Tiger King – stagione 2: recensione della serie Netflix

La fragile e autoreferenziale seconda stagione di Tiger King dimostra come la portata dell'evento sia stata unica e irripetibile.

Cowboy borderline, tigri, armi e omicidi. La prima stagione di Tiger King era un cocktail esagerato, con tanto di fiamme ed esaltazione alcolica. Tra pandemia e isolamento la docuserie di Netflix è diventata ben presto un evento globale. Joe Exotic era sulla bocca di tutti, il Re delle tigri e companion sono passati dall’essere persone reali a personaggi iconici. La realtà supera ogni fantasia, e l’America di Tiger King diventa un mix perfetto di assurdo, trash e grottesco. La via di fuga psichedelica per tutti coloro che erano bloccati nelle loro case. Colori accesi, abiti leopardati e tanta violenza. Non una violenza intrinseca alla storia (se tralasciamo quella ovvia sugli animali), ma riferita al bombardamento delle immagini. I personaggi vengono iniettati nella mente dello spettatore, a tal punto che non puoi fare a meno di pensarci. Da Carole Baskin a Jeff Lowe, da Tim Stark a James Garretson. Tutti quanti sembrano esser usciti fuori da una mente folle, e quella mente è la realtà.

La docuserie ha fatto leva su un periodo complicato, e nella sua esagerata messinscena ha attecchito in un terreno fertile. Tiger King, almeno la prima stagione, era ben congeniata e ammaliante. Il racconto si spostava da fatti reali a bugie, da mistificazioni a insinuazioni. Una guerra, quella tra Joe Exotic e Carole Baskin, che non ha lasciato nessuno fuori. Tra chi voleva il suo momento di gloria e visibilità, e chi voleva soltanto dire la sua. In questo marasma tutto è possibile e niente può esser dato per certo. Verità e bugie si mescolano senza soluzione di continuità, e le vittime ultime sono quegli stessi animali che i personaggi affermano di amare. Protagonista di questo circo era Joe Exotic, una calamita vivente per la videocamera. Ora in carcere, la seconda stagione si è spostata sul resto delle persone coinvolte. Ma la domanda che sorge subito spontanea è: era necessario un secondo filone di episodi? La prima puntata ci dà la conferma, e la riposta è no. La seconda stagione di Tiger King è un affresco autoreferenziale, una copia sbiadita e rovinata dell’esordio.

Tiger King 2 e la folle corsa verso la notorietà

Tiger King - Cinematographe.it

La storia riprende da dove l’avevamo lasciata, con Joe Exotic in carcere e tutti i suoi nemici-amici a piede libero. Carole Baskin viene perseguitata dai fanatici, Tim Stark e Jeff Lowe invece dalla legge e dal PETA. Le figlie di Don Lewis cercano giustizia per la scomparsa del padre e si affidano a cialtroni, chiaroveggenti e investigatori nati sul web. Insomma, la giostra dell’assurdo prosegue il suo giro. Gli ideatori di Tiger King calcano la mano su ciò che la loro serie ha lasciato dopo il suo passaggio sugli schermi. Costumi da Joe Exotic venduti come il pane al mercato, fan della serie che chiedono a gran voce la scarcerazione dell’uomo e i federali alle calcagnane dei proprietari di zoo privati. In tutto questo, gli Stati Uniti trumpiani vedevano il loro declino, complotti crescevano come funghi nel web, le persone si armavano contro lo “stato corrotto” alla vittoria di Joe Biden e il mondo affrontava una pandemia senza precedenti. La certezza di sicurezza del mondo occidentale è stata spazzata via, e nel caos le persone creano i propri miti e la propria immagine. Molti hanno cercato di afferrare la scia di notorietà di Tiger King, e guardando questa seconda stagione Netflix gliene ha dato l’opportunità.

Tra questi troviamo chi millanta di aiutare le orfane Lewis, o chi vuole dire la sua sul passato di Joe. Immagine, ribalta e notorietà. Non importa se quella che viene pronunciata sia la verità o meno, l’importante è essere il tizio o la tizia di Tiger King. Come dimostrano vari episodi, persone come Jeff Lowe vengono presentate negli stadi o a eventi come star del cinema. Nella sua nuova veste investigativa, quasi da crime drama, la serie perde la sua ragion d’essere. Ilarità e sconforto vengono sostituite da una forte alienazione. Il racconto passa da un personaggio all’altro in un montaggio frenetico e raffazzonato. Sembra una corsa contro il tempo, e la fretta la fa da padrone. Quella magia da Paura e delirio in Oklahoma viene soppiantata da un prodotto fine a sé stesso. L’esaltazione del momento, forse derivata dalla pandemia, ha perso la sua carica e non trova qui nuova linfa vitale. Ciò che invece si apprezza è il concentrarsi sullo sfruttamento degli animali in questi luoghi, per quanto non sia il fulcro del racconto; Tiger King racconta più che altro il disagio umano con personaggi sui generis.

Tiger King 2 – Una seconda stagione lontana anni luce dalla portata dell’esordio

Tiger King - Cinematographe.it

Come dicevamo, la seconda stagione impronta la propria storia su uno stile investigativo, più che biografico, andando a scandagliare il marcio fondale dei protagonisti; in primis la scomparsa di Don Lewis. Carole Baskin viene attaccata su più fronti: le figlie dell’imprenditore, i troll su internet, Joe Exotic e tutti gli altri. Ciò che ci appare chiaro però, è come la ricerca di Lewis sia solo un pretesto per introdurre nuovi e discutibili personaggi. Parliamo dell’avvocato, dell’investigatore e del chiaroveggente. Sembra l’inizio di una barzelletta, e in effetti tutto quanto lo sembra. Verso la fine Tiger King si concentra invece sulle vicende giudiziarie di Jeff Lowe e Tim Stark, entrambi alla fine perseguiti per i loro crimini. Joe Exotic è il collante su cui viene tenuto insieme il tutto, ma senza la sua vera e propria presenza il tutto si dimostra traballante e precario.

Siamo distanti anni luce dalla prima e stravagante stagione della docuserie. Netflix vorrebbe ricalcarne il successo, ma finisce nella trappola della serializzazione: il troppo stroppia. Non è tutto da buttare, e il “circo delle tigri” che gira intorno a Joe Exotic è sempre aperto. La stagione ci mostra situazioni e personaggi al limite, come Eric Love, il leader del Team Tiger. Un uomo che vorrebbe portare nelle mani di Donald Trump le prove dell’innocenza di Joe Exotic, e così dargli la grazia. La loro lotta arriva fino al Campidoglio, eppure tutto sembra un modo per farsi semplicità pubblicità sulla pelle del “povero” Joe. Una follia tutta americana, come lo sarà poi l’assalto al Campidoglio. Tiger King mescola ancora una volta le carte, confondendo lo spettatore che non riconosce più la verità dal gioco della finzione. La realtà che si fa spettacolo, e lo spettacolo che poi dà forma alla realtà. I due aspetti si fondono senza soluzione di continuità, e con essi persone reali ora personaggi. Troppa carne al fuoco in una manifestazione di puro edonismo.

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Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2

2.4

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