L’assistente di volo: recensione della serie tv con Kaley Cuoco

Un drink di troppo, un hotel di lusso, un morto ammazzato e Kaley Cuoco.

Kaley Cuoco, la star di The Big Bang Theory, interpreta Cassie, una hostess che trascorre la notte a Bangkok con un passeggero del suo volo, un certo Alex Sokolov, rampollo di una famiglia importante. Si risveglia la mattina dopo nell’hotel, nella camera da letto, vicino al corpo senza vita dell’uomo con cui ha passato la serata e la notte, senza ricordarsi nulla di ciò che è successo. Cassie, in panico, pulisce la stanza, cancella le tracce, ma è difficile scappare da ciò che è accaduto, sbarcata a New York, viene interrogata dall’FBI, che sta facendo domande un po’ a tutti i potenziali testimoni. Lei però non ricorda nulla di quella notte perché aveva bevuto e inizia ad avere delle inquietanti allucinazioni che la tormentano e la spingono a investigare. Chi ha ucciso Alex? Cassie è innocente o colpevole? Questo è il centro di L’assistente di volo (1 luglio 2021) che inaugura il canale Sky Serie; la serie, l’apprezzatissimo thriller dai risvolti da dark comedy firmato da Steve Yockey (Supernatural) per HBO Max, tratto dall’omonimo romanzo bestseller di Chris Bohjalian arriva in Italia per far innamorare il pubblico.

L’assistente di volo: una dramedy che si fa comedy oscura

La serie, in otto episodi, è la storia di come un’intera vita possa cambiare in una sola notte. Tutto è spiegato già dal suo nome, lei è una Cassandra moderna che come accade per la protagonista del film, Una donna promettente, ha una spada di Damocle da portare sopra la testa, conosce molte verità ma nessuno le crede; sì, perché a poco a poco Cassie inizia a farsi delle idee su cosa sia successo quella notte, inizia a investigare, smuovendo le acqua torbide fin dall’inizio. La protagonista come una bambina che cerca di completare un puzzle tenta di mettere a posto le piccole tessere che emergono dal suo cervello assopito e allo stesso tempo deve scontrarsi con il suo passato, andando a ritroso passandolo al microscopio. Cassie dovrà anche scusarsi e scusare, scendere a patti con la sé bambina per andare avanti e crescere probabilmente; emergono delle domande e i flashback ci danno alcune risposte: perché Cassie affoga i dispiaceri nell’alcool? C’è una qualche eredità dolorosa che si porta dietro? Si ha l’impressione che si trovi in un momento fondamentale della sua vita, il bisogno di risolvere la propria situazione mentre ha il desiderio primitivo (e molto umano) di annebbiarsi di vodka fino a che non sarà tutto sparito, come ha fatto fino ad ora.

La storia che all’inizio appare come una dramedy si fa comedy nera con ombre da thriller. Quella notte, i cui protagonisti sono Cassie e Alex, è finita malissimo, in un bagno di sangue, e lo spettatore viene portato nel buco nero di Cassie bloccata in un totale blackout di memoria, assieme a lei è di fronte a quel puzzle difficilissimo, dagli infiniti pezzi. Cassie per comprendere chi ha ucciso Alex finisce in un mondo parallelo, altro, lontano in cui parla con Alex. Quell’uomo per lei diventa ancora di salvezza, grazie a lui riesce ad aprire le porte del recente passato e salvarsi forse dall’accusa, a trovare strade per scovare il colpevole. Quello spirito, un doppelgänger, uno degli archetipi narrativi del genere, che viene dall’aldilà o dalla sua coscienza gioca con gli ambienti, con ciò che avviene nella realtà, in scena, e il rapporto tra Cassie e Alex diventa importante.

La regia mira a spaesare lo spettatore e la stessa Cassie per poi fare in modo che rivedano la luce ma solo per pochi istanti perché il giallo è molto più complesso di quanto si possa credere. Si fa un uso esagerato del flashback, confusi, quasi delle illuminazioni, perché lo spettatore deve provare ciò che prova Cassie in una tempesta di immagini del passato, di episodio in episodio la tensione si fa sempre più alta e a sostenere il tutto c’è la musica. Si accentua questo modello e solo alla fine verranno svelati il colpevole e le colpe di Cassie. Accanto a lei ci sono la migliore amica avvocato Annie (Zosia Mamet, molto lontana dalla Shoshanna di Girls) che la accompagnerà nella ricerca delle verità, Davey, il fratello di Cassie, con cui ha un rapporto complesso (T.R. Knight, il George di Grey’s Anatomy). Tutti ruotano intorno alla protagonista, interpretata dalla bravissima Kaley Cuoco.

L’assistente di volo: un thriller che diventa seduta psicanalitica che lenisce le ferite

La costruzione degli episodi ha uno scopo, attrarre lo spettatore, pensiamo ai vari cliffhanger, caratteristica del genere crime, la storia non è solamente un giallo ma si fa anche seduta psicanalitica e mezzo attraverso cui elaborare il lutto – non accetta la morte di Alex, non la capisce -; solo con questo percorso la protagonista potrà dialogare con la sé bambina e con i suoi fantasmi. L’assistente di volo è una narrazione che gioca però anche con l’ironia più nera, con il carisma di Kaley Cuoco che grazie al suo passato, alla sua Penny di The Bing Bang Theory, interpreta alla perfezione Cassie, un personaggio amabile e insopportabile, affascinante e divertente al tempo stesso.

Cuoco è capace di portarci nel sangue e a farci sorridere per le sue cadute, per i suoi errori, è in grado di parlarci dei suoi dolori e del suo essere profondamente umana. Uno degli elementi fondamentali è il caos che vive dentro Cassie e che di conseguenza vive anche lo spettatore perché è impossibile pensare razionalmente a ciò che è accaduto.

L’assistente di volo è un racconto teso, godibile grazie alla scrittura e anche alla sua protagonista, lo spettatore è spinto ad andare avanti nella storia per capire chi sia il colpevole e cosa centri Cassie.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4
Emozione - 4

4.1

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