Sally – La prima astronauta: la storia vera del doc Disney+

Sally - La prima astronauta è il nuovo documentario targato Disney+: ma qual è la storia vera dietro questo show?

Nel cielo infinito delle narrazioni spaziali, raramente troviamo storie raccontate con la delicatezza e la profondità che merita quella di Sally Ride. Il documentario Sally – La prima astronauta, prodotto da National Geographic e disponibile su Disney+, ci accompagna nella vita di una donna che ha fatto la storia, diventando la prima americana nello spazio — ma anche una figura rimasta per troppo tempo nell’ombra. Tra filmati d’archivio, testimonianze intime e un tono riflessivo, il documentario non solo celebra un’impresa scientifica, ma riscrive il profilo di un’eroina silenziosa.

La trama del documentario Sally – La prima astronauta

Sally si apre con una narrazione personale, affidata alla voce della sua compagna di vita, la scrittrice e scienziata Tam O’Shaughnessy. Attraverso immagini rare e interviste a colleghi, amici e familiari, il documentario ripercorre l’intera parabola di Sally Ride: dall’infanzia curiosa e riservata a Los Angeles, fino al volo nello spazio nel 1983 a bordo dello Space Shuttle Challenger. Ma il cuore del film non è solo l’impresa scientifica: è il racconto di una vita vissuta con coraggio anche nei silenzi, nella lotta contro il sessismo e nel dolore di non poter vivere apertamente la propria identità affettiva

La storia vera di Sally Ride

Nata nel 1951 a Encino, in California, Sally Ride fu selezionata nel 1978 nel primo gruppo di astronauti della NASA che includeva anche donne. Il 18 giugno 1983, a 32 anni, diventò la prima donna statunitense nello spazio durante la missione STS-7. In un’epoca dominata da figure maschili, Ride si fece largo con intelligenza, determinazione e una calma fuori dal comune. Tuttavia, la sua ascesa non fu priva di ostacoli: spesso sottoposta a domande sessiste dalla stampa, fu costretta a mantenere segreta la sua relazione con Tam O’Shaughnessy per oltre vent’anni. Dopo aver lasciato la NASA, si dedicò all’educazione scientifica fondando l’organizzazione Sally Ride Science, per ispirare le nuove generazioni di ragazze nelle STEM. Morì nel 2012, a soli 61 anni, a causa di un tumore al pancreas.

Una curiosità che pochi conoscono

Per anni, il contributo personale di Sally Ride alla progettazione del braccio robotico dello Shuttle è stato minimizzato nei documenti ufficiali. Eppure, fu proprio grazie al suo lavoro che l’equipaggio poté recuperare satelliti e svolgere esperimenti con precisione. Inoltre, fu una delle pochissime persone a partecipare a entrambe le commissioni d’indagine sui disastri dello Challenger (1986) e del Columbia (2003), distinguendosi per rigore e sensibilità scientifica. Solo dopo la sua morte è stata riconosciuta ufficialmente anche come la prima astronauta LGBTQ+ della storia americana

Sally – La prima astronauta non è solo un racconto storico: è una lente attraverso cui osservare le sfide di oggi, dalle disuguaglianze di genere al diritto alla visibilità. Sally Ride ci viene restituita nella sua umanità: non una statua da celebrare, ma una donna da conoscere, ascoltare e ricordare. In un mondo che ancora fatica ad accettare pienamente l’identità delle sue pioniere, questa narrazione è un atto di giustizia e di tenerezza. Perché nello spazio come sulla Terra, la verità è l’unico vero atto rivoluzionario.

Sally – La prima astronauta è molto più di un documentario: è il ritratto sincero di una donna che ha sfidato la gravità e i pregiudizi. Con grazia e determinazione, Sally Ride ha tracciato una nuova rotta per le generazioni future, nello spazio e nella vita. La sua storia ci ricorda che la vera conquista non è solo arrivare tra le stelle, ma restare fedeli a sé stessi anche quando il mondo non è pronto ad accogliere la tua verità.