Be Social: la socialità perduta ai tempi della tecnologia.

Quanto la tecnologia ha cambiato la nostra vita? Quanto l’essere be social è mutato nel tempo? Quanto, tutto ciò, è stato musa e fonte di ispirazione per film e serie tv di adesso?
La risposta potrebbe sembra semplice: tanto. Ma per quanto semplice possa essere questa risposta, altrettanto non si può dire nell’ammettere su quanto la tecnologia di adesso abbia cambiato noi.

Nel 2010 David Fincher ha portato al cinema la storia di uno degli uomini che più ha influenzato il modo di vedere la tecnologia e la comunicazione col prossimo. Stiamo parlando di The Social Network, la storia di Mark Zuckerberg e la nascita di Facebook. Eppure, un anno prima di Fincher, un regista meno in rilievo, ovvero Jonathan Mostow ha diretto un film che, in chiave metaforica, avrebbe più che rappresentato l’attualità moderna: Il mondo dei replicanti. Un film che narra di un futuro, neanche troppo lontano, ove gli androidi, indistinguibili dagli esseri umani, vengono comandati direttamente da un poltrona dal proprio creatore vivendo, in tutte le sue forme, la vita al posto di chi gli impartisce ordini.

The social Network

Per quanto radicale possa sembrare il pensiero di Mostow, tutto ciò non si allontana troppo dalla realtà. Un esempio ci è stato dato tre anni fa dal drama inglese Black Mirror, il quale ritraeva, in sei episodi diversi, divisi egualmente in due stagioni, chiaramente il riflesso della facciata più torbida della società attuale, ormai del tutto dipendente dalla tecnologia.

Siamo schiavi della comunicazione, del comunicare e far sapere tutto della nostra vita ai nostri “amici”. Si scivola in un circolo vizio fatto di tweet, foto, video, podcast, e via discorrendo, dimenticando il significato della parola privacy. La fruibilità stessa del cinema o della televisione è divenuta accessibile a tutti in qualsiasi momento. Ormai basterebbe anche solo un apple watch per restare costantemente aggiornati, e far sapere a tutti che proprio in quel momento stiamo vedendo quel film o quel programma. L’ossessione del follower è quanto mai più esasperata. I ricordi vengono artefatti da immagini e commenti che ritraggono solo una parte della realtà. Basti anche solo pensare a cosa, e non chi, viene rivolto il nostro primo pensiero al mattino. La singolarità, rappresentata come punto di processo di innovazione tecnologica capace di portare una macchina ad essere superiore all’uomo sia nei processi cognitivi che in quelli intellettuali. E no, non ci troviamo in un romanzo di Asimov.  o Eppure, tutto ciò, ci ha portato via molto più di quanto possiamo anche solo immaginare.

HER

Con gli anni si è venuto a creare una sorta di “relazione pericolosa” con quegli strumenti che dovrebbero rendere più confortevole la nostra esistenza, ma che al tempo stesso ci allontanano dallo loro stessa essenza. Le relazioni stesse con le persone si fanno sempre più sottili e non c’è da stupirsi se nell’uscire in gruppo tra amici, capiti di scambiare più parole via messaggio che oralmente. E perché no, magari anche infatuarsi del proprio apparecchio tecnologico, ormai estensione di noi stessi.  Ancora una volta, un esempio più recente ci viene dal cinema con il caso dell’acclamatissimo Her di Spike Jonze, dove viene raccontata una realtà a tal punto estrema, ma sempre incredibilmente vicina alla nostra, in cui è possibile innamorarsi di un software. Distaccarsi dalla carnalità della vita e vivere qualsiasi gesto o momento, come una passeggiata sulla spiaggia o una canzone romantica, con il proprio computer. Perfino il sesso diviene qualcosa di virtuale, privo di contatto. La realtà perde gradualmente la sua consistenza, e l’umanità si appresta a vivere qualcosa di fittizio, creato da pixels e circuiti.

Halt and Catch fire

Come siamo arrivati a tutto questo? In realtà le origini di questo tipo di rapporto vanno rintracciate all’interno della società occidentale e capitalistica del XIX e XX secolo, fortemente segnata dai processi di industrializzazione, urbanizzazione, tecnologizzazione e modernizzazione.  Fenomeno di industrializzazione culturale che si fa sentire particolarmente tanto oggi proprio attraverso i media come il cinema e la televisione. Un esempio è la serie dell’AMC Halt and Cathc Fire, ambientata in quegli anni in cui anche solo immaginare di avere un computer portatile era da visionare; mentre, adesso, ci troviamo nell’era in cui basta un piccolissimo schermo da polso per avere tutta la propria vita a portata di “click”. Come dice l’ambizioso e folle Joe, nel pilot della prima stagione, “Ditemi qualcosa riguardo ai computer tra dieci anni” restando piacevolmente spiazzato dalla risposta della figa e nerdina di turno Cameron “I computer saranno tutti connessi tra di loro”, permettendoci di essere sempre connessi.  Perennemente connessi, perennemente in contatto. L’era della semplicità e dell’essere “be social” anche con chi risiede dall’altra parte del globo. L’era di Facebook e Twitter, talmente radicati all’interno del collettivo sociale da essere un tema che oltre ad essere trattato nello specifico come, al cinema, in A.I. Intelligenza Artificiale, Io, Robot, il recentissimo Ex Machina, e in serie come Dead Set, Sillicon Valley, Humans; riesce anche a scivolare, quasi inosservate, in serie in cui non centrerebbe nulla, ad esempio la nuovissima Scream, dove viene brutalmente condannata la nuova generazione schiava del “follower”.

A.I. Intelligenza Artificiale

È come se avessimo perso la nostra umanità, l’essere semplicemente se stessi e non un mero avatar ritoccato. Parliamo a dei dispositivi elettronici, interagiamo con loro e lasciamo che siano loro a gestire la nostra vita. Quanto tempo passerà prima di essere letteralmente soggiogati da tutto questo? Il punto è che, forse, questo salto nel vuoto l’abbiamo già fatto, ed il cinema così come la serialità televisiva non fanno altro che mostrare una facciata che rifiutiamo di vedere.