Per sempre: recensione del teen drama di Netflix

Per sempre (Forever) era uno dei titoli Netflix più attesi del 2025, e dalla sua uscita sulla piattaforma streaming l’8 maggio 2025 resiste nella top ten delle serie tv più viste dagli utenti. Ispirata al best-seller di Judy Blume, dal titolo omonimo, e creata da Mara Brock Akil, per Forever è già ufficiale il rinnovo per una seconda stagione. Con Lovie Simone e Michael Cooper Jr., nei panni rispettivamente dei protagonisti Keisha e Justin, del cast fanno parte anche Karen Pittman, Wood Harris, Xosha Roquemore, Ali Gallo, Niles Fitch e Barry Shabaka Henley. Divisa in otto episodi Per sempre è un piccolo gioiello di Netflix, una serie tv che farà innamorare il pubblico teen e che sarà capace di attirare e appassionare anche altre fasce di età.

L’evoluzione dei teen drama che crea un nuovo modo per raccontare il complesso mondo dei giovanissimi

Forever

Se si può pensare che Per sempre sia un classico teen drama, con un tocco di comedy e che attraversi tutte le fasi del primo amore, non è esattamente così. In alcuni momenti Per sempre è estremamente drammatico, e lo è in ognuna delle varie aree di racconto che porta avanti. La serie tv Netflix è senza dubbio una storia d’amore, ma è principalmente la storia dei due personaggi principali: Justin e Keisha, che appartengono a due ceti sociali diversi, che hanno problematiche interne diverse e con due famiglie che sono profondamente diverse. Ci sono le incomprensioni, i piccoli litigi, una resistenza iniziale a lasciarsi travolgere da sentimenti mai provati prima, e, più di tutto, un’estrema, grave, dolorosa facilità nel fuggire dalle situazioni che appaiono nuove. Quelle che costringono a mettersi in discussione, a chiedere scusa, e ad accettare il perdono. La paura di soffrire è un terrore che in Per sempre ha una sola soluzione: chiudere i contatti, sparire, non sentirsi più.

È tanto incredibile e scioccante quanto brillante e acuto, che nell’era dei social, – in America più che in altri paesi – i giovanissimi utenti siano così pronti a interrompere le comunicazioni, a troncare i rapporti e a cessare ogni contatto ancor prima di parlare, chiarire o spiegarsi. Ma soprattuto dando l’impossibilità di farlo: piccoli torti e misunderstanding portano i due protagonisti a bloccare il numero dell’altro, ecco che non possono esserci messaggi, chiamate o interazioni. Eppure l’interesse è innegabile: è quindi la paura di soffrire? La nostalgia di momenti in cui tutto sembrava più gestibile, più semplice e non fuori dal proprio controllo? L’amore in Forever salva e distrugge, è qualcosa a cui aggrapparsi, ma che non può diventare il centro del proprio mondo, almeno non per sempre. E la vera maturità è accettarlo, comprenderlo. Capire che “bisogna stare bene prima con se stessi e poi con gli altri” è una di quelle frasi fatte più vere che esista.

Una storia d’amore, una storia di adolescenti, una storia di crescita e di rapporti familiari

Forever

In Per sempre a un certo punto ci si sveglia, dopo l’innamoramento e l’infatuazione, si fanno i conti con la consapevolezza che oltre all’amore, da adolescenti e non solo, c’è anche altro. Fare di una persona l’unica vera fonte di felicità può essere anche pericoloso. Per sempre parla così di moltissime altre tematiche: di black culture, di genitori invadenti che spesso non capiscono i figli, di revenge porn e di disturbi neuropsichici. Le pressioni sociali, familiari e anche culturali che i due ragazzi vivono, rappresentano, ancora una volta, l’adolescenza come uno dei periodi più difficili da superare. I protagonisti si amano mentre crescono e cambiano mentre il loro rapporto muta: l’inesperienza li allontana, la paura li porta a non capirsi e anche la sensazione, che si acquista nel tempo, che a volte l’amore non basta, fa sorgere dei dubbi, e ci si fanno delle domande. “Sei l’unico della mia famiglia che frequenterà l’università” dice il padre di Justin “l’hanno preso, ce l’abbiamo fatta” ripete la madre; “voglio vederti sfilare accanto al nuovo campione di basket” esclama la madre di Keisha.

La suggestione e la funzione che viene conferita all’aspetto della genitorialità in Per sempre appare tutt’altro che positiva. C’è sempre come intenzione quello dell’amore verso i propri figli, volere il meglio per loro, ma viene tutto fortemente danneggiato dal tema per eccellenza quando di parla di adolescenti. Dal Nord Europa alla Gran Bretagna, dagli Stati Uniti all’Italia se si trattano dinamiche giovanili c’è sempre il peso minaccioso dell’incomunicabilità. Figli che non parlano con i propri genitori, ragazzi che non parlano con altri ragazzi e un’atmosfera di totale ignoranza di ciò che si nasconde dietro un sorriso, dietro un silenzio e dietro un gesto di conferma. Gli adulti di Forever vivono nella totale convinzione di sapere quale possa essere il futuro migliore per i propri figli, proiettando spesso ambizioni e aspirazioni che loro stessi avevano, hanno realizzato o non sono riusciti a portare a termine. E se fin qui non c’è niente di nuovo, la costrizione, la pressione e la difficoltà di comunicazione, in Per sempre, vengono perfettamente mostrate come una morsa stringente dal quale si tenta incessantemente di districarsi.

Gli adulti e i genitori in Per sempre sono quindi anche loro schiavi e vittime dell’incomunicabilità

Forever

I genitori parlano così per i figli e scelgono per i figli, trovandosi improvvisamente di fronte ad un adolescente diventato adulto che cerca di farsi ascoltare. Cercando cioè a stento di superare quell’invalicabile terreno di comunicazione, dove questa sembra essere il male peggiore. Eppure l’obiettivo è sempre nobile, comprensibile, ovvio. Ecco che se il target di riferimento di Per sempre è quello degli adolescenti, anche i post-adolescenti e i giovani adulti troveranno non solo l’empatia, ma anche l’immedesimazione propria di una storia che, indubbiamente, coinvolge, e che, stilisticamente, è apprezzabile poterla riconoscere in prodotti del genere. Per sempre si snoda e procede nelle case e nei quartieri dei due giovani protagonisti: nella villa con piscina di Justin e nell’appartamento più modesto di Keisha, al campo di baseball, nelle palestre delle scuole, nell’isola del Massachusets di Vineyard tra case sulla spiaggia, fienili decorati per notti romantiche lontano da tutti e serate di lusso nella zona di Santa Monica organizzate dalla Howard University.

Per sempre: valutazione e conclusione

Forever

Se all’inizio, nei costumi e nelle acconciature, Per sempre è un tipico teen drama, quando passano i mesi e i ragazzi crescono, fisionomia ed esteriorità si modificano: c’è un’eleganza, una cura, una ricerca nei materiali, nei tessuti, nello stile, che inizia a dar vita a una personalità che si sta formando. A un maggior desiderio di mostrarsi, di essere se stessi, di non aver più paura. Allo stesso modo alle uscite pomeridiane sotto il sole di Los Angeles, Justin e Keisha hanno la libertà di passare molti più momenti insieme, documentando ogni istante della loro storia che quasi potrebbe diventare virale online. Ma che è anche la prova dell’ultimo anno prima del college, di una vicinanza che non potrà essere più la stessa. Quando a dividerli saranno impegni, chilometri e dye vite lontane. Il college, il vivere fuori casa che negli Stati Uniti è un vero e proprio momento di passaggio, in Forever viene raccontato con tutte le sue ansie, le sue inquietudini e apprensioni.

Mentre la fotografia patinata dei primi episodi dove la freschezza della gioventù è più evidente, anche se non sempre semplice da riconquistare quando si è convinti di averla persa, le luci soffuse e la frenesia di un’estate da vivere al massimo, che deve essere indimenticabile, sono quel varco di età adulta che si sta aprendo di fronte ai due protagonisti. Un cambiamento drastico che si percepisce nella messa in scena e che si inizia a intravedere da un tecnologico escamotage creativo per descrivere il passaggio del tempo, che però non interessa la regia. Riprese, inquadrature ed espressività dei movimenti di macchina rimangono quelle del tipico teen drama che restituisce verosimiglianza, chiarezza e spontaneità nei dialoghi e nei sentimenti, senza dimenticare il candore, l’ingenuità e l’impedimento di disinvoltura degli sguardi. Con occhio attento a quella purezza e innocenza dell’infanzia, che da adolescenti si trasforma in un disperato bisogno di accettazione, approvazione e fiducia in se stessi.

Leggi anche Reservatet – La riserva: recensione della serie Netflix

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.3

Tags: Netflix