The Tatami Galaxy: recensione della serie anime Netflix

Un design sopra le righe e una morale di cui fare tesoro: su Netflix arrivano gli 11 episodi dell'anime The Tatami Galaxy, prodotto da Madhouse con la regia del visionario Masaaki Yuasa. 

Disponibile dall’1 luglio su Netflix in 11 episodi, The Tatami Galaxy è l’anime prodotto da Madhouse con la regia visionaria di Masaaki Yuasa. Tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore giapponese Tomihiko Morimi, l’anime spicca per la grafica variopinta caratterizzata da pattern eccentrici e onirici e per la struttura ciclica degli episodi.

The Tatamy Galaxy Cinematographe.it

La storia è quella di un giovane studente universitario – del quale però non viene mai pronunciato il nome – che racconta in prima persona i suoi primi due anni di università e il suo duro rapporto con la vita sociale tra colleghi e mondo circostante. Dopo una vita da liceale che ama definire “da fannullone”, ad ogni episodio lo studente racconta del suo tentativo di diventare popolare e raggiungere “la rosea vita del campus” iscrivendosi ogni volta ad un diverso club senza mai riuscire ad eccellere o a interagire con gli altri con successo. La causa dei suoi fallimenti l’attribuisce sempre all’incontro con Ozu, l’unico studente che gli sta vicino ma che lo conduce verso atti dalla dubbia etica e di discutibile morale. Innamorato di una studentessa di ingegneria, Akashi, non riesce mai a cogliere l’attimo e a dichiararsi rimanendo in un limbo fallimentare che si ripete ad ogni episodio su differenti scelte. Un circolo vizioso che sembra non avere fine ma che trova risoluzione nell’episodio finale che rimette insieme i pezzi del puzzle.

Una struttura originale e una grafica decisamente esuberante

Un po’ come nel film Sliding Doors (1998), in The Tatami Galaxy ad ogni episodio assistiamo ad un reboot della storia e delle vicende grottesche e tragicomiche del protagonista, che riprende la narrazione sempre dallo stesso punto – ovvero dall’inizio della sua vita al campus universitario e dall’incontro con il sadico e ambiguo amico Ozu – mostrando però una cornice sempre diversa. Rimangono gli stessi i personaggi, ma cambiano gli eventi e le scelte – una volta il club a cui lo studente decide di iscriversi è quello di tennis, un’altra volta una scuola di cinema e un’altra ancora un circolo di ciclisti – che però conducono, in una visione fatalista, sempre a un fallimento del ragazzo nei confronti delle sue alte ambizioni di partenza. Il protagonista sogna di diventare uno studente popolare, di avere successo e di trovare una “fanciulla dai capelli corvini” come fidanzata, tuttavia finisce sempre per mettersi in cattiva luce e addossare la colpa di questo all’amico Ozu che egli stesso descrive come un mostro e che i disegni rappresentano con fattezze poco umane e demoniache. In realtà, alla fine della visione degli 11 episodi della serie si apprende che ognuno è collegato all’altro come i tasselli di un mosaico che si può ammirare nella sua completezza solo alla fine.

Tutto avrà un senso nel finale dell’anime e si potrà apprezzare maggiormente questa struttura narrativa che a un primo approccio può sembrare spiazzante e caotica. L’originale narrazione degli eventi in prima persona attraverso il flusso di pensieri del protagonista è resa con un monologo incalzante ed estremamente veloce che vuole riproporre il frenetico scorrere dei pensieri nella mente umana, alternandosi a scene di dialogo vero e proprio. Il tutto abbellito dai disegni stilizzati e sopra le righe del comparto grafico e d’animazione, che alternano il bianco e nero a colori sgargianti e pattern geometrici e astratti e rendono ancora di più l’atmosfera generale e il look estetico dell’anime onirico e al tempo stesso estremamente accattivante.

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Una morale in stile Esopo: godi al massimo delle piccole cose

Frustrato dalla continua ricerca di una vita “rosea” e alla continua ricerca della perfezione, la matricola universitaria – il protagonista dell’anime di cui non viene mai fatto il nome – dovrà fare i conti con tutte le scelte sbagliate che ha preso per comprendere “il senso della vita”. Nella stanza dei Quattro Tatami e Mezzo, la matricola s’imbatterà di nuovo nell’incipit di ogni episodio, come se potesse rivedere ogni scelta e possibilità di vita che però ha sempre portato a una perenne insoddisfazione. Malgrado in ogni episodio la figura della vecchia veggente gli suggerisce di cogliere quell’opportunità che dondola davanti a lui – il Mochiguman, un piccolo pupazzo antistress che ad ogni episodio Akashi gli confessa di aver perso e che il giovane ritrova per strada e tiene per sé nella sua stanza appeso a un filo senza mai restituirglielo – egli non riesce a comprendere cosa fare per raggiungere la felicità.

La morale dietro all’apparente caos della storia di The Tatami Galaxy è che la vita non è mai rosea, ma è piena di sfumature e screziature di colore: a volte la felicità è davanti ai propri occhi, ma non si riesce a coglierne la semplicità. Il significato della vita sta nel godere al massimo delle piccole cose, di ciò che si ha e senza cercare di essere qualcuno che non si è. La matricola riuscirà a chiedere ad Akashi di uscire per un appuntamento e metterà fine alla sua frustrazione vivendo senza la continua angoscia di perfezionarsi? Niente spoiler, guardate l’anime per scoprirlo.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.8

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