La pittrice e il ladro: recensione del documentario di Benjamin Ree

Un documentario colmo di plot twist e meritevole di ogni attenzione, al centro una domanda irrisolta: l'arte ci salverà?

Premiato al Sundance Film Festival 2020 per lo storytelling creativo e al London Film Festival 2020 come Miglior Docufilm, La Pittrice e il Ladro è il nuovo incredibile documentario del norvegese Benjamin Ree, che a soli 32 anni cattura un’esperienza di vita senza precedenti.
Il racconto segue Karl-Bertil Nordland, ladro e tossicodipendente avvicinato, dopo un periodo in prigione, da una sua vittima: Barbora Kysilkova, pittrice iperrealista derubata di due tele dal valore di ventimila corone. Bertil non ricorda niente di quella notte. Quando – sotto effetto di stupefacenti – si intrufolò nel retrobottega della galleria di Barbora a Oslo per rubare un qualsiasi oggetto di valore. “Non sapevo di essere in una galleria quando sono entrato”, racconterà alla pittrice. Ma una volta lì fece sua una tela di grandi dimensioni, poi misteriosamente scomparsa nel nulla.

Il fatto però è cronaca locale, buona per un servizio tg o un classico Heist movie (di quelli che oggi vanno molto su Netflix). Niente a che vedere con le vicende umane colte in divenire da La pittrice e il ladro. Una storia di compassione (nel senso letterale, soffrire-con), sulla capacità di incontrare l’altro nella via del perdono. Ma anche una ricerca eminentemente intellettuale, convinta che l’arte curi, guidi, salvi. Una riflessione posta a tesi più che a interrogativo, ma talmente lucida e immersa nell’esperienza da lasciare attoniti.

Nel suo andamento parabolico e allegorista, Benjamin Ree si accosta a Barbora e realizza il più iperrealista dei dipinti: letterale e pedante, certo, come il genere richiede, ma altrettanto magnifico e rivelatorio. Con un tocco di plot twist che a tratti vi faranno credere nell’esistenza di una sceneggiatura.

L’estetica estatica di un documentario incredibile

La pittrice e il ladro - cinematographe.it

Benjamin Ree non poteva chiedere di meglio. Il suo ladro e la sua pittrice si innamorano. Non è il romanticismo della commedia. Niente baci. Semmai sguardi. È l’amore nell’arte: l’incontro. Barbora voleva solo conoscere il ladro, ma scopre Bertil. Il volto oltre l’etichetta. Lo perdona, non le interessa più. Ora è lui il suo soggetto, la musa che ispira quadri continui.

Ma Bertil non è abituato all’attenzione. Lui agisce ai confini, dove si è ritrovato a vivere dopo un’infanzia difficile e una vita che ha sfondato il guardrail e ora fluttua sul burrone. La pittrice e il ladro fanno amicizia. Si leggono, si perdono. Benjam Ree è bravo a dare spazio ai tre soggetti: Bertil, Barbora e lo spettatore. Prima la visione di lei, poi lui. Non sono campi-controcampi. Perché i due mondi appartengono a piani umani differenti, ma capaci di propagarsi uno nell’altro.

Il montaggio è il vero demiurgo di quest’esperienza unica. Avvicina il ladro e la pittrice un passo alla volta, giocando con le sorprese che Benjamin Ree e la produzione stessa hanno incontrato lungo il progetto. Di certo non potevano immaginare che sarebbe andata a finire così. La pittrice e il ladro ha richiesto tre anni di pedinamento costante. Dal 2015 al 2017 Benjamin Ree ha raccolto 350 ore di riprese.

Nell’insieme è prevalso l’imprevisto, l’insperato. Bertil è finito in ospedale, è tornato in prigione. Si schianta con la macchina, litiga con la compagna, abbraccia Barbora. Piange lui. Piange lei. Piangiamo noi. Anche se non sappiamo bene perché. Forse è la fascinazione – siamo sgraditi ospiti di un’operazione di alchimia intima e privata? – o forse è l’umano. Il montaggio di Ree è ambiguo, come lo è l’opera di Barbora, che ricostruisce la propria arte attorno al dolore, al vissuto, al trauma di Bertil. “Non ti poni una questione morale?”, chiede il compagno alla pittrice. Ma la domanda è un po’ per tutti, Benjiamin Ree in primis. E poi noi. Che godiamo, sospiriamo e ciondoliamo in quest’incredibile incontro.

L’interesse antropologico – l’incontro tra ladro e derubata – diventa riflessione escatologica. Soluzioni, suggestioni e risposte giocano con i principi dell’arte e delle speranze che l’occidente, soprattutto, riversa da sempre in ogni sua forma. Per un attimo, per quanto vittima di bias appaia questo aspetto de Il Ladro e la Pittrice, ci crediamo anche noi: l’opera d’arte salva e porta oltre. Dove non siamo ladri o pittrici. Dove ciò che conta della vita “è l’essere estetica”. O estatica.

Quella scena che non dimenticherete

La pittrice e il ladro - cinematographe.it

Una scena vi toglierà il fiato. Bertil posa per Barbora. Non sa cosa aspettarsi, sa solo che stare lì seduti sul divano non è granché difficile. Poi però la tela è svelata. E Bertil ne è il soggetto. Attonito, guarda. Si guarda: forse per la prima volta.

Benjamin Ree coglie tutto ciò che secoli di tradizione hanno sempre cercato. La conferma che nell’arte l’uomo è nudo e trova se stesso. Sarà l’espressione di Bertil a mangiarvi vivi. Piange osservando se stesso; poi abbraccia Barbora. Sono sei minuti di intensità genuina. Non c’è musica o grandi trucchi. Solo l’emozione di Bertil, e forse la doppiezza di Barbora: affascinata dall’uomo che ha davanti e al contempo fautrice di quadri che ne rubano, trasformano, rivedono l’anima.

“Sono affascinata dal suo lato oscuro, racconta riportando ancora una volta il discorso nelle pieghe dei vizi e le speranze di una tradizione culturale europea. Dove l’uomo al confine è osservato con vezzo pedagogico, chiamato a confermare l’umanità della propria arte. Ma non spetta a noi giudicare Barbora. Dobbiamo osservare, cercando i confini. Seguendo le tracce che Benjamin Ree ha disegnato per noi. E un po’ per se stesso.
Il film è al cinema dal 4 novembre 2021 con Wanted Cinema.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 4.5

3.6