Tutte le volte che ci siamo innamorati: recensione della serie TV Netflix

Il 14 febbraio Netflix celebra San Valentino rendendo disponibile Tutte le volte che ci siamo innamorati, la nuova serie teen-drama creata da Carlos Montero con Georgina Amorós e Alberto Salazar.

Disponibile su Netflix dal giorno di San Valentino, Tutte le volte che ci siamo innamorati è la nuova serie spagnola dal creatore di Élite Carlos Montero, che racconta con sguardo nostalgico gli anni dell’università attraverso le tappe sentimentali di due giovani protagonisti. Diretta da Bàrbara Farré, Mateo Gil, Ginesta Guindal e Carlota Pereda, ciascuno alla direzione di due episodi, il teen-drama si prefigge l’obiettivo di seguire le orme di Élite, scasando via la parte oscura della risoluzione del giallo per lasciarsi andare a un tono decisamente più leggero e scorrevole, costruito per soddisfare, per modalità e narrazione, la fascia d’età più proficua della piattaforma americana, ovvero quella dei teenager e dintorni.

La trama di Tutte le volte che ci siamo innamorati

Irene, interpretata dall’attrice catalana Georgina Amorós, lascia la sua cittadina d’origine per trasferirsi a Madrid, metropoli nella quale può finalmente studiare cinema e inseguire il sogno di diventare regista. La ragazza stringe subito amicizia con Da (Carlos González) e Jimena (Blanca Martinez), compagni di corso che diventeranno anche i suoi coinquilini. Ma la sua vita cambia quando incontra il bel Julio (Franco Masini), argentino aspirante attore con il quale condividerà una storia d’amore altalenante, ostacolatala dall’autodistruzione di lui, la presenza ingombrante dello storico fidanzato di lei Fez (Alberto Salazar) e il coinvolgimento in un attentato terroristico che ha lasciato segni e traumi ad entrambi.

Gli anni più belli

tutte le volte che ci siamo innamorati

Costruito su un arco temporale di vent’anni, dai primi del 2000 ai giorni nostri, Tutte le volte che ci siamo innamorati salta avanti e indietro nella linea cronologica per mostrarci la maturazione dei vari personaggi da studenti in accademia pieni di sogni, voglia di realizzare i propri obiettivi e di far parte dello sfavillante mondo del cinema, alla disillusione dei navigati trent’anni che li costringere a scendere a patti con le sfide della realtà e l’amarezza delle delusioni professionali fra progetti non realizzati e spietate critiche sui social.

Barcollante nel trovare il giusto equilibrio fra l’acerbità del racconto teen (nonostante l’ambientazione universitaria) e quello più maturo del post laurea, provando a toccare temi decisamente più impegnativi quali la dipendenza e una gravidanza non programmata, la serie scivola via senza apportare nulla di veramente nuovo al tanto esplorato universo seriale del coming-of-age un po’ spicy che tanto appaga le richieste delle nuove generazioni, dividendosi fra i due sentimenti più consueti, quali l’amicizia e l’amore, riuscendo decisamente a regalare maggior autenticità alla prima, grazie a dinamiche di condivisione quotidiana, confidenze, un pizzico di cinismo e il supporto morale di chi rimane amico nei momenti più duri.

Sul fronte love story invece, quella fra Irene e Julio è una relazione turbolenta che non cattura affatto, esplosa in tante scene di sesso e d’intimità promiscua (riproposta anche nelle altri versioni e orientamenti dagli altri comprimari), ‒ ormai cifra stilistica dell’impronta di Montero ‒ , ma mai pienamente espressa sul piano emozionale anche a causa della poca efficacia comunicativa della recitazione acerba di Salazar.

Amore, amicizia e cinema nella nuova serie su Netflix Tutte le volte che ci siamo innamorati

tutte le volte che ci siamo innamorati

Tutte le volte che ci siamo innamorati non ricambia i tanti volteggi amorosi dei due protagonisti facendo a sua volta innamorare il pubblico, presentandosi come qualcosa di superficialmente gradevole ma intercambiabile con tanto altro di simile. L’unico punto d’originalità sembra essere quello del mondo citazionista e meta del cinema, dei set, della recitazione e della critica, che ci viene restituito tuttavia con un ritratto stereotipato della creazione cinematografica alle prime armi, fra registi manipolatori, party sfrenati e conseguente rehab dell’attore allo sfinimento mediatico.

Rimane un cliffhanger che appende la curiosità dello spettatore nel sapere come andrà a finire quella conclusione aperta in abito da sposa, preannunciando una seconda stagione programmata già in partenza che toglie la sorpresa di conoscere il gusto e l’apprezzamento degli abbonati. D’altronde la mano magica di Carlos Montero per Netflix è già garanzia di successo. O no?

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.5

Tags: Netflix