The First – Stagione 1: recensione della serie tv con Sean Penn

La serie tv sorpresa di fine 2018 ed inizio 2019: The First con protagonista un ottimo Sean Penn. Ecco la nostra recensione della prima stagione.

Tempo di bilanci per ciò che riguarda la prima stagione di The First, la serie tv targata Hulu, trasmessa su TimVision in Italia e sicuramente tra le più attese in questo 2018 per la portata del cast, nonché per l’argomento assolutamente inedito a livello televisivo. Ideato e sceneggiato da Beau Willimon, The First conta infatti il grande Sean Penn come protagonista nei panni dell’energico e malinconico Comandante Tom Hagerty, astronauta esperto, chiamato a guidare la prima spedizione umana su Marte.

The First: la sorpresa di fine 2018 ed inizio 2019

Nel primo episodio (di gran lunga il migliore degli otto della serie), si evinceva come Hagerty fosse stato all’ultimo escluso (per motivi poi rivelati alla fine della stagione) da Laz Ingram (Natascha McElhone) l’amministratore delegato della Vista, la compagnia incaricata del lancio, in favore dell’amico e collega Matthew Dawes (Norbert Butz). Il lancio però era stato un disastro, con l’esplosione in volo del razzo e la morte di tutto l’equipaggio, con conseguenze potenzialmente letali per il programma e pesantissime sul piano legale e lavorativo per i dipendenti della Vista. Hagerty veniva richiamato in carica, a discapito della sua sostituta Kayla Price (LisaGay Hamilton), costretta a far buon viso a cattivo gioco…il tutto mentre astronauti, dirigenti, ingegneri e le loro famiglie sono costretti mano a mano a fare i conti con le paure, le angosce, le responsabilità e le conseguenze che la missione comporterà nelle loro vite. In particolare Tom sarà chiamato a far fronte al ritorno delle problematica figlia Denise (Anna Jacoby-Heron), che lo costringerà ad affrontare il dolore per la perdita della moglie tempo addietro e a rielaborare il suo ruolo di padre.

Chi scrive era rimasto stupito e meravigliato dalla grandiosità dei mezzi, dalla perfezione della regia, sceneggiatura e coesione del cast dei primi due episodi trasmessi in anteprima. In tutto e per tutto The First prometteva scintille, di portare qualcosa di assolutamente inedito nel mondo delle serie tv e non solo per la presenza di un asso come Sean Penn, ma per la volontà di andare a creare una serie in cui i personaggi e l’iter fossero fusi ed approfonditi come poche altre volte. Il tutto in una storia posizionata in un futuro molto prossimo, realistico, con la prima missione dell’umanità sul Pianeta Rosso, messa in forse dal disastro del precedente lancio, dalle polemiche, dalla politica che ci si mette in mezzo, nonché dalle immense difficoltà insite nell’obiettivo da raggiungere. I primi due episodi, si diceva, avevano rasentato la perfezione, un compresso di grande qualità ed una fantascienza meno grossolana e “americana“, più ragionata, quasi europea nello stile e nelle finalità.

Leggi qui la recensione dei primi episodi di The First

The First soddisfa appieno le aspettative nel creare dei personaggi di grande interesse, mai banali, nell’impostare relazioni, nel portarci dentro la testa, i sogni, i ricordi di uomini e donne assolutamente distanti dai cliché. Ciò che impressiona è il realismo dei dialoghi, la mancanza assoluta della sensazione di finzione od artificio, quanto piuttosto l’emergere preponderante di un’umanità complessa, fragile, mutevole e in grado di portare il tutto ad un elevatissimo grado di empatia con lo spettatore. Tuttavia al netto di tutto questo, The First compie l’imperdonabile errore di esagerare, di farsi prendere la mano dimenticandosi della missione su Marte, mettendola quasi da parte, non coglie l’opportunità di mostrare l’addestramento, la preparazione, le difficoltà, di farne parte trainante della storia. La missione in diversi momenti scompare. Non esiste. Sovente quasi sembra che si stia assistendo ad una seduta terapeutica di fronte allo spettatore, con il dilungarsi di dubbi, rovelli interiori, che se possono aggiungere pepe all’iter narrativo, nel loro eccesso lo strangolano, lo sterilizzano.

The First soddisfa le aspettative creando grandi personaggi

Nell’anno di The First Man, con film come Gravity o The Martian ancora freschi nella memoria, disattendere il pubblico da questo punto di vista appare veramente un errore madornale. Spazio vuol dire ignoto, pericolo, sperimentazione, vuol dire prepararsi ad una missione che, in questo caso, avrebbe meritato ben maggior considerazione, doveva essere qualcosa di meglio descritto, di più presente. Lo spettatore certo viene rapito da una prova del cast assolutamente magnifica, visto che Sean Penn è vibrante e potente nel dipingere un uomo, un padre, dotato di una forza interiore tanto possente quanto minata dal dolore, dalla solitudine, dal dubbio. Lo stesso si può dire della McElhone, che dipinge un personaggio di certo non gradevole, ma che lo spettatore non può identificare come cattivo, quanto piuttosto come determinato, spietato in pubblico quanto insoddisfatto e triste nel privato. Lontano dalla retorica dell’impresa, The First si fa stregare dalla retorica del dramma privato, eleva come in ben poche altre serie prima il concetto di amore-odio tra genitore e figlio, grazie ad una chimica incredibile tra Penn e l’esordiente Anna Jacoby-Heron, straordinaria e umanissima.

Ma tutto ciò non basta, non può bastare dopo i primi due episodi, dopo l’illusione di aver un qualcosa che coniugasse fantascienza, profondità della scrittura, suspense, effetti speciali, colonna sonora proprie del grande schermo, con la capacità di evoluzione narrativa che ha fatto delle serie tv il nuovo universo narrativo di questo secondo secolo del nuovo millennio.
La speranza però, è che questa prima stagione (che comunque merita di essere valutata in modo positivo) sia il preludio ad una seconda molto più “spaziale” ed avvincente, meno intimista e più legata al fascino del Gigante Rosso e di cosa rappresenti per l’umanità.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3

3.7