Ecco a voi i Chippendales: recensione della serie TV Disney+

La recensione di Ecco a voi i Chippendales, la serie TV ideata da Robert D. Siegel e composta da 8 episodi, disponibile su Disney+

Un uomo ha un sogno, diventare qualcuno, costruire un impero, costruito su tanga e corpi luccicanti, dal nulla, essere il migliore e vuole raggiungere la ricchezza. Questo è il sogno di Somen “Steve” Banerjee (Kumail Nanjiani), imprenditore indiano-americano che nel 1979 fonda i Chippendales, spogliarellisti con papillon e colletti bianchi, diventati poi famosi in tutto il mondo con i loro spettacoli hot e attira così l’attenzione su un bar, vicino al fallimento, a Los Angeles. Parte da questa storia (vera) la serie Ecco a voi i Chippendales, miniserie ideata da Robert D. Siegel (Pam & Tommy), di 8 episodi che entra nel catalogo Disney+ l’11 gennaio 2023.

Ecco a voi i Chippendales: un benzinaio diventa Mr. Chippendales

Steve è “solo” un benzinaio trapiantato a Los Angeles, il suo lavoro lo fa bene, molto bene, tanto che il suo capo grazie ai suoi buoni profitti gli offre una promozione, ma lui rifiuta, questo è il suo primo grande cambio di rotta, lui pensa in grande, vuole aprire, con i suoi risparmi, un club di backgammon. Le storie di immigrati spesso trattano di reinvenzione e Somen non è diverso da tutti gli altri: c’è stato un tempo in cui avrebbe colto al volo l’opportunità di un ruolo manageriale, ma l’America, più Hugh Hefner, le riviste maschili e le pubblicità di orologi di lusso, lo hanno cambiato. La ricchezza, ora, è il suo obiettivo e lo è anche la mobilità delle classi. Quell’uomo bonario, remissivo, ha voglia di rivalsa, di guardare al futuro come non hanno potuto fare i suoi parenti.

Il club del backgammon, con l’assistenza dello squallido Paul Snider (Dan Stevens, purtroppo limitato a un ruolo da ospite) e della moglie Dorothy Stratten (Nicola Peltz Beckham), ospita disco dance, lottatrici di fango femminile e gare di mangiatori di ostriche. Basta un’uscita in un bar gay per far scattare gli ingranaggi della mente di Steve che ha un’illuminazione: un locale in cui spogliarellisti mettano in scena spettacoli per un pubblico di sole donne. Da una piccola idea, a poco a poco, l’uomo, grazie all’aiuto di colleghi e colleghe, si fa pioniere nell’industria dell’intrattenimento per adulti in America, creando il primo strip club tutto maschile. La sua è una vera e propria novità, il pubblico sarebbe stato femminile e le donne non sono mai state prese in considerazione in materia di desiderio.

Ecco a voi i Chippendales: lo scontro tra Steve e Nick

Ci sono eventi importanti, incontri fondamentali che cambiano il corso delle cose e della vita di Steve. Nel 1981, assume il coreografo vincitore dell’Emmy, Nick di Noia (Murray Bartlett) per pensare alle coreografie. Tanto più il successo lo bacia tanto più Banerjee lascia il posto ad un iroso, arrabbiato, indurito, avido Steve che si allontana dalla famiglia e vuole sempre di più, che spera di venir illuminato dalla luce dei riflettori della fabbrica di soldi. Ogni cosa è sua, ballerini, coreografi, collaboratori sono suoi, di sua proprietà, è pieno di livore – sono molti i suoi scatti d’ira -, di voglia di prendersi il suo posto e non retrocedere. Steve è un uomo pieno di zone d’ombra, vuole cancellare quella che per lui è una lettera scarlatta, l’essere indiano, tanto che, come accade, si dimostra lui stesso razzista: quando gli affari vanno bene crea una carta VIP, sfrutta Otis (un impeccabile Quentin Plair, star emergente della serie), l’unico ballerino nero della troupe che viene usato in modo becero con le clienti per gli spogliarelli ma non compare nel calendario di Chippendales perché la sua prestanza avrebbe urtato la sensibilità dei mariti di tutte le donne d’America.

Le cose si fanno complesse quando Steve e Nick iniziano a scontrarsi sia per divergenze d’opinione, sia per la proprietà del marchio; si tratta di una rivalità che porterà a esiti drammatici. I due uomini sono molto diversi, entrambi hanno un talento ma Nick è carismatico, forte, sicuro, non fa mai un passo indietro, non si fa prendere dalla rabbia perché sa che c’è sempre una via d’uscita. Bartlett con devastante sincerità porta sullo schermo un uomo di successo, non uno che vuole successo. La coreografia che progetta per i ballerini di Chippendales attrae, seduce, diverte, usa i corpi dei ballerini come vuole. Sia che ondeggi il corpo durante le prove con ballerini sudati o che si sfoghi in urla tormentate sulla sua crescente sfiducia nei confronti di Banerjee, Bartlett trasmette verve e dolore in egual misura.

La tensione aumenta di episodio e episodio e di conseguenza agli attori viene dato più materiale per giocare con i personaggi. Nanjiani e Bartlett portano risentimento, ostilità esplosiva e emergono le differenze dei loro caratteri. L’arco di Steve segue un’ordinata struttura di salita e discesa, ma il suo viaggio interiore è quello di un uomo buono diventato cattivo.

Un dramma crime di avidità e desiderio di successo

I primi cinque episodi gettano le basi per raccontare un dramma di avidità e desiderio di successo che ha come protagonista un ultimo, un outsider, un immigrato dalla pelle scura tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80. Le maschere cadono e emergono le vere nature dei personaggi e i lati oscuri. Il racconto della nascita del gruppo di Chippendales è un pretesto per portare a galla una narrazione umana molto più profonda. Non tutto funziona alla perfezione, sicuramente riusciti risultano la struttura della narrazione e i suoi protagonisti perfetti nemici in un mondo di lupi.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.3