Se non avessi mai visto il sole: recensione dell’ipnotica serie taiwanese su Netflix

Se non avessi mai visto il sole: da Taiwan arriva una serie tv tra thriller, mistero e romanticismo che lascia col fiato sospeso.

Un giovane incappucciato mangia dei noodles dopo aver ucciso brutalmente il giovane che lo aveva appena servito: Se non avessi mai visto il sole comincia così, con un agghiacciante omicidio avvenuto in una notte imprecisata del 2014. Dopo la brevissima introduzione, che servirà ai fini della narrazione, la serie Netflix fa un salto temporale di nove anni, dove troviamo una ragazza che si è appena svegliata da un sogno vivido. La protagonista si chiama Chou Pin-yu (interpretata da Chaing Chi), una ragazza che lavora come assistente alla regia per una compagnia che produce documentari. In ufficio è una giornata particolare perché ci sarà un ospite altrettanto particolare: si tratta di Li Jen-yao (Tseng Jing-hua), che nove anni fa uccise il giovane proprietario del locale in cui si era fermato a mangiare. Il giovane è conosciuto anche come “Killer dei temporali” perché tutti i suoi omicidi sono avvenuti durante i temporali. La compagnia ha deciso di girare un documentario su di lui e spetterà proprio a Pin-yu interrogarlo. L’incontro con il serial killer affascina la giovane, che inizia a sognarlo. E non solo: comincia anche ad avere le visioni di una misteriosa ragazza in uniforme, Hsaio-tung. Qual è il legame tra questi personaggi?

Un puzzle intrigante e affascinante, forse adatto a pochi

Se non avessi mai visto il sole si affaccia sul panorama seriale in modo enigmatico; la produzione taiwanese è intrigante fin da subito grazie ad una trama che offre molte possibilità di sviluppo. Ma è anche furba nella sua distribuzione: i dieci episodi disponibili sulla piattaforma Netflix costituiscono la prima parte della storia, per lasciare allo spettatore il compito di assimilare per bene e trarre le sue prime conclusioni sulla vicenda. I protagonisti di Se non avessi mai visto il sole si mostrano pian piano al pubblico, e inizialmente non conosciamo molti dettagli su nessuno dei tre. Tuttavia, dopo il primo incontro tra Pin-yu e Jen-yao (che ricorda molto Il silenzio degli innocenti), la trama comincia a delinearsi: non è un caso che la strada della ragazza si sia incrociata con quella del criminale. Ben presto, le visioni della giovane protagonista iniziano a prendere forma: Jen-yao sta uccidendo i suoi ex compagni di classe, ma non è ancora chiaro il movente di questa scia di violenza.

La recitazione aiuta a tenere un alone di mistero per tutta la durata della messa in scena. Tseng Jing-hua è molto bravo a non lasciar trasparire nulla del suo personaggio; è enigmatico quanto basta, e non sappiamo mai fino in fondo se si sente colpevole o innocente degli omicidi commessi. Sembra addirittura prendersi gioco di Pin-yu, che è lì ad interrogarlo, e anche degli stessi spettatori. Chaing Chi contribuisce a creare una buona dinamica tra il suo personaggio e quello di Jing-hua. Invece, Moon-Lee è inquietante nel ruolo di Hsaio-tung, ma anche malinconica quando appare a Pin-yu.

Se non avessi mai visto il sole: valutazione e conclusione

Se non avessi mai visto il sole è una serie certamente ipnotica, che colpisce fin da subito. Il mistero dietro al serial killer tiene incollato lo spettatore, curioso di indagare a fondo su questo personaggio così oscuro e così silenzioso, di cui inizialmente sappiamo davvero poco. La scrittura in questo caso funziona molto bene, anche grazie a una buona caratterizzazione dei tre protagonisti. La serie taiwanese di Netflix è però anche molto complessa da seguire, e non è quindi adatta a tutti: ci vuole un occhio molto attento e una passione per i drama orientali, costruiti come se fossero una sorta di raffinato puzzle.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.4

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