The Devil on Trial – Processo al diavolo: recensione del documentario horror Netflix

Il documentario che racconta la tremenda storia dietro uno dei casi più inquietanti di possessione (o di rabbia omicida) mai raccontati al grande pubblico.

The Devil on Trial è un docufilm distribuito dalla piattaforma streaming Netflix, disponibile a partire dal 17 ottobre 2023. La storia raccontata in questi 85 minuti di documentario – mischiato a larghe porzioni di ricostruzione in pieno stile cinematografico – non è nuova per le orecchie del grande pubblico: il successo del film horror The Conjuring 3 dovrebbe aver già messo al corrente una buona fetta degli spettatori di questo fatto di cronaca avvenuto nella provincia americana degli anni ’80. Una faccenda che, anche se non collegata ad un (presunto) caso di possessione demoniaca, sarebbe agghiacciante di per sé: ricordiamo che ha portato alla morte di Alan Bono, un uomo innocente, in modo assolutamente brutale.

Ma la sua morte è solo l’acme narrativo di una storia molto più antica, potenzialmente terribile, che coinvolge forza ancestrali inarrestabili, affamate. Il caso del piccolo David Glatzel, un ragazzino americano nato famiglia medio-borghese profondamente religiosa e piagato da un malessere incontrollabile, è iniziato come un “semplice” fatto di cronaca ma si è rivelato un vero rompicapo. Il regista Chris Holt costruisce un documentario semplice, ma solido, che svela piano piano i suoi assi nella manica, tenendo gli spettatori in allerta fino all’ultimo secondo.

The Devil on Trial – Processo al diavolo: un documentario semplice che racconta una vicenda giudiziaria complessa

The Devil on Trial - Processo al diavolo recensione - cinematographe.it

Chris Holt sceglie un soggetto piuttosto ambizioso da snocciolare al proprio pubblico: il docufilm Netflix racconta un mix di storie, creando anche una miscela di generi. Non sappiamo, dunque, se siamo davanti ad un horror, un true crime o un documentario di cronaca giudiziaria. Presto, però, l’abilità registica di Holt ci informa che un’opera ben riuscita, per quando decida di affrontare una vicenda complessa, può dipanarsi con semplicità ed efficacia sullo schermo raccontando una storia con molti svincoli narrativi senza incontrare difficoltà particolari o intoppi stilistici confusionari.

Il racconto è ricostruito tramite esperienze dirette, testimonianze letterali che vengono raccontate dalla bocca e dalla voce dei protagonisti direttamente coinvolti nella sequenza complicatissima e intricata di vicende che si sono susseguite senza sosta in una provincia americana durante gli anni ’80. Il caso di David Glatzel e Arne Johnson è passato alla storia come il primo processo per omicidio volontario in cui la difesa ha citato la possessione demoniaca come attenuante. All’epoca, il caso creò un vero e proprio polverone mediatico: la possessione del giovanissimo David, che fu curato in un rito esorcistico proprio dai celebri coniugi Ed e Lorraine Warren (sì, quelli veri, non la versione romanzata creata da James Wan nel franchise di The Conjuring), è uno dei casi meglio documentati della storia contemporanea. Con una ricerca minuziosa, il caso di possessione demoniaca viene scandagliato e mostrato in tutta la sua veridicità di cronaca agli spettatori. Le complicanze reali arrivano quando la possessione demoniaca diventa l’unica difesa per la furia omicida di Arne Johnson, fidanzato della sorella del piccolo David, Debbie. La sua presenza durante l’esorcismo di David avrebbe fatto in modo che il demone viaggiasse da un soggetto all’altro, cambiando ospite ma rifiutandosi di lasciare il mondo degli umani.

E sarebbe stato proprio questo terribile avvenimento a rendere Arne un assassino senza scrupoli, la mano che uccide il suo proprietario di casa Alan Bono, a sangue freddo. Sarà lo stesso David a raccontare la sua esperienza terribile, sembrando senza dubbio credibile. O, almeno, l’astuzia registica ci illude di un certo realismo nella prima parte del documentario. Nella seconda, la più interessante, tanti dubbi vengono insinuati, accennati ma mai risolti: sta alla discrezione dello spettatore comprendere – o scegliere- a quale versione credere davvero. Durante gli atti processuali, una verità alternativa rispetto alla possessione demoniaca viene avanzata: un patto di soldi, convenienza e cospirazione che coinvolge Arne, la famiglia iper-religiosa di David e anche i celebri coniugi Warren. Che dietro uno dei casi di manifestazione del soprannaturale più documentati e celebri, nonché apparentemente credibili, della storia ci sia semplicemente un patto di convenienza, una cospirazione volta a fare il favore di tutti i soggetti coinvolti?

L’unica vittima, fosse questa la realtà, sarebbe proprio il piccolo David, ignaro di essere coinvolto in una ramificata rete di connessioni molto più grande di lui. David, capro espiatorio innocente e inconsapevole, è il solo ad aver pagato con anni di terapia, traumi e sofferenze lo scotto dell’avidità degli adulti, compresa quella di coloro che avrebbero dovuto amare e proteggere da ogni male, umano o disumano che fosse.

The Devil on Trial: valutazione e conclusione

Inquietante e carico di contenuti contraddittori, The Devil on Trial è un terrificante viaggio nel sovrannaturale ma anche – e soprattutto- nei meandri della mente umana. Costruito con immagini di repertorio e interviste, segue la vicenda nel dettaglio senza tralasciare nulla. La sua ambizione, riuscita, è quella di creare dubbi e dilemmi nello spettatore, lasciarlo ad interrogarsi per ore sulla natura della psiche umana, sull’origine del fanatismo religioso e su come le frustrazioni degli adulti – fin troppo spesso – finiscono col ripercuotersi sui giovani, colpevoli solo di essere ingenui e privi di difese.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3

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