Irish Crime: Omicidi a Galway – stagione 2: recensione della serie TV

Irish Crime ritorna sugli schermi con la sua nuova stagione, ricca di tensione ma anche di sottigliezze psicologiche: i nuovi episodi non deludono le aspettative.

Irish Crime ritorna sugli schermi di Sky Investigation con la sua stagione 2: la stagione 1, uscita con la sua prima puntata nel 2019, è andata avanti con andamento piuttosto incerto. Le uscite distanziate nel tempo sono andate in onda a coppie ma a distanza di due anni l’una dall’altra, gravando sugli ascolti di questa fruibile serie tedesca ambientata – come suggerisce il titolo – nella verde Irlanda. In particolare, possiamo apprezzare tra le location lo scenario spettacolare della piccola Galway, vicina alla Cliffs of Moher, una scogliera naturale mozzafiato popolare nel paese e meta di pellegrinaggio turistico .
La serie TV arriva sugli schermi italiani con la prima puntata della stagione 2 il 9 gennaio 2024 e riprende in stile piuttosto lineare con la stagione precedente. E delle puntate precedenti prende anche le vittorie, lo stile e le falle nella narrazione.

Irish Crime: Omicidi a Galway, una stagione 2 che conferma i pregi e le falle della precedente

Irish Crime 2- recensione - cinematographe.it

La stagione 2 di Irish Crime è breve, forse la sua seconda parte arriverà con tempistiche imprevedibili come accaduto in precedenza, ma mantiene il suo ritmo serrato e il lungo minutaggio: 90 minuti a episodio. Due piccoli film – che potrebbero anche reggere come monografia – seguono la tormentata psicologa criminale e consulente della polizia di Galway, Cathrin Blake, nell’affrontare un ennesimo caso intricato e sorprendente. L’intrigo della prima stagione portava avanti una vicenda ricca di suspence, un thriller in pieno stile noir che colpiva la protagonista – brillantemente interpretata dalla attrice veterana Désiréé Nosbusch – dritto al cuore. Al centro dell’intreccio, perfettamente calibrato e misurato nei suoi svincoli e nelle sue scelte narrative, c’era la scomparsa e la morte del marito Adam, vittima di un gioco corrotto del corpo militare che rappresentava: la polizia.

Una trama che si spiegava con naturalezza e il giusto grado di complessità sugli scenari da sogno dell’Irlanda, paese che stranamente non ha mai preso il titolo in particolare interesse, riusciva a mantenere il coinvolgimento dello spettatore senza mai perdere di mordente. Nonostante per gli standard del grande pubblico italiano, abituato allo stile britannico e statunitense delle serie TV, lo stile teutonico può risultare freddo e asettico, la scelta di una narrazione che mantiene sempre il controllo di se stessa senza lasciarsi andare al melodramma veicola l’atmosfera del racconto, del luogo, dei protagonisti.

I personaggi della stagione 2, dalla ambigua e “sporca” famiglia Campbell coinvolta nel maltrattamento della piccola Maisie alla famiglia imperfetta della stessa Cathrin Blake, sono grigi come la palette scelta dai creatori Christian Schiller e Marianne Wendt e dal regista Zuli Aladag. Una mancanza di umorismo e la tendenza a prendersi troppo seriamente sono i difetti che continuano a caratterizzare questa compassata serie TV, radicata profondamente nelle sue origini e nell’immaginario culturale di un paese che fa del self-control una filosofia di vita (ma anche di arte).

Una vicenda corale e personale, le colpe dei padri e i danni dei figli

Irish Crime - Cinematographe.it

Irish Crime continua nel suo intento di raccontare il crimine come studio antropologico, psicologico e sociologico dell’umanità nel suo intero essere patologica, malata, folle e tossica. Nonostante gran parte dei casi trovino una risoluzione che potremmo definire “a lieto fine”, il processo che porta Cathrin e i suoi colleghi alla risposta finale, alla verità, lascia ferite ai personaggi e allo spettatore. Non sono ferite evidenti, ma profonde, che portano un dolore compassato e misurato come i protagonisti dei casi che la psicologa Blake si trova a risolvere, a districare attraverso la sua comprensione della mente umana.

L’abilità di raccontare l’oscurità umana non è controbilanciata da una narrativa che ne sveli anche la meraviglia, l’umorismo, le possibilità. La monotematicità e la monotonia dello stile e del ritmo narrativo, insieme al ripetitivo grigiore del cielo e del paesaggio, che troppo poco sfrutta la bellezza delle ambientazioni, sono limiti grandi di una serie TV che potrebbe offrire allo spettatore un’esperienza immersiva ed interessante.

Resta affascinante la dinamica esterno/interno perfettamente impersonata dalla brava Désiréé Nosbusch, un luogo di tensione drammatica in cui le sue vicende personali si intersecano psicologicamente, emotivamente e stilisticamente con i casi, immergendosi nella verità umana, melmosa e indefinibile, che spesso non permette una vera scissione tra se stessi e il prossimo.

Irish Crime: Omicidi a Galway – stagione 2: valutazione e conclusione

Una serie dall’estetica fredda, compassata ma con ottimi presupposti narrativi e psicologici, Irish Crime resta troppo chiuso in se stesso per riuscire a offrire allo spettatore tutto ciò che avrebbe da dire in potenza. Le possibilità per il futuro di questo show profondamente psicologico, cerebrale e intricato sono molteplici: l’importante è riuscire a potenziare la base con un risvolto emotivo in più, offrire la gioia e l’umorismo come sfumature realistiche e naturali dell’esistenza. Solo conferendo un aspetto poliedrico all’umanità e ai personaggi è possibile emozionare, accattivare e rendere una serie davvero eccellente.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.8

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