne e sangue: recensione del documentario sullo straordinario artista spagnolo

Una svolta importante nella vita del pittore fu il periodo tra il 1792 e il 1793, quando una misteriosa malattia portò Goya ad una totale sordità e una forma di isolamento che segnò profondamente le sue opere e che accentuò la componente meditativa dell’artista. Ed è qui che il documentario di sposta sul periodo dell’ascesa napoleonica e all’apparente ambiguità dell’artista di fronte ai nuovi cambiamenti politici. Di questa fase vengono presentati i due celebri episodi della resistenza contro i francesi.

L’ultima parte del documentario si sposta nella Quinta del Sordo (casa del sordo) dove Goya dipinse le pareti della sua casa di campagna, nei pressi di Madrid. Questo è il cosiddetto periodo delle pitture nere, così chiamate per la predominanza delle tonalità cupe: sono quattordici visioni allucinate di cui forse la più conosciuta continua ad essere la scena di Saturno che divora il figlio.

Goya

Saturno che divora il figlio

Così si conclude il viaggio tra i ritratti e la vita di Goya. Si ha l’impressione di essere stati ad una lezione accademica ben presentata, forse mancante di quel pizzico di visionaria follia, tanto caratteristico delle ultime opere dell’artista. Niente di più che una bella spiegazione, senza quel tocco di magia ed empatia (empatia riscontrabile unicamente nella scena in cui sfogliamo le pagine di un libricino di appunti dell’artista: un momento unico, in cui finalmente entriamo tra le confusionarie annotazioni dell’artista). Manca proprio quella confusione nel lavoro di David Bickerstaff.

Goya – Visioni di carne e sangue uscirà nelle sale cinematografiche italiane il 2 e il 3 febbraio distribuito da Nexo Digital.

Giudizio Cinematographe

Regia - 3.2
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3.2
Emozione - 3.2

3.3

Voto Finale