Squid Game, creatore rivela il motivo dietro il finale aperto

“Un vero addio avrebbe spezzato il cuore ai fan”

La terza stagione di Squid Game è arrivata su Netflix, e con essa anche un fiume di emozioni, interrogativi e — ovviamente — polemiche sul suo finale, che di definitivo ha ben poco. Ma se pensavate che fosse una svista o un modo furbo per lasciare la porta aperta a nuovi sviluppi, sappiate che è tutto intenzionale. Il creatore della serie, Hwang Dong-hyuk, lo ha ammesso candidamente: “Se il finale fosse stato davvero definitivo, i nostri fan sarebbero rimasti tristi.” Durante lo speciale Squid Game: The Stars Speak Out, il regista e sceneggiatore ha finalmente spiegato il motivo dietro questa scelta narrativa, lasciando intendere che il gioco — e il messaggio — non sono affatto finiti. Anzi.

Squid Game 3, un finale… che non è un finale

[Attenzione: seguono spoiler sul finale!]

Squid Game, spiega Dong-hyuk, è sì una competizione violenta e spietata, ma anche una metafora lucida del mondo reale, dove il capitalismo e la disuguaglianza spingono le persone a sfidarsi fino all’ultima risorsa. “Finché il mondo resta così com’è, il gioco continua”, ha detto. Nella terza stagione, la parte coreana del gioco si conclude con il sacrificio di Gi-hun (Lee Jung-jae), il protagonista che abbiamo visto passare da vittima a ribelle. Un epilogo amaro, certo, ma anche simbolico: il suo sacrificio è ciò che pone fine a quel ciclo. Ma mentre in Corea cala il sipario, altrove lo spettacolo continua.

Dong-hyuk ha chiarito che questo finale sospeso è una scelta artistica, ma anche strategica. L’idea era quella di lasciare intendere che il sistema non è stato abbattuto, solo interrotto. E che, quindi, la partita è ancora aperta in altri luoghi, un messaggio inquietante ma realistico. E, sì, inutile negarlo: lasciare spiragli narrativi è anche un modo per non chiudere la porta a possibili seguiti, spin-off o adattamenti internazionali. Proprio a tal proposito, circolano sempre più insistentemente voci su Squid Game: America, uno spin-off che Netflix starebbe sviluppando da tempo, girato a Los Angeles e — attenzione — con Cate Blanchett nel ruolo della misteriosa reclutatrice. Al progetto potrebbe persino essere legato David Fincher, maestro del thriller psicologico. Coincidenze? Difficile crederlo.

Chi conosce un minimo le logiche della piattaforma sa bene che Netflix non è tipo da lasciarsi sfuggire un successo globale come Squid Game. E pare che anche Dong-hyuk abbia subito una certa pressione nel non chiudere del tutto la storia. Il sacrificio di Gi-hun segna dunque un punto fermo, ma non un punto finale. Perché — diciamolo — in un mondo in cui la disperazione è globale, anche il Gioco può esserlo.

Il finale di Squid Game è volutamente incompiuto. Non solo per mantenere viva l’attenzione dei fan o per motivi commerciali (che pure esistono), ma perché il suo stesso messaggio — sulla società, sul potere, sulla sopravvivenza — non può avere una conclusione netta. E forse è proprio questo il punto più disturbante e geniale dell’intera operazione. Ora resta solo da chiedersi: la prossima versione del Gioco… dove sarà ambientata? E saremo pronti a guardarla — ancora una volta — senza abbassare lo sguardo?