The Rain: recensione della serie TV Netflix

La serie tv danese distribuita da Netflix si rivela un intenso ed emozionante racconto sulla solitudine

The Rain è una serie del 2018 creata da Jannik Tai Mosholt, Esben Toft Jacobsen, Christian Potalivo e in uscita su Netflix il 4 maggio 2018. Rispetto ad un film autonomo, valutare una serie (soprattutto se agli inizi) è ardua cosa ma possiamo benissimo dire che, almeno dalle premesse, ovvero i primi due episodi, The Rain risulta ideato e messo in scena con grande attenzione e poca superficialità.

La storia si muove all’interno del genere catastrofico – fantascientifico ma, sorprendentemente, rivela una natura intimista e votata all’approfondimento psicologico dei caratteri, piuttosto che su un impatto di tipo spettacolare. Ad ogni modo, il pathos ed il ritmo pervadono le puntate divenendo elementi preponderanti all’interno delle stesse. La protagonista è la giovane attrice Alba August (figlia d’arte: il padre è Bille August, regista de La casa degli spiriti e la madre Pernilla ha ricoperto, tra gli altri, il ruolo di Shmi Skywalker) e interpreta Simone, comune adolescente (come notiamo nell’incipit) che, improvvisamente, si ritrova a vivere in un bunker assieme alla famiglia (Lars Simonsen,  Iben Hjejle e Lucas Lynggaard Tønnesen), al riparo da delle piogge mortali. I genitori (già a conoscenza dell’imminente pericolo: da qui il bunker) usciranno presto di scena e Simone dovrà occuparsi unicamente del fratello più piccolo, riuscendo anche a destreggiarsi all’interno di un luogo angusto potenzialmente, opprimente e ipertecnologico, finché, non troverà il coraggio di “uscire allo scoperto”, ma quella è un’altra storia.

The Rain: una grande narrazione

La serie si distingue per degli sviluppi sorprendenti a livello strutturale (i flashback sono inseriti sempre al momento opportuno e, spesso, scaturiscono da una precisa azione del personaggio che permette al ricordo di scattare nella mente formando, pian piano, un grande “puzzle”). Ottimo, poi, il dualismo tra paura “interna” (il precario equilibrio psicologico dei personaggi) ed “esterna” (rappresentata dalla minaccia reale che, a sua volta, è fuori dal contesto in cui si ritrovano i due).

Il pathos, come già detto, è un elemento essenziale e qui scaturisce, incredibilmente, da momenti di pausa e  dall’allestimento di un’atmosfera “sospesa”, non da effetti speciali utilizzati per scuotere lo spettatore. In questo, a giocare un ruolo fondamentale, sono i dialoghi eccellenti e soprattutto le azioni assolutamente credibili, nelle quali è facilissimo immedesimarsi (momento clou: la protagonista, in seguito alla scomparsa dei genitori, tratta le loro tute come degli esseri umani).

Non sono da meno le relazioni tra i vari personaggi, spesso, giocate proprio sul non detto; le interpretazioni sono funzionali e sopra la media (Alba August su tutti) così come la regia che ha il pregio di non apparire mai invadente ma garbata. L’ intreccio, inoltre, è ben concepito e le divagazioni sono, quasi del tutto, assenti. La produzione danese impiega egregiamente le ambientazioni naturali (come foreste e radure di vario tipo) e, almeno per il momento, utilizza con parsimonia il budget a disposizione.

The Rain: plot complesso ed intrigante

L’episodio pilota ha una durata di 50 minuti circa e potrebbe essere considerato come un “mini film” (la storia narrata, per certi versi, termina prima dei titoli di coda) e rappresenta l’incipit. Il secondo episodio, vede i protagonisti (che, ormai, abbiamo imparato a conoscere) misurarsi con il contesto e con la sfortunata situazione in cui si trovano: anche in questo caso, tenteranno di risolvere problemi personali e di circostanza diventati, adesso, un tutt’uno; inoltre, ulteriori personaggi dalle diverse sfumature (interpretati da Johannes Kuhnke, Angela Bundalovic e Mikkel Boe Følsgaard) si uniranno al racconto rendendolo ancora più complesso ed intrigante.

In definitiva The Rain è un progetto interessante e originale; ci auguriamo che possa continuare su questa strada. Non ha nulla da invidiare ad altre serie d’oltreoceano, a dimostrazione del fatto che una storia di “genere” può essere raccontata ovunque con buoni risultati. L’Italia prenda nota.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.2

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