Saudade: recensione del documentario di Pietro Falcone

Quando la nostalgia supera la sua forma interiore e diventa quasi uno stile di vita, un motore che spinge in avanti senza mai fermarsi.

Non esiste un termine italiano per descrivere in maniera profonda la nostalgia, la mancanza come forma spirituale di qualcosa che non c’è più ma vive in noi. In portoghese invece sì e si dice Saudade. Non si parla di super-eroi, di protagonisti carismatici o storie di riscatto. Nemmeno di un regista famoso, con mezzi milionari volti alla creazione di film esteticamente ineccepibili. Le vicende di Nilde sono un racconto che si potrebbe sentire ovunque nelle strade, eppure nei 60 minuti di documentario diventano un fulmine a ciel sereno, inaspettato e a tratti violentissimo. Si parla di un esordio alla regia che conta per Pietro Falcone, poiché questa storia è la memoria e il passato della sua stessa famiglia, di sua madre, e di cosa oggi vuol dire documentare il passato.

Saudade: l’importanza del testimone

Saudade - cinematographe.it

Nilde è poco più di una ragazzina di 17 anni quando decide di scappare insieme al fratello più piccolo dall’isola San Luis per raggiungere sua sorella nella grande città di San Paolo, in Brasile. Qui inizia una storia fatta di miseria, fame e soprattutto amore. Dopo alcuni anni a San Paolo incontra Marco, che si innamora perdutamente di lei e gli promette di portarla in Italia. Ciò che avviene dopo possiamo immaginarlo: i due vengono in Italia, hanno un figlio, Pietro, e la vita continua fra alti e bassi. Eppure un tenore di vita migliore e l’affetto della nuova famiglia, non riusciranno mai a estinguere quella sensazione di lontananza dalla propria cultura, la sua casa.

In Saudade si diventa testimoni di un dialogo, un’apertura di una madre nei confronti del figlio cresciuto in Italia che può vedere solo da lontano e attraverso i suoi racconti la vita precedente. La macchina da presa è incollata a Nilde catturandone le sfumature più recondite: gioia, tristezza, paura e amore si raccordano in quegli sguardi sinceri persino nei filmati di repertorio, girati dallo stesso Marco più di vent’anni fa. Vedere come un figlio a distanza di così tanti anni ricerchi quei particolari che già erano stati impressi nell’occhio autentico, ma anche crudele, della telecamera, è la rappresentazione della necessità contemporanea di lasciare qualcosa, documentare e infine testimoniare i fatti dell’esistenza.

Nella prima parte del documentario si ride, ci si commuove e si sviluppa affetto per una madre così ricca culturalmente. Purtroppo però nella seconda si perde una parte di quel ritmo; l’universo narrativo si allarga e diventa vertiginoso, entra a pieno titolo nella narrazione la nonna di Pietro, Esterina. Il racconto diventa quasi dualistico, di confronto fra due culture, fra due madri. Nilde resta al centro, ma la presenza della suocera irrompe nella narrazione con violenza mettendo quasi da parte la storia centrale.

Saudade: conclusione e valutazione

Saudade - cinematographe.it

È chiaro che si parla di un esordio alla regia, un primo approccio alla grande sala. La forza reale di questo racconto sta nella sua integrità, di rimanere fedele a se stesso pur con mezzi scarsi e una produzione a basso budget. Vengono in aiuto alla sua concezione anche le musiche, che creano un ambiente ricco, puntuale nella sua essenza. Saudade non è nulla di più di ciò che è, e per questo ci sentiamo di dire che si tratta di un buonissimo e pregevole lavoro, pur nella sua limitatezza tecnica e talvolta narrativa. Disponibile su MyMovies fino al 12 Maggio in occasione del Festival del Cinema Africano, D’Asia e America Latina.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

3.7