Nove perfetti sconosciuti – stagione 2: recensione del finale

Il secondo capitolo di Nove perfetti sconosciuti, serie tv trasmetta in Italia su Prime Video con star Nicole Kidman, aveva avuto una première davvero sorprendente. Dove oltre ad un opportuno cambiamento di direzione, c’erano degli ottimi protagonisti e il presagio di un tono più thriller, più oscuro e che avrebbe reso l’intero operato del personaggio di Masha adeguatamente in pericolo. Tratta dal romanzo di Liane Moriarty e con un cast eccelso composto da Murray Bartlett, Henry Golding, Christine Baranski, Annie Murphy, Mark Strong, Dolly de Leon, Lena Olin, King Princess, Maisie Richardson-Sellers, Aras Aydin e Lucas Englander, la seconda stagione di Nove perfetti sconosciuti non soddisfa del tutto le alte aspettative che si avevano dall’incipit, e si riconferma una serie imperfetta, con una costruzione della trama che perde di ritmo, ma con una recitazione e una sceneggiatura che ne meritano la visione. Per questo secondo capitolo anche l’ambientazione è di un fascino, un’eleganza e un’attrattiva non indifferente.

Nove perfetti sconosciuti cambia strada, tono e stile

Nove perfetti sconosciuti - cinematographe.it

Il tratto ironico e da commedia viene completamente lasciato da parte e come si presagiva dalla première la seconda stagione di Nove perfetti sconosciuti è senza dubbio più dark della prima. I personaggi vengono portati al limite attraverso le cure psichedeliche di una Masha sempre più magnetica, persuasiva e determinata ad essere la fautrice dell’incontro inarrestabile tra scienza e magia, spiritualità e concretezza, la fede e la sua nemesi. Questa volta però, e da qui la vera differenza che, per fortuna, si tratteggia in questo secondo capitolo, esistono dei legami che man mano si scoprono tra i vari personaggi, non quelli che si instaurano, ma quelli che rivelano la condivisione di un passato. Un passato che li rende comunque sconosciuti, ma accomunati dall’odio verso chi è assertore e fondatore del trauma che li rende i più idonei ospiti di Masha. 

Un qualcosa che sembra attestare, più o meno certificato, che l’impronta antologica ha, di per sé, la possibilità di subire più modifiche rispetto a qualsiasi altro genere. Le cure psichedeliche ci sono, i veri e propri “trip” che i protagonisti vivono non mancano, anzi forse addirittura si esagera da quel punto di vista, soprattutto considerando che era ciò che di meno innovativo caratterizzava la prima stagione. E che si è già ampiamente visto. Riproporlo allo stesso modo non sortisce infatti alcun effetto. Inoltre rallenta tutta la parte centrale, rendendo le vere puntate interessanti e coinvolgenti solo le prime le ultime due. Negli episodi intermedi vive solo l’affezione per delle figure principali davvero ben riuscite, con una recitazione che riesce ad essere struggente, intensa, emotiva, sensibile ed empatica. Da Murray Bartlett a Mark Strong, da Aras Aydin a Maisie Richardson-Sellers, la recitazione è un piacere da guardare.

La novità dello show Prime Video che lo salva da un torpore che si percepisce

Nove perfetti sconosciuti

Il vero dettaglio rivoluzionario, che è tale nello show Prime Video, ma non nella serialità, è il nuovo congegno allucinogeno di Masha. Una possibilità di rivivere i ricordi, sulla scia di Black Mirror, dove “rivivere” è intenso nel senso più letterale del termine. Una possibilità, nel caso di Nove perfetti sconosciuti, di rivivere il trauma, figlio dell’esperienza e di un vissuto che, a quel momento doloroso e decisivo, si è fermato. Questa volta però il trauma è ripartito, partecipato, congiunto. E la serie si concentra infatti sull’incarnazione di tutti i mali, il comune denominatore che è ingordo, vorace, sordido e apatico, avido e desideroso solo di raggiungere il potere, il successo, il comando. E che in ogni affanno altrui vede un’occasione per sé. E nell’attinente correlazione all’oggi questa è la guerra. 

La guerra con le sue armi di distruzione di massa, con il suo “necessario”, “obbligato”, consenso di colpire i civili per colpire un Paese; è chi costruisce bombe, stermina famiglie e continua, indisturbato, a dirsi, ogni giorno, che non c’erano alternative. A chi ha quindi le mani sporche di sangue senza aver mai premuto un grilletto o un pulsante. Nella personificazione di chi li ha bloccati in uno stato di totale interruzione e sospensione, Masha ha più di una meta. La vendetta, la guarigione dei suoi pazienti e l’espansione dei suoi metodi curativi. Il vero filo conduttore di Nove perfetti sconosciuti è Masha e lo sarà anche se dovesse esserci una terza stagione. Non i sistemi di guarigione, non le tecniche più rischiose, e neanche sostanze o procedimenti che la renderebbero un’assassina. 

Nove perfetti sconosciuti: valutazione e conclusione

Nove perfetti sconosciuti

Nove perfetti sconosciuti si concentra così sul passato della sua protagonista e sui suoi demoni che occupano mente psiche, che la perseguitano e che l’hanno portata sulla strada di un castigo da dover infliggere. La fotografia si muove tra paesaggi innevati e una villa a tre piani che si erge come unico baluardo di civiltà, in mezzo a una natura incontaminata. I colori predominanti sono il blu e il bianco degli esterni, e il beige e il marrone degli interni, tra colori freddi che ricordano località invernali e climi rigidi e costruzioni classiche dove si respira un’atmosfera d’altri tempi. La macchina da presa è così attratta dal mostrare e dall’illuminare, cercando di separare soggetto e sondo. Presente e passato, ricordo psicologico e ricordo fisico. 

Perché quando l’inquadratura è un primo piano e riprende i volti, lo spettatore deve avere ben chiaro quale implacabile tempesta stia vivendo il personaggio dentro di sé. E qui torna l’eccellente caratterizzazione dei protagonisti. La sceneggiatura è degna di nota, nelle sue battute credibili, realistiche e non ricercate, e al tempo stesso elegiache, poetiche e a volte brucianti, nate spesso dalle corde vocali di una Masha lirica, ispirata e sentimentale in tutto ciò che sfiora appena. Il tono più brillante si ripresenta improvviso e per questo discordante sul finale, forse a ricordare che alla fine Masha è una persona che adora vincere. E che nel farlo, si prende ognuna delle soddisfazioni che le spettano. Facendo sorridere e assaporare a tutti la mordente arguzia della vendetta.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

3.1