In the Mud: recensione della serie TV Netflix

Una serie dal ritmo intenso e veloce, ma che scarseggia di originalità.

Durante il trasferimento verso il carcere femminile di La Quebrada, otto detenute vengono coinvolte in un agguato che fa precipitare il furgone nel fiume. Solo cinque di loro sopravvivono e, coperte di fango – elemento che dà il titolo allo show -, vengono poi portate nel carcere spietato, diviso in fazioni e retto da un sistema di corruzione, potere e violenza. Tra di loro c’è Gladys “La Borges” Guerra, interpretata sempre dall’intensa Ana Garibaldi -trait d’union tra questa serie e El marginal -, l’ex moglie del ricordato leader criminale Borges, lei stessa una criminale. Il gruppo di donne sopravvissute, chiamate “Las Embarradas”, deve lottare per sopravvivere. Questo è il punto attorno a cui si costruisce In the Mud, serie tv argentina – entrata nel catalogo della piattaforma Netflix il 14 agosto 2025 -, ideata da Sebastian Ortega, costituita da 8 episodi, attesissimo spin-off del crime drama El marginal.

In the Mud: le storie tragiche di un gruppo di donne sopravvissute una volta, in perenne lotta per la sopravvivenza “eterna”

Dopo essere sopravvissute all’agguato, le cinque donne arrivano sporche di fango, come suggerisce il titolo, all’interno del carcere femminile, luogo inospitale, lo si capisce fin dal primo istante. Perquisizioni corporali, violenza, abusi di ogni tipo, le donne, ciascuna con la propria pena da scontare, diventano carne da macello in un mondo non fatto a misura di essere umano. A capo del gruppo c’è Glady, una vera a propria leader che acquisisce, grazie all’aura di potere con cui si è fatta conoscere, il rispetto delle altre e anche dei nemici. Le altre detenute che fanno parte del suo gruppo sono, Olga, Solita, Marina e Yael, tutte diverse, per età, storia di vita, con possibilità diverse di salvarsi da quel magma carcerario.

La Quebrada è però già organizzata, la struttura è sotto il controllo di tre donne: The Lefty (Lorena Vega), Maria (Cecilia Rossetto) e Cecilia Moranzón (Rita Cortese). Lefty e Maria sono le cape delle rispettive bande, la prima gestisce un giro di pornografia-prostituzione, mentre la seconda esige contributi finanziari da Lefty e semina disordini. Cecilia Moranzón invece dirige la prigione e occupa la posizione più alta. La sua autorità è traballante a causa di Sergio Antin (Gerardo Romano) che capisce benissimo la natura oscura e misteriosa della dirigente e la osserva con molta attenzione. All’interno del carcere c’è più di qualcosa che non torna: morti strane e improvvise, gravidanze, adozioni; e tutto questo emerge con una velocità sconvolgente.

In the Mud mostra tutto ciò che avviene nelle segrete stanze della prigione, tutto sui corpi di donne in una posizione di inferiorità. Usate da chicchessia, le detenute sono in balia di un mondo spietato, crudele che le ha rese belve in cattività pronte ad attaccare per non essere attaccate, ad uccidere per non essere uccise, a tradire per non essere tradite.

Una serie che resta circoscritta nel perimetro del carcere femminile

La serie immerge gli spettatori nell’universo parallelo di un penitenziario femminile, La Quebrada, attraverso un catalizzatore narrativo di violenza estrema e improvvisa solidarietà, tematica non nuova per Netflix, come non pensare a Orange Is The New Black, Vis a vis. La prima domanda da farsi è In the Mud aggiunge qualcosa? Probabilmente non del tutto, anzi, la sensazione che si ha spesso è quella del già visto. La leader severa ma anche materna, il poliziotto che abusa del suo potere e anche delle detenute, la relazione amorosa tra una carcerata e un poliziotto, sono topoi a cui siamo già stati abituati e che quindi non riescono a scuotere chi guarda. Gli episodi tra violenza fisica e linguaggio aggressivo sfruttano l’estetica cruda del genere, cercando invano però di intraprendere la propria identità distintiva, si sente l’eco delle altre serie già citate. Cercano di interrogare i tropi consolidati del potere, della corruzione e della sopravvivenza, usando un linguaggio visivo utile a esplorare la comunità carceraria che si forma dai suoi spazi più elementari e degradati, ma è in grado di farlo veramente? Orange Is The New Black, trainata dal testo-memoria di Piper, è una serie che, nonostante racconti il caos, la violenza carceraria, il razzismo e il sessismo, riesce a raccontare l’essere donna nel mondo, la maternità, la sorellanza, la violenza di cui le donne sono spesso vittime in moltissimi campi e situazioni. Dentro e fuori poco importa. Narrare il singolare per arrivare al generale, In the Mud non ha questo respiro, resta rinchiusa all’interno delle mura. Ad essere simile è la rappresentazione del maschio, in tutte queste serie gli uomini sono viscidi, cattivi, crudeli, abuser della peggior specie, tossici e violenti. Negli otto episodi spesso le detenute affermano che “tutti gli uomini sono cani“, alcune li definiscono “maiali”.

In the Mud: la sorellanza come modo per evolvere

Queste donne possono fidarsi solo le une delle altre. Ci si divide in tribù nel carcere, gruppi così stretti da diventare un piccolo microcosmo, le cinque donne che sopravvivono allo schianto diventano un’unità, il loro legame viene sigillato da un’esperienza di pre-morte condivisa. La loro identità collettiva, “Le infangate”, nasce direttamente da questo battesimo violento, un nome che significa sia la loro condizione degradata sia le loro origini elementari. Diventa quindi una sorta di rappresentazione dell’esistenza femminile che viene spesso minacciata, metafora anche della vita di queste donne soprattutto sempre in lotta per la sopravvivenza e il corpo si fa luogo di profondo dolore e vulnerabilità, oltre ad essere luogo della resilienza, dell’adattamento e, in definitiva, della resistenza. La serie è un’evoluzione tematica rispetto al suo predecessore, spostando la sua metafora centrale dalla marginalizzazione sociale alla resistenza fondativa. In El marginal si trattava di un cinico gioco di potere, quindi In the Mud diventa qualcosa di più e di diverso, si crea un gruppo, un’unità, una sorellanza che spinge a migliorare, almeno all’interno della prigione. 

In the Mud: valutazione e conclusione

 In the Mud è una serie che ha il pregio di avere un ritmo intenso e veloce, ma non riesce ad essere originale o, meglio, a raccontare le vicende in modo originale. Lungo gli otto episodi vige il caos, si potrebbe dire, elemento normale se si pensa al luogo in cui si svolge la vicenda, eppure non è così, anzi. Sembra che l’unica regola sia aggiungere il più possibile per riempire i vuoti. 

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.8

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