Daybreak: le canzoni della colonna sonora della serie Netflix

Ecco le canzoni che compongono la bellissima colonna sonora di Daybreak, la nuova serie Netflix apocalittica che viaggia dagli anni '80 ad oggi.

Il web si esalta gradualmente, e non sbaglia, per la genialità di Daybreak, che viene definita come una possibile serie attuale definitiva per la generazione nerd, grazie alle sue numerose citazioni di serie cult televisive e netflixiane che appartengono al nostro immaginario. Noi ci esaltiamo anche per la sua colonna sonora che rispettando la scrittura della serie, mescola più generi e atmosfere partendo da un contesto horror-apocalittico con protagonisti adolescenti, lasciandoci viaggiare in generi musicali che vanno dal pop al rock, dal punk al rap, dagli anni ’70 agli anni 2000.

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La colonna sonora di Daybreak composta da Andrew Lockington: tra electro, strumentale e d’atmosfera

A firmare il comparto sonoro è il compositore Andrew Lockington, che ha già lavorato diverse volte al cinema con Brian Peyton, creatore di Daybreak, in film come Rampage Incarnate, e che si è già destreggiato con film indirizzati a un pubblico di adolescenti, come Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo ed Ember – Il mistero della città di luce. Per Daybreak firma una colonna sonora che gioca molto su suoni orecchiabili, dove non mancano synth, accordi ripetuti alla chitarra elettrica, colpi di batteria, che danno vita a un ritmo per lo più scanzonato molto indie-rock, soprattutto in apertura, chiusura e sviluppi nel corso degli episodi.

Nelle situazioni invece di avventura o di tensione, gioca con una musica strumentale d’atmosfera che viene sempre smorzata, senza cadere nel drammatico o nell’epico. Una scelta che è in perfetto equilibrio con la selezione di canzoni che si possono sentire nel corso dei dieci episodi.

Daybreak: il gioco della musica che stride con l’immagine

Il primo episodio della serie rappresenta già un biglietto da visita e un richiamo preciso a uno stile molto caro ai video musicali degli anni ’90. Ad aprire infatti il sipario della storia è una panoramica dall’alto che ci mostra una California non ancora in versione apocalittica,  sulle note di California Love di 2Pac, mentre appare in grande la scritta Glendale. Una tecnica molto utilizzata non solo nel mondo dei video musicali che venivano definiti fighi, soprattutto in quelli del rap americano, ma ereditata anche in parte anche da serie tv statunitensi ambientate in zone in come la California o Miami. Tra l’altro il video di 2Pac ha un’ambientazione, per stile e fotografia, in linea con quella di Daybreak, e infatti nell’episodio nove la California ci verrà mostrata nella sua versione apocalittica sulle stesse note e con lo stesso meccanismo da videoclip.

Qui c’è quindi un gioco molto particolare, anche questo ereditato dalla musica rap: raccontare una situazione disastrata o un disagio con leggerezza e inquadrature accattivanti che creano paradossi. Una tecnica che può diventare una forma di denuncia, quanto, come nel caso di Daybreak, una forma di narrazione ben precisa.

Il mondo high-school teen raccontato da Daybreak alla maniera anni ’90, con sfumature anni ’80

Chi è cresciuto guardando le classiche serie ambientate nel mondo dell’high school americano come Beverly HillsSabrina vita da stregaDawson’s Creek, o chi ha dato uno sguardo a serie e film firmati Disney Channel che hanno modernizzato il genere, pensando ad esempio ad una Lizzie McGuire o una Raven, si sentirà senz’altro a casa. Le chitarre elettriche un po’ scordate, le ballad malinconiche che segnano l’inizio o la fine di nuovi amori o i pezzi melodici fanno parte dell’universo di Daybreak, che al mondo delle fazioni scolastiche di cheerleader, popolari, secchioni e sfigati ci aggiunge i like e la dimensione giudicante dei social. È la generazione di oggi, così tecnologica, sempre e ovunque smartphonizzata, a cui però appartengono anche la nicchia dei “vintage”, che ascoltano musica del passato, e sposando anche in fatto di look uno sguardo nostalgico. Non stupisce quindi trovare un pezzo del 1982, rivisto dagli occhi della modernità: si pensi a un classico dei Modern English, I melt with you, coverizzato dai Samstate, e presente nel trailer della serie.

Daybreak è una serie che parla in ogni episodio alla generazione contemporanea, cerca costantemente un dialogo con essa, e comprende che la musica è quindi un canale fondamentale. Trovare anche brani recentissimi come Free Spirit di un’artista giovane e rivelazione di un nuovo hip-hop come Khalid, proprio nel primo episodio ci fa ulteriormente entrare in questa dimensione dove ogni divisione, di fronte ad un’apocalisse soprattutto, viene azzerata, e la musica di ogni tempo si fa portavoce di valori che appartengono e apparterranno sempre al nostro immaginario. Possono cambiare le forme, attraverso nuove mode, colori, suoni, dialoghi, ma c’è una miscela di principi e necessità che si tramandano e sempre uguali nello scorrere del tempo.

Pop, punk e rock: la musica come forma di narrazione dei personaggi in Daybreak

Che la musica sia una componente fondamentale in Daybreak è spesso rivelato anche dagli stessi personaggi: Josh ha infatti un debole per i musical, e Turbo vive la musica in maniera catartica, spesso come nenia prima di disfarsi dei suoi nemici, facendoli cantare sul palco dell’American Ninja Idol, la versione terrificante dei moderni programmi di musica dove però qui il dissenso si paga con la morte. Memorabile è l’episodio sei, che omaggia ancora una volta gli anni ’80 con un classico degli Air Supply, la loro Making Love out of Nothing at all, firmando una delle scene corali più belle della stagione.

A proposito di classici, meritano menzione anche i The Who con Baba O’ Riley, i The Psychedelic Furs con Love My Way, i due pezzi classici più rock della serie, e che confermano nel proseguo della visione, la raffinata scelta dei pezzi che compongono la colonna sonora, accontentando anche un pubblico che vada oltre il target degli adolescenti. Ci aggiungiamo anche More than words degli Extreme, che omaggia così il lato più melodico degli anni ’80, scelta per un momento classico da film americano: il ballo della scuola, organizzato e ricreato in un contesto decisamente surreale.

Un altro personaggio per cui la musica è un elemento chiave è la professoressa Crumble, che nella sua doppia vita immaginaria ha persino una rock band latina che si chiama Girlfriends in a Coma, omaggiando il titolo di un pezzo dei The Smiths e il loro frontman carismatico Morrisey, che per la Crumble rappresenta un vero e proprio modello a cui ispirarsi. Nell’episodio sette infatti, che omaggia le serie anni ’80 creando una mini-serie meta cinematografica per approfondire il personaggio della professoressa, la sigla iniziale è ad hoc Sing your life.

Ad alto impatto musicale è anche l’ultimo episodio di Daybreak, che per il gran finale di stagione punta su band indie come i The Decemberists e il loro successo recente Once in my life, ma fedele alla sua natura polimorfica e polimusicale, l’episodio dieci sfiora lo psichedelico degli anni ’80 con If you were here dei Thompson Twins, il punk indie dei Blue October con Congratulations, e su tutti spiccano gli Alt-J con In Cold Blood, il pezzo rock sperimentale al punto giusto, per dare una vivida immagine conclusiva, almeno al momento, di una serie Netflix che non passa inosservata. A cominciare dalla sua colonna sonora.

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