The Walking Dead: Daryl Dixon – recensione dello spin-off su Daryl
Arriva su Sky e in streaming su NOW a partire dal 2 giugno 2025 The walking dead: Daryl Dixon, lo spin-off con protagonista Daryl.
L’atteso spin-off The walking dead: Daryl Dixon con protagonista il Daryl di The walking dead arriva su Sky e in streaming su NOW a partire dal 2 giugno 2025. Il terzo degli spin-off legati all’universo della serie originaria è l’ultimo ad avere la sua uscita anche in Italia. Con The walking dead: The ones who live che è stata una miniserie e The walking dead: Dead city che a luglio 2025 tornerà con la seconda stagione, The walking dead: Daryl Dixon dovrebbe essere ambientato subito dopo gli eventi della stagione conclusiva di The walking dead, ma alcuni indizi di una puntata dello show, fanno pensare che siano successivi a The walking dead: The ones who live. Già rinnovata per una seconda stagione che arriverà subito dopo la prima, il 23 giugno 2025, la serie tv con protagonista Norman Reedus vede tra gli attori anche Clémence Poésy e Louis Peuch Scigliuzzi tra i personaggi principali. Con una guest stare nell’ultimo episodio che, secondo alcuni rumors, si vedrà più spesso nella stagione 2.
The walking dead: Daryl Dixon è un viaggio di ritorno dai personaggi della serie originale
Lo spin-off The walking dead: Daryl Dixon inizia con un’ambientazione che chiarisce da subito come si tratti di qualcosa di diverso. Daryl, disidratato e sfinito, dopo aver passato un tempo indefinito in mezzo all’oceano, arriva nella città costiera di Biarritz. Già un primo elemento che conferisce una maggiore ricercatezza e uno stile che di The walking dead conserva poco. E anche la sigla lo conferma. Tra ambienti raffinati e un’eleganza che si è riuscita a mantenere nonostante quanto accaduto, la serie segue il viaggio di Daryl per tornare a casa, in America, a seguito di un misterioso naufragio che l’ha portato così lontano. Accompagnato da una suora di nome Isabelle Daryl deve portare Laurent, un bambino speciale, in un luogo chiamato il Nido. Un rifugio magico che Laurent non può raggiungere da solo, dove potrà vivere tranquillo e adempiere al suo incarico.
Laurent è considerato dalle suore che per anni l’hanno accudito, come un Salvatore, che potrà liberare il mondo dal male che lo ha contaminato. La sicurezza di Laurent sarà il primo compito per un Daryl inizialmente interessato solo a capire come attraversare l’oceano, e quanto lontano si trovi. Ma attraverso una Francia desolata che è riuscita a ritagliarsi un proprio porto sicuro, nonostante un’organizzazione paramilitare che pattuglia le strade, le capacità di Daryl si scontrano con l’inesperienza di Isabelle e Laurent, che per anni sembrano aver vissuto al sicuro tra le mura di un convento. E anche con una propensione a far finta che l’infanzia sia l’unica cosa che non merita di fare da subito i conti con la realtà. Un qualcosa che risveglia forse in Daryl un senso di protezione, ma anche l’amara verità che niente sarà più come prima. E che è il contatto umano, che Daryl per anni ha rifiutato, a stabilire il vero confine tra vivere e sopravvivere.
Gli zombi si muovono in luoghi ancora distinti, signorili ed eleganti, attraverso l’arte europea
The walking dead: Daryl Dixon è artistico, suggestivo, affascinante e sofisticato. Le location europee, dalla Provenza a una Parigi distrutta e abbandonata, da Mont Saint-Michel fino all’Omaha Beach, dove si è svolta la più grande operazione di sbarco delle truppe americane durante la Seconda Guerra Mondiale. L’arte impressionista, le catacombe che come un labirinto sono circondate da teschi e resti di ossa umane, la Grand Boulevards ricca di teatri e gallerie storiche, si trasformano in luoghi deserti, abbandonati, dove arbusti e piante rampicanti regalano a quegli stessi edifici sfumature diverse. Spogli e aridi e che l’apocalisse zombi non ha risparmiato. Ambientare tutta la prima stagione in una delle città più belle del mondo, tra cui l’incantevole complesso monastico dell’abbazia di Montmajour, ha reso la serie poetica, sensoriale ed evocativa. Come quasi mai The walking dead è stata.
C’è la musica, la pittura, l’architettura, la natura, tra paesaggi, città storiche, artigianato, cultura e tutto ciò che l’atmosfera europea riesce a dare, almeno a questa prima stagione di Daryl Dixon. Anche The walking dead: Dead city puntava maggiormente sull’ambientazione e la New York distopica, soprannominata appunto “dead city”, presentava un mondo devastato, un’era di rovine desertiche e senza regole, dove vigeva la più brutale legge della sopravvivenza. Ma in The walking dead: Daryl Dixon, la stessa Parigi e Francia post-apocalittiche, mantengono il proprio fascino, un filtro più artistico, enfatico e magnetico, ma al tempo stesso lugubre, dove la morte si aggira comunque indisturbata e incurante di dove ci si trovi. Seguendo famelica tutto ciò che può saziare quella voracità illimitata. Il tema della religione, preponderante, apre nuovi scenari all’universo di The walking dead, insieme a quegli strani esperimenti che sembrano a volte cercare il controllo di singoli zombi, altre volte la possibilità di renderli più aggressivi, più difficili da uccidere e più capaci di schivare colpi letali.
The walking dead: Daryl Dixon tra azione e spiritualità è un nuovo universo post-apocalittico
Si parla di Messia, di bambini nati a seguito di un miracolo, di nuove generazioni che possono essere in grado di cambiare davvero quel mondo ormai distrutto. Per ora sembra trattarsi di una modalità differente, che dà speranza, e che rappresenta una volontà di credere che come tutto sia cambiato, sfigurando e deturpando ogni cosa, si possa ritornare se non a ciò che era prima, a una realtà meno distorta, e ad un umanità meno annientata e affranta. Perché The walking dead: Daryl Dixon tra azione e introduzione di nuove figure che potrebbero tornare, e con cui Daryl intraprende il suo viaggio, asserisce ed enuncia un chiaro messaggio e anche un certo significato, con una sua logica. E cioè l’impegno e il desiderio di ricominciare, la fiducia verso le piccole nuove comunità che vivono in pace. La fede, appunto, con cui tutti auspicano a una nuova normalità. Indipendentemente se l’elemento soprannaturale darà dei poteri agli essere umani.
La determinazione verso la resilienza è ciò che vuole raccontare maggiormente The walking dead: Daryl Dixon e ci riesce. Gli antagonisti non mancano, e le barbarie raggiungono apici sempre più crudeli e feroci, che non smettono di impressionare e scioccare. Ma che diminuiscono, e si concentrano sul personaggio di Marion e sulla fondazione della Sesta Repubblica. Insieme al tradizionale stereotipo francese dell’anglofobia. Si tratta anche di nemici che potrebbero riguardare solo la prima stagione e la serie stessa sembra preferire un andamento più verticale, con una missione che viene portata a termine e una serie di personaggi che potremo non vedere più nella seconda stagione. Alla fine si tratta di un oceano a dividere i due Paesi, e sarebbe verosimile e comprensibile che ognuno torni in quella che chiama “la propria casa“. Come lo stesso Daryl dice spesso: “ho delle persone da cui tornare“.
Salti temporali tra il virus che si diffonde a Parigi e Daryl che dal Maine arriva in Francia

Credits: Emmanuel Guimier/AMC
In The walking dead: Daryl Dixon funziona anche la struttura a flashback, sull’inizio dell’apocalisse zombi in Francia. Tra night club, serate tra alcool, droga e musiche in locali glamour ed eleganti, si continuava, inconsapevoli, a vivere la propria vita. Immagini che rimangono impresse, quelle di una Parigi invasa dai primi contagiati dal virus, con forse un omaggio al sudcoreano Train to Busan che con quell’attacco sul treno si è aggiudicato l’appellativo di uno tra i miglior zombie-movie di sempre. I flashback chiariscono, almeno in parte, come Daryl sia arrivato in Francia e anche le tempistiche riguardo gli altri spin-off di The walking dead. Il finale sarebbe del tutto aperto, tra uno sguardo a una nuova vita in Europa, un ritorno che forse può attendere e un atteso passaggio verso quella che Daryl chiama casa, dove per lui tutto è iniziato. A parte quella che si può definire una scena post-credits e che conferma un ritorno che si aspettava.
The walking dead: Daryl Dixon: valutazione e conclusione
The walking dead: Daryl Dixon è comunque per ora il migliore spin-off dell’universo di The walking dead. Almeno se si considerano le serie che hanno come protagonisti gli stessi personaggi della serie originaria, lasciando invece da parte tutte quelle che si rifanno all’universo dello show AMC, ma che raccontano di altri personaggi. Se The walking dead: The ones who live è definibile il peggiore degli spin-off e The walking dead: Dead city il più simile a quello che è sempre stata la serie tv, The walking dead: Daryl Dixon è senza dubbio il più innovativo. Lo stesso Daryl mantiene alcuni tratti del suo personaggio che lo hanno contraddistinto, che raramente lo hanno fatto crollare, ma che lasciano intravedere un’umanità che negli anni lo hanno reso uno dei più amati. Il Daryl della serie basata su di lui cerca di tornare a casa a tutti i costi perché coloro che ha lasciato sono “la sua famiglia”. Non ha più remore a dirlo e ha anche meno paura di affezionarsi. Sa che anche lui, come tutti, può legarsi a qualcuno.