The Pitt: recensione del medical drama con Noah Wyle
A partire dal 24 settembre 2025 arriva The Pitt, atteso medical drama con Noah Wyle, premiato come Miglior serie drammatica agli Emmy 2025.
Premiata alla 77ª edizione degli Emmy Awards come Miglior serie drammatica, Miglior attore in una serie drammatica al protagonista Noah Wyle, Miglior attrice non protagonista a Katherine LaNasa, Miglior attore guest star a Shawn Hatosy e Miglior casting, insieme ad altre otto nomination, The Pitt arriva su Sky Atlantic con una première di due episodi a partire dal 24 settembre 2025. Vincitrice e candidata a moltissimi altri riconoscimenti, con The Pitt si torna, per esigenze di racconto, a un numero di puntate che sempre meno compongono una serie tv. Si tratta infatti di quindici episodi da un’ora ciascuno, e che si concentrano ognuno su un’ora di un turno, che durerà poi, appunto, nel corso della storia, quindici ore, all’interno di un pronto soccorso. Ogni puntata è un’ora e si parte dalle sette in punto, orario di inizio del turno. Ambientato nel fittizio Trauma Medical Center di Pittsburgh la serie è uno dei miglior medical drama degli ultimi anni, riuscendo ad essere diverso da ognuno di questi, assomigliando invece a una di quelle serie televisive che hanno fatto la Storia della serialità e del genere del medical drama. Oltre a Noah Wyle e Katherine LaNasa, del cast fanno anche parte Tracy Ifeachor, Fiona Ourid, Isa Briones, Gerran Howell, Patrick Ball, Supriya Ganesh, Taylor Dearden, Isa Briones e Shabana Azeez. Definita l’erede di E.R., l’incetta di premi, la presenza di alcuni interpreti, nonché dei produttori, The Pitt potrebbe davvero avvicinarsi a quello che è stata la serie ideata da Michael Crichton e che ha dato vita negli anni, a tutti quei medical drama realizzati successivamente. The Pitt cerca in qualche modo di replicare E.R. e, in modo diverso, a distanza di molti anni, a volte ci riesce.
The Pitt: lo stile documentaristico e quello televisivo che sono rispettivamente realismo ed empatia
Per il dottor Robinavitch, chiamato da tutti Robby, non è un giorno come tutti gli altri e la maggior parte dei suoi colleghi lo sanno. È l’anniversario della scomparsa di una persona importante per lui, di qualcuno che, nel corso della serie, si scoprirà avere a che fare con il ricordo più vivido nella mente del dottor Robby: il covid. Pochi flash su quel periodo, quanto basta per dare una vaga impercettibile idea di cosa debba essere stato all’interno degli ospedali. Sono pochi i momenti in cui Robby appare, da un momento all’altro, caduto in uno stato confusionale dove sembra respirare ancora all’interno di quelle tute protettive: il fiato corto, lo stress, frustrazione lo sfinimento, il vetro da cui si guardano migliaia di persone intubate, si appannava rendendo difficile poter continuare a vedere. Una mossa intelligente quella di The Pitt che non lo nomina il covid e non lo mostra neanche. Si percepisce negli occhi di un Robby che ogni tanto si estrania, che torna poi subito alla realtà, che si sente nuovamente oppresso dal casco hi-tech anti-contaminazione.
The Pitt è una serie cruda e realistica, che nell’inclemente e severa diagnosi medica, trova nell’umanità e nella comprensione del personale del pronto soccorso tutto l’aiuto di cui si ha bisogno. La concretezza che è lucida e pragmatica nel mostrare cosa sta accadendo sui corpi e a volte nei nei corpi dei pazienti è sicuramente un espediente narrativo, ma non solo. È un modo per mostrare come, spesso nelle emergenze, le regole da seguire e le operazioni da mettere in atto siano rigide; la razionalità e la consapevolezza delle proprie capacità siano fondamentali e anche la prontezza, il coraggio, l’intuito e il prendersi responsabilità sono alcune delle caratteristiche che un medico deve avere. Ma non bastano. Da qui quella che è la parte psicologica dello show. L’empatia e l’immedesimazione, se sono i due obiettivi della buona riuscita di un racconto, sono ance i due tasselli imprenscindibili nella fiducia e nella gratitudine che i pazienti provano nei confronti di coloro che li hanno curati.
Momenti, volti e casi che ognuno ricorderà per motivi diversi
Quella caparbietà che subito salta all’occhio in The Pitt non è casuale, perché serve per spostare poi l’ago della bilancia su quella che è l’umanità, quella che serve sia quando salvi una vita, sia quando devi fermarti, convinto di aver fatto il possibile. The Pitt riesce a mostrare un crocevia di vite, spesso di ingiustizie, ma anche di miracoli che avvengono in un pronto soccorso perennemente affollato. In un luogo che è sempre una scuola di vita e di medicina generale. Selezionando e distinguendo alcuni casi ai quali dare maggior peso, non optando sempre per il dramma, preferendo la verosimiglianza alla complessità narrativa. The Pitt racconta un giorno che non sarà facile da superare, ma un giorno che è già accaduto e che probabilmente riaccadrà ancora in futuro. Sono forse le vicende più private e che riguardano la sfera personale dei protagonisti a raggiungere la propria eccedenza. Ma vengono messe subito in secondo piano, di fronte all’etica del lavoro, all’importanza di salvare delle vite, a una professione dove spesso non c’è tempo per se stessi.
La fotografia di The Pitt è di stampo tipicamente statunitense, in parte da medical drama, ma con colori meno brillanti e con corrispondente pertinenza vicini alla luce, spesso accecante, di un ospedale, dove dominano il bianco di pareti, mattonelle e lettini, e il blu dei camici. Ma anche il rosso del sangue, e questo specialmente nella seconda parte della serie. Il montaggio ricorda invece quello di alcune serie tv belliche, perché è estremamente serrato, fitto, rapido e concitato. Ma mai disordinatamente, con l’agitazione, l’ansia e la fretta, che a volte è un folle fervore, altre un’estati delirante prima di un crollo. Il ritmo di The Pitt è così sostenuto, incalzante, veloce, a volte insistente e incessante. Si passa da una stanza all’altra, da un paziente all’altro, e se tutto sembra sotto controllo all’interno, in quella che è la sala d’attesa, emergono nervosismi, tempi di attesa interminabili e rabbia trattenuta.
The Pitt: valutazione e conclusione
La regia di The Pitt è al servizio di ciò che racconta, come lo è la sceneggiatura. Le inquadrature sono a volte estremamente specifiche, facendo vivere interventi e operazioni così come avvengono, abituando anche a scene che non sempre si riescono a guardare. Se The Pitt poteva apparire come un medical drama dove al centro c’erano solo ed esclusivamente quello che accadeva all’interno di un pronto soccorso, tra efficienza e insoddisfazione, c’è spazio anche per altro. Per le vite di tutti i medici coinvolti: dottori esperti, caposala, infermieri, specializzandi e studenti di medicina. Dove si descrivono, tra dialoghi e primi piani, e anche attraverso azioni azzardate, quelle sensazioni che sono il panico e l’inadeguatezza, l’esperienza e l’arroganza, il cinismo e l’enfasi, il distacco e l’empatia. Perché The Pitt riesce ad essere una serie corale, dove anche i problemi e le vite, per quante tenute a margine, nella celere e scattante necessità di scegliere e agire, a volte si intrufolano, sfacciate e indiscrete.
Da un aborto spontaneo a un’aggressione insensata, da ricordi traumatici a incidenti di percorso. Tra persone che hanno perso la vita e che mai si dimenticheranno. Le quindici ore di stress e tensione al quale i personaggi vengono sottoposti arrivano, quasi in egual misura, allo spettatore, di fronte a uno dei turni più difficili, interminabili e paradossali che medici, esperti e non, hanno vissuto. Le quindici puntate e il turno di quindici ore che The Pitt racconta non è un turno come gli altri e la capacità di rendere verosimile ciò che porta a quelle ore di straordinari e di lavoro che non finiscono, è uno dei plot twist più geniali della serie. E così aumenta la rapidità, la fretta, gli ostacoli e i disagi. E tutto ciò che si è visto all’inizio ha un’escalation d’intensificazione a cui nessuno è davvero mai del tutto preparato. The Pitt riesce a coinvolgere nella particolarità di termini tecnici e scientifici e nelle problematiche della vita di tutti i giorni. Nel perfetto e credibile equilibrio che crea tra i due.
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