The Baby: recensione della serie TV

La gioia della maternità, il desiderio di diventare madre, il corpo che cambia, la commozione di tenere stretta a te la creatura tanto aspettata e pensata; ecco, lo spettatore deve dimenticarsi di tutto questo se vuole guardare The Baby, la nuova serie horror-comedy, creata da Lucy Gaymer e Siân Robins-Grace, composta da 8 episodi di circa 30 minuti. Le otto puntate, con una narrazione scorretta – perché il tema maternità è ancora un tabù nella nostra società – e cinica, arrivano su Sky on Demand e su NOW in streaming, su Sky Atlantic ogni venerdì, partendo dal 17 giugno 2022, portando al centro Natasha (Michelle De Swarte), donna in carriera che mal sopporta i bambini e che non perde occasione di prendersi gioco delle sue migliori amiche, madri felici e amorevoli. Tutto nella sua vita cambia quando dal cielo cadono il corpo morto sul colpo di una donna e quello di un bambino che si salva cadendo tra le sue braccia. Da quel momento in poi Natasha entra in un gorgo da cui è difficile uscire; chi è quel bambino? Come mai attorno a lui accadono cose terribili?

The Baby: una metafora della maternità e della femminilità

Natasha: “beh, non lo so perché mi fa venire i brividi… manda delle inquietanti vibrazioni”

Dice così la protagonista al telefono con la polizia e, in effetti, fin dai primi minuti di The Baby si comprende perfettamente che dietro a quel bambino dal volto angelico si nasconde qualcosa di spaventoso. Le persone muoiono, gli animali muoiono, insomma vicino a quel bambino non c’è da stare tranquilli eppure la star di The Baby non ha battute, ma sguardi, sorrisi, ghigni malefici, pianti disperati: sono queste le sue armi. Quando gli adulti perdono la vita intorno a lui, in modo sempre più inquietante lui reagisce con una risata spaventosa, mugugna, emette suoni che appaiono melodiosi e carini. Sembra chiaro dal primo istante, è lui il maligno, il nemico, il responsabile di tutto il caos che accade a Natasha e a chi lui incrocia, è ancora più chiaro che The Baby vuole essere un metafora della maternità e del rapporto madre-figlio e della pluralità di tutto questo: ci sono le madri felici, le madri speranzose ma ci sono anche le donne che non vogliono esserlo e Natasha non ha paura di dirlo e neppure di prendersi gioco delle sue amiche. La maternità è qualcosa che trasforma corpo, mente e anche priorità, che modifica l’esistenza e The Baby in maniera esasperata, usando il linguaggio del comico e dell’orrore, lo racconta e racconta anche il peso di non volere un bambino nella società contemporanea. La serie sorprende portando sul piccolo schermo qualcosa di perturbante e spaventoso, è narrazione di una condizione che invece i libri trattano: Teresa Ciabatti, Antonella Lattanzi, Ashley Audrain descrivono bene il lato dark della maternità, portando a galla quelli che per molti sono pensieri “orribili”, “proibiti”. Il nucleo della narrazione è proprio la morsa letale che il bambino esercita su Natasha e su tutte le donne che se ne prendono cura; lui risucchia la loro forza vitale, le uccide, espressione di questo è il sogno che la protagonista fa quando immagina di produrre latte e che il bambino nell’atto di succhiarlo le strappi il capezzolo, mostrando un volto da film horror.

Quando un bambino cade dal cielo

Natasha: “è meglio di quando non c’era lui?”

Amica di Natasha: “non lo so, è difficile spiegarlo”

Natasha ha 38 anni, mal sopporta la smania delle sue amiche e di tutte le donne di diventare madri, il loro sbandierarlo ai quattro venti: sui social le sue amiche postano foto di loro assieme ai neonati, i test di gravidanza, e lei sbotta, mentre scrolla sul cellulare i vari post, con un “nessuno vuole vedere questa roba”. Non tollera che le serate con le sue amiche, solitamente fatte di alcol e di poker, vengano ora costruite a seconda delle esigenze dei figli e così sferza e schernisce. Natasha scherza anche in modo pesante (“da quando sei incinta?”, “da tre mesi” risponde un’amica e lei incalza: “allora non è troppo tardi….. è una battuta, è una battuta”), sembra un paradosso dunque quando dall’alto le piomba in braccio quel bambino e sembra ancora più paradossale che come è entrato nella sua vita così con la stessa violenza e caparbietà non sembra volerne uscire. L’esserino fa piazza pulita di molti adulti, donne, uomini, animali, le sue vittime soffocano con il cibo, si schiantano con le macchine, l’unica che sopravvive è proprio Natasha che, anche se lamentandosi, si prende cura del neonato, anche se ha una paura irrefrenabile e ancora la serie assurge a simbolo della maternità e dell’essere madre: non è sempre facile, a volte non è pianificato – in questo caso a maggior ragione perché il baby del titolo non è figlio di Natasha ma di qualcun’altra -, non è detto che tutte le donne abbiano l’istinto materno, ma poi a poco a poco lei entra in contatto con quel demonio, senza nome e insopportabilmente carino.

The Baby: dietro un bambino angelico si nasconde un mostro

Il commesso dell’autogrill: “è dura vero?! è il primo figlio. Non è neanche la parte migliore; è come innamorarsi. Va a prenderti 5 minuti per te stessa”

Sulla strada, in quel viaggio alla ricerca di qualcuno che possa prendersi il bambino, Natasha incontra persone che si innamorano di quel fagottino, con lui parlottano con vocine false, da cartone animato, giocano con lui, sono dolci e lui è pronto a reagire con colpi bassi, violenti e feroci. Il demonio dagli occhi teneri e boccuccia a cuore tende le sue braccia al mondo e vuole ghermirlo, c’è solo una persona che può domarlo ed è Natasha, non vuole lasciarla andare. Lei si sente in trappola, prova ad abbandonarlo, a liberarsi di lui per salvare la sua vita e la sua indipendenza, ma emerge una verità: non sarà più libera o almeno non come lo era prima. Natasha si ritrova a partecipare, ad assistere a uccisioni truculente e quel bambino dietro ad un aspetto da angelo, cela un animo mefistofelico capace di distruggere, spezzare, uccidere ogni cosa che non gli piace, lo innervosisce, si mette in mezzo tra lui e quella che ora è sua madre.

Quando la protagonista dice ad amici e familiari che il bambino non è suo, la ignorano, quando mostra il bambino alla sua migliore amica, c’è un divertente siparietto sul “è tuo”, “non è mio” da cui si evince quanto per la società esista ancora lo stigma di madre che deve essere felice in quanto tale, stanca, forse, a volte, ma questo lo si deve dire a bassa voce, timidamente, quasi scusandosi perché la gioia supera tutto il resto. Lo spettacolo segna costantemente, ad ogni battuta, un nuovo percorso, reso più accettabile dal tono e dal genere della serie, che rompe schemi, sistemi riguardo il diventare madre, il non volerlo diventare e l’essere madre; è importante il fatto che il bambino diventa presto un mostro nonostante tutto, una sorta di serial killer che la aliena eppure lei appare sciogliersi di fronte a lui. Gli dà da mangiare, lo cambia, se ne prende cura, cerca sua madre e intanto Natasha cerca anche un po’ sé stessa, si fa anche storia sul corpo, un corpo che si trasforma, che nutre, che si stanca e a volte si sforma – in questo caso addirittura viene fatto a pezzi.

The Baby è una serie che sa sorprendere lo spettatore

The Baby gioca con lo scorretto e il sarcastico, elementi tipici delle produzioni britanniche e con la sua protagonista che è scorretta e sarcastica quanto la serie stessa, fuma, beve, impreca, dice ciò che pensa, anche troppo, ma la paura, la gentilezza nascosta, tra una lamentela e l’altra, fa intuire che c’è qualcosa di più dietro al muro che Natasha mette tra sé e il mondo. Questi primi due episodi, ben scritti, girati e interpretati, fanno capire che c’è ancora molto da raccontare sulla maternità, che non c’è un binario unico da seguire senza se e senza ma, ci sono tanti altri modi di essere madre e di narrarlo.

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