Love Club: recensione della serie Prime Video

Ciò che emerge chiaramente con Love Club è il desiderio di ampliare lo sguardo, mostrare narrazioni diverse, che hanno come parola d'ordine inclusione

Un luogo in cui si incrociano e si mescolano vite e storie. Un posto dove non sentirsi più soli. Questo è Love Club, il protagonista dell’omonima serie, scritta da Silvia Di Gregorio, Bex Gunther e Denise Santoro, penne autrici emergenti della comunità LGBTQ+ in grado di narrare difficoltà e realtà dei giovani di oggi, assieme a Veronica Galli e Tommaso Triolo, e diretta da Mario Piredda. Love Club, miniserie prodotta da Tempesta – casa di produzione cinematografica a capitale anglo-italiano, di area bolognese, che negli ultimi anni ha prodotto Le meraviglie e Lazzaro felice di Alice Rohrwacher e Ariaferma di Leonardo Di Costanzo -, arriva sulla piattaforma Prime Video il 20 giugno 2023, in occasione del mese del Pride per celebrare l’importanza della lotta per i diritti LGBT e l’orgoglio lesbico, gay, bisessuale e transgender. La serie entra tra le pieghe delle relazioni, delle esistenze delle persone che abitano la comunità con i quattro episodi, interpretati dagli esordienti Veronique Charlotte, Alessio Lu, Ester Pantano, Rodrigo Robbiati, che mostrano quanto sia importante per loro il club e tutto ciò che ruota intorno ad esso. 

Love Club: un piccolo mondo da cui emergono grandi storie

Luz: “Ciao Love Club, sono Luz, la proprietaria del locale. Vi risparmio le rotture burocratiche ma il locale che amiamo tanto rischia di chiudere ma questo non deve succedere. Il Love Club è tutto, non solo per me, io vi vedo, vi vedo quando entrate, brillate, chiunque entri da quella porta, entra a far parte della nostra famiglia ed è della nostra famiglia che abbiamo bisogno ora, di un luogo, di una casa da abitare dove sentirci finalmente liberi di essere chi siamo.”

Questo è il pretesto narrativo – la chiusura per motivi economici, del locale queer, nella periferia di Milano – da cui poi parte la serie, drama antologico che porta al centro quattro storie indipendenti, tenute insieme da quel nido, locale della periferia milanese frequentato dalla comunità queer. La struttura narrativa della sceneggiatura è dunque antologica, in ogni episodio seguiamo le vicende di un personaggio, che poi cede il passo a quello successivo.

Luz è proprietaria del locale sotto sfratto, è impegnata a giostrarsi tra problemi con la famiglia – i problemi con la madre -, quelli con la ragazza – che vorrebbe con lei una relazione esclusiva mentre lei ha paura di essere limitata nella sua libertà e indipendenza -, quelli con il lavoro. Tim, immigrato di seconda generazione, lotta con la salute mentale, tematica sempre complessa da narrare perché ancora un tabù per molti versi. Rose non trova il coraggio di esibirsi su un palco, nonostante le sue incredibili doti di cantante, ereditate e condivise con il padre, morto da tempo, e per passare il tempo lavora come cam girl. Zhang, dirigente di banca, benestante, che non è solito frequentare locali queer come il Love Club, sogna di esibirsi come drag queen. Sono loro i protagonisti di un racconto moderno e immerso nella società di oggi, libera, aperta, inclusiva. Certo, spesso è difficile “fuori”, mentre al Love Club, un posto dove sesso, amore e amicizia che percorrono strade a cui non avevano mai pensato, in cui l’unico scopo è essere felici, senza etichette e schemi cataloganti, tutto è più semplice, tra quelle mura si sentono liberi di esprimersi, senza paura di essere giudicati o derisi, espulsi da chi li ama o dovrebbe amarli.

Love Club non mostra un mondo idilliaco, mostra invece paure e fragilità che esistono ma c’è un abbraccio in cui ogni ferità e livido vengono leniti.

Una serie sincera e onesta che con semplicità narra la quotidianità del mondo queer, senza pregiudizi

Ciò che emerge chiaramente con Love Club è il desiderio, come è già successo con Prisma e con Maschile singolare, di ampliare lo sguardo, mostrare narrazioni diverse, che hanno come parola d’ordine inclusione. Luz, Tim, Rose e Zhang vivono le loro vite, complesse, distrutte, ingarbugliate. C’è Luz che ha paura di vivere la relazione con Roberta, c’è Tim limitato dalla rabbia, dall’ansia ed è per questo che non riesce a fare il Dj, manda messaggi all’impazzata quando non riesce a parlare con il ragazzo che gli piace o lo sfianca con migliaia di chiamate, c’è poi Rose che ha cancellato il sogno di diventare cantante dopo la morte del padre, c’è infine Zhang che sogna di esibirsi come drag queen ma per farlo deve trovare la forza di affrontare un compagno violento.

La serie è onesta e sincera, indaga tematiche complesse e lo fa con amorevolezza, senza pregiudizi privi di senso, mostra un mondo spesso narrato in modo stereotipato dal contemporaneo: la storia di Zhang ad esempio è una carezza tra le lacrime, un dipinto delicato e profondissimo che non elimina il dolore con cui Zhang fa i conti, si immerge in esso, nei suoi occhi e nelle sua pelle di porcellana. Tutto cambia nella vita del giovane, quando, una sera, entra nel Love Club e, incontrando gli altri, guardando ciò che gli sta attorno e che prima gli era “straniero”, scopre qualcosa di sé, capisce che si trova di fronte alla possibilità di conoscere sé stesso e di intraprendere un nuovo, personale coming out non solo con sé ma anche con il mondo.

Il protagonista ha un compagno più grande di lui limitante e controllante – solitamente nelle narrazioni è più usuale, secondo un cliché, vedere uomini violenti nei confronti delle donne o assistere al difficile rapporto della madre con il figlio che fa coming out o che ammette di voler fare la drag queen, qui invece è il fidanzato ad essere abusante e limitato -, spesso l’uomo lo umilia e lo deride nel momento in cui gli esprime il desiderio di voler salire sul palco, è violento prima solo a parole, poi anche con i fatti. Vedere il modo in cui Zhang litiga con sé stesso e con il mondo (il padre in passato, ora il fidanzato) per affermare la propria identità e far nascere la sua alter ego è molto commovente, tanto che lo spettatore si sente partecipe delle sue emozioni. Fondamentale per Zhang oltreché Love Club, quinto personaggio della serie o per meglio dire vero e proprio protagonista, è la nipote che lo aiuta, smuovendolo dal suo granitico timore, spingendolo a scegliere sé stesso, sempre e comunque, gli cuce i vestiti – un abito della madre – per lo spettacolo, gli regala un bellissimo ventaglio che Zhang intende usare per la performance.

Interessante è anche la figura di Rose che fa la cam girl, in questo caso la serie mette in campo un argomento importante: il consenso. Dopo una serata al Love Club, Rose torna a casa con un ragazzo che crede di poter fare con lei qualunque cosa in quanto cam girl che si esibisce in spettacoli erotici o pornografici. Lei si blocca, pretende rispetto e di non essere giudicata. Non è un oggetto, è una donna che conosce il desiderio e che è parte integrante dell’atto.

Di grande interesse è anche la fragilità di Tim; il racconto della salute mentale è urgente perché nella società odierna si fatica ancora, purtroppo, per fortuna non sempre, a parlare di ciò e di quanto sia necessario prendersi cura della propria mente come ci si prende cura di tutto il resto. 

Il Love Club è luogo dove sesso, amore e amicizia si declinano in maniera imprevista e senza regole, posto talmente necessario per le persone che ci vanno da diventare motivo (Rose, Tim e Zhang sono frenati ma appena sanno che c’è uno spettacolo a cui partecipare, iniziano a riflettere) e spinta per crescere, facendo passi da gigante nella propria formazione, i giovani e le giovani imparano a lasciare a sé la possibilità di essere e di evolversi. Il club è il nucleo attorno al quale orbitano tutte le altre figure, si incontrano e si sfiorano in un percorso che le vede affrontare sé stesse, le proprie angosce, i propri fantasmi e le loro paure.

Love Club: valutazione e conclusione

Love Club dà voce alle storie e alle persone silenziose, a tutte quelle persone che vivono accanto a noi, ai nostri amici, ai fratelli e alle sorelle, che prendono il caffè nel bar sotto casa e raccontano proprio a noi del fidanzano violento, della ragazza che hanno tradito perché temono di perdere la propria libertà. Storie come queste sono importanti perché non iniziano e non finiscono con il coming out, sono fatte di quotidianità, di problemi di lavoro, di difficoltà di tutti i giorni che contribuiscono in qualche modo a costruire l’identità dell’individuo e a empatizzare sentendosi anche parte di ciò a cui si assiste. Love Club ha lo scopo di far sentire un po’ meno soli e meno invisibili con una narrazione che apre la rappresentazione includendo chi spesso non è inserito nel “gioco”.

La produzione di una serie queer come Love Club nelle mani di Tempesta sembra avere come scopo quello di trattare in modo “giusto” tematiche, linguaggi e rappresentazione LGBTQIA+, è fondamentale sottolineare che la ricerca del cast aveva come priorità quella di essere realistica – si è fatto quindi uno street casting. Rappresentazione e Visibilità Vanno di pari passo e quindi una serie come questa e con questi presupposti è utile per la comunità e anche per chi non ne fa parte: una rappresentazione più ampia implica una maggior inclusività e libertà per tutti.

Le piccole e grandi storie di Luz, Rose, Zhang e Tim, una sorta di comizi d’amore, e non solo, anche di lavoro, di famiglia, di vita, mirano a rompere schemi vecchi, triti e ritriti, sciogliere nodi e portare a respirare chi era in assenza d’aria. Love Club è una carezza, un piccolo racconto verso cui non si può non avere tenerezza perché il coraggio di essere, di scegliere, di fare è quel gesto di libertà che smuove montagne.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.5