Doctor Who: Wild Blue Yonder: recensione dell’episodio speciale

Un altro grande episodio di Doctor Who che conferma il successo del filone degli "speciali" per festeggiare i 60 anni della serie.

Doctor Who torna sugli schermi con l’atteso secondo episodio dei tre speciali in onore del 60esimo anniversario della longeva e amata serie TV. Tre storie completamente indipedenti, slegate tra loro, che declinano in ogni modo possibile le avventure del dottore più famoso dello schermo e della sua companion. Il secondo episodio, disponibile su Disney+ a partire dal 2 dicembre 2023, intitolato Wild Blue Yonder, è una grande creazione unica nel proprio genere. Lontano dalle atmosfere divertite e accattivanti degli ultimi episodi del celebre show, questo film immerso nella narrazione più ampia di un universo fluido – quello dello spazio-tempo – è uno standalone sia per scelte registiche che per trama.

Nonostante Wild Blue Yonder prenda in qualche modo le distanze dalla compatezza della serie, che pur sostituendo i suoi protagonisti resta sempre legata da un sottile filo tematico e stilitico, restituisce all’universo di Doctor Who tutta la magia che gli ultimi tempi sembravano aver lievemente esaurito. Merito del ritorno del Dottore di David Tennant e della sua migliore amica Donna (Catherine Tate), in un episodio che li mette a strettissimo contatto l’uno con l’altro e incentra sulla loro chimica e le loro performance tutta la sua trama. Russell T. Davis applica tutto il meglio della propria arte in questo episodio, offrendo una commistione di fantascienza, commedia, horror e dramma.

Doctor Who: Wild Blue Yonder, il cast e la trama in una perfetta miscela di minimalismo e orrore

Doctor Who: Wild Blue Yonder recensione - cinematographe.it

Davis offre al pubblico affezionato di Doctor Who una creazione geniale, molto minimale ma altrettanto complessa, oscura. In una osservazione ravvicinata e profonda del rapporto di amicizia, fiducia e affetto reciproco tra il Dottore e la sua compagna Donna, Davis sceglie una ambientazione chiusa, una navicella spaziale nella quale i due sono confinati senza possibilità di fuga tramite il Tardis. Il Tardis, a causa di un versamento erroneo di caffè, inizia a comportarsi in modo piuttosto bizzarro, imprevedibile. Il Dottore e Donna lo mandano in riparazione, restando per tutta risposta bloccati in un’enorme astronave abbandonata ai limiti dello spazio. Nonostante appaia tutto deserto, presto i protagonisti si dovranno difendere da una minaccia subdola e mutaforma, poliedrica e al contempo ectoplasmica.

La nave, lungi dall’essere davvero innocua e vuota, è popolata da una coppia di alieni shapeshitfer in grado di allungarsi, accorciarsi, imitare qualsiasi forma abbiano un minimo conosciuto o osservato. In un immaginario che evidenzia la grande conoscenza cinematogragica di Davis, storico sceneggiatore della serie, i due terrificanti “villain” prendono forme mostruose che ricordano La cosa o anche – semplicemente – le scene più iconiche di Alien di Ridley Scott. Gli alieni amorfi sono un nemico complesso e ignannevole da affrontare, in particolar modo nel contesto chiuso di una astronave disabitata, per quanto gigantesca sia.

L’enorme ambiente dell’astronave rende ancora più inquietante l’incontro del terzo tipo: ad ogni angolo, un mostro dalle fattezze diverse potrebbe fare capolino, senza poter avere il minimo sentore o preavviso: le jump scares più classiche sono perfette, create ad arte. Ma la storia più affascinante è proprio quella umana e relazionale tra il Dottore e Donna: gli alieni, potendo prendere le loro sembianze, metteranno a dura prova la loro relazione che – per quanto li vede essere anime gemelle – li ha anche visti essere separati da ben quindici anni. Lo studio del dottore in tutte le sue declinazioni e possibilità, i continui battibecchi amorevoli con Donna, la fiducia tentennante all’apparizione dei due terribili doppleganger, trovano una perfetta misura narrativa e visiva nella regia di Tom Kingsley. Il regista è un nuovo acquisto nel mondo di Doctor Who, ma la sua filmografia è piuttosto solida nel cinema britannico. Per BBC, il suo tocco raffinato di artista minimalista ma intenso si è espresso in Pls Like (2017) e Ghosts (2019).

Wild Blue Yonder: la recitazione al centro di tutto

Doctor Who, con il secondo episodio di una trilogia diversa, inusuale, crea un ambiente minimalista e confinato, una sorta di teatro spaziale in cui i due protagonisti possono esprimersi in tutte le loro manifestazioni. La recitazione superba di Tennant e di Tate si fonde in modo perfetto con i temi trattati nell’episodio: alienazione, interrogazione del sé, l’idea di identità e alterità, la solitudine e il valore dell’esistenza in rapporto all’altro, la definizione del proprio valore legato a quello delle proprie relazioni umane.

Lo sfondo minimale permette alla recitazione sopraffina, a tratti anche teatrale, di prendere il centro della scena: i due protagonisti si confrontano con loro stessi, guardando nell’abisso del loro animo e del loro cuore. Fortunatamente, i due attori sono più che in grado a portare avanti sessanta minuti di episodio sulle loro spalle, lasciando lo spettatore letteralmente senza fiato. Sorprende, in particolar modo, l’intensità drammatica dela Tate, attrice dal repertorio comico certamente abbagliante in questa insolita performance!

Doctor Who: Wild Blue Yonder, conclusione e valutazione

Performance brillanti, una linea narrativa sorprendente e decisamente diversa dal filone intero di Doctor Who, un modo per sfoggiare la chimica incredibile tra i due protagonsti, Wild Blue Yonder è un’opera poetica e profonda. Sessanta minuti di claustrofobia, colori acidi e luci verdognole al vetriolo, una sceneggiatura appassionata: gli ingredienti sono miscelati con semplicità e maestria per creare un horror sci-fi triste e profondo.

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Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 4
Emozione - 4

3.8