Murderville: recensione della serie Netflix con Will Arnett

Affidandosi completamente alle capacità di improvvisazione dei suoi interpreti, Murderville si muove fra episodi sorprendenti ed altri un po' fiacchi, risultando un esperimento riuscito a metà.

Murdervilleserie Netflix in 6 episodi – è un prodotto di difficile definizione. A partire dal genere di riferimento, una miscela esplosiva di comedy e crime, resa “stabile” da una grandissima dose di improvvisazione. Lo show, infatti, narra delle (dis)avventure del detective della omicidi Terry Seattle (Will Arnett) al quale viene affidato uno “stagista” diverso in ogni puntata, interpretato da una guest star (Conan O’ Brien, Marshawn Lynch, Kumail Nanjiani, Annie Murphy, Sharon Stone, Ken Jeong). L’ospite, però, non ha un copione ed è “costretto” ad improvvisare per tutta la durata della trama – che però difficilmente si protrae oltre i trenta minuti. Disponibile dal 3 febbraio, Murderville è quindi un prodotto decisamente atipico per gli standard della piattaforma streaming.

Murderville: la forma è la sostanza

Murderville recensione - Cinematographe.itUn detective, una guest star, un omicidio da risolvere, tre sospettati ed una sola regola: ad identificare il killer sarà unicamente lo stagista. Sono questi gli elementi al centro di ogni singolo episodio di Murderville. Una formula che si arricchisce ad ogni puntata ma che, allo stesso tempo, rischia di risultare ripetitiva. In uno show basato unicamente sull’improvvisazione, la forma diviene infatti sostanza e la sostanza ha bisogno di basi solide.
Il pilot della serie sancisce sin da subito le leggi del gioco. Lo spettatore, però, ancora non lo sa e si lascia trascinare all’interno di un episodio ben calibrato e costruito, complice anche la straordinaria interpretazione di Conan O’ Brien. Dal secondo episodio ci si inizia però a rendere conto che – forse – la formula sarà sempre la stessa e si comincia a ricercare una comicità sempre più sarcastica ed incisiva. Fra un umorismo che raggiunge derive scatologiche nell’ultima puntata, travestimenti – lo stagista deve interrogare almeno uno dei sospettati sotto copertura – e numeri sempre più inverosimili, Murderville procede fra alti e bassi. Fino all’epilogo, che conclude una trama labile ma riconoscibile e che permette a Teddy Seattle di avere finalmente il suo momento di gloria.

Murderville: l’importanza della prima puntata per la dinamica della serie

Murderville recensione - Cinematographe.itParlare di Murderville è parlare, soprattutto, dei suoi protagonisti. A cominciare da Teddy Seattle. Depresso, ossessionato dai propri fantasmi e dal proprio passato, eccentrico e sopra le righe, il detective della omicidi diviene il perno intorno al quale far ruotare le performance delle singole guest star e, di conseguenza, del resto dei personaggi. Will Arnett improvvisa, depista, porta avanti richieste improbabili. E gli “stagisti” non possono far altro che trovare un proprio ritmo, una linea da seguire per tutta la durata della storia. Non tutte le guest star, però, riescono a reggere al meglio il gioco. La performance migliore è sicuramente quella di Conan O’Brien (conduttore e comico irlandese naturalizzato statunitense), in grado di prendersi l’intera scena e di improvvisare battute e modi di fare, in costante equilibrio fra una comicità più “popolare” – la (poca) sceneggiatura scritta verte sempre in quella direzione – e un umorismo spiccatamente british. Grazie anche alla novità della formula, il pilot resta quindi un punto di riferimento irraggiungibile per il resto dello show – e delle guest star. Krister Johnson, lo showrunner della serie, scrittura infatti ospiti provenienti da ogni ambito e non solo dal mondo del cinema e della tv, nel tentativo di costruire un prodotto il più eterogeneo possibile. Le puntate, poi, sono state ideate in un ordine che permette di calibrare al meglio l’andamento dell’intero progetto.

Murderville: il ritmo della serie è dettato dalle sue guest star

Murderville recensione - Cinematographe.itAd uno strabiliante esordio segue poi una puntata decisamente più fiacca, che vede come guest star il giocatore di football americano Marshawn Lynch. Lynch gioca sulla sua fisicità e su molteplici luoghi comuni, non riuscendo però a brillare e finendo “schiacciato” dalle interpretazioni del resto del cast.
La terza puntata vede come protagonista Kumail Nanjiani (Silicon Valley, The Big Sick, Eternals). L’attore di origini pakistane costruisce il personaggio più memorabile dell’intera serie, facendo emergere tutta la sua capacità improvvisativa. L’episodio, però, introduce in maniera molto marcata una comicità a tratti volgare, che sovrasta l’equilibrio della puntata meglio costruita dello show ed imbriglia il suo interprete in atteggiamenti quasi macchiettistici. Stessi problemi che si riscontrano nell’episodio finale – qui il protagonista è Ken Jeong (Community, Una notte da leoni). Tra un inizio folgorante ed un epilogo sorprendente ma un po’ troppo “caricato” Murderville trova forse il suo equilibrio negli episodi centrali, affidati ad Annie Murphy – vincitrice di un Emmy e di un SAG per il suo ruolo in Schitt’s Creek – e alla diva del cinema mondiale Sharon Stone. Travolgente l’una, distaccata l’altra, entrambe confezionano una performance impostata e mai eccessiva, in grado di fare da contraltare non solo alla strabordante comicità di Will Arnett ma anche all’intera serie. Attrici, prima che comiche.

Murderville, quindi, arricchisce il catalogo Netflix di un progetto interessante e a tratti innovativo, che però risente fortemente delle differenti capacità interpretative dei singoli protagonisti. Un esperimento destinato a rimanere probabilmente unico – al momento non è prevista una seconda stagione – che segue la formula del procedural crime per arricchirsi in ogni puntata di elementi comedy sempre diversi. Lasciando però nello spettatore la sensazione che si sarebbe potuto osare di più.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2
Recitazione - 3.5
Sonoro - 2
Emozione - 2.5

2.7

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