Mo: recensione della serie tv Netflix che racconta l’integrazione col sorriso

Da 24 agosto 2022 su Netflix Italia la prima stagione della serie TV Mo, prodotta dai comici Mo Amer e Ramy Youssef.

Protagonista, sceneggiatore e produttore di questa serie diretta da Solvan “Slick” Naim, lo stand-up comedian palestinese-americano Mo Amer confeziona una commedia esilarante e commovente al tempo stesso, capace di consegnare allo spettatore le vicissitudini quotidiane di una famiglia palestinese alle prese con l’ottenimento dell’asilo politico.

Gli otto episodi di trenta minuti ciascuno scorrono piacevolmente davanti agli occhi del pubblico che vive la sensazione di entrare a far parte della famiglia di Mo – bizzarra quanto resiliente – composta dalla madre (Farah Bsieso), fervente credente, dal fratello maggiore (Omar Elba) affetto da Sindrome di Asperger e caratterizzato da un’irresistibile sincerità senza filtri, e dalla sorella.

Innamorato della fidanzata Maria (interpretata dall’attrice messicana Teresa Ruiz), Mo risiede a Houston, in Texas, con la sua famiglia. Il giovane, autoironico e intraprendente, desidera dare il massimo per onorare il ricordo del padre Mustafà, morto anni prima, dopo essere riuscito a condurre i suoi cari in terra statunitense.

Originario di Hayfa e giunto negli Stati Uniti da bambino, Mo non ha ancora ottenuto asilo politico, e fa di tutto per accaparrarsi la tanto agognata cittadinanza americana: abile venditore, si arrangia trovando impieghi  di ogni sorta, lavora in uno strip club, si caccia nei guai trovandosi suo malgrado coinvolto nei traffici illeciti del criminale Dante, e finisce persino per abusare del lean e mettere in crisi la relazione con Maria. Grazie alla sua intelligenza e alla spietata ironia che lo accompagna, riesce però sempre a farla franca.

Mo: la serie TV Netflix è un racconto di integrazione, fede e cultura a suon di risate 

Mo Cinematographe.it

Musulmano praticante, come tutta la sua famiglia, Mo Najjar ironizza sugli stereotipi della religione mostrando, tuttavia, una grande fede, e ci racconta la sua vita con flashback e ricordi che toccano i tempi dell’infanzia; la fuga dal Qwait, nel 1991, in piena Guerra del Golfo, il suo complesso percorso di integrazione e gli sforzi per mantenere la promessa fatta al padre da bambino: “proteggere la famiglia” senza mai perdere la speranza. 

Figlio di due terre e due colture, il ragazzo farà di tutto per tener fede alla parola data, mostrandoci il suo modo ironico e coraggioso di prendere di petto le difficoltà. Tenta di fare il duro, ma in fin dei conti è solo una maschera: Mo è animato da sentimenti profondi

Difende le proprie tradizioni (così come l’hummus palestinese nell’esilarante scena del supermercato) decantando il sapore dell’olio d’oliva materno, trait d’union tra la loro terra d’origine e la vita che si ritrovano a vivere (Mo infatti finirà per lavorare alla raccolta delle olive nella fattoria di Buddy).

La serie, col suo linguaggio (visivo e non) snello e immediato, ci offre un mix di idiomi, presentandoci dialoghi in spagnolo e accesi scambi in lingua araba. “Habibi”, sentiamo ripetere spesso nel corso delle puntate. Parola araba che ha attraversato i confini per giungere ad essere compresa un po’ ovunque, habibi significa “amato”, “amore” e sta a indicare una persona cara alla quale si è legati sentimentalmente, ma anche da amore filiale, amicale o paterno.

Ed è proprio l’amore sincero e incondizionato – per le proprie radici e per il proprio credo- che a suo modo Mo riesce a testimoniare. “Prenditi cura della tua famiglia, sempre”, questo l’insegnamento lasciatogli dal padre e in nome del quale il giovane, oggi, orienta ogni propria azione: proteggere i propri cari anche nelle difficoltà e affrontare le storture della vita – e le sue piccole, grandi ingiustizie – sempre con il sorriso sulle labbra.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4.5

3.9

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