Bridgerton: recensione della serie TV Netflix di Shonda Rhimes

La recensione di Bridgerton, la serie TV Netflix in uscita il 25 dicembre 2020 che porta il marchio inconfondibile di Shonda Rhimes.

Una giovane donna in età da marito, una narratrice sotto falso nome che racconta le vicende amorose dell’alta società. C’è tutto questo in Bridgerton, la prima produzione Netflix – la serie esce il 25 dicembre 2020 – che porta il marchio inconfondibile di Shonda Rhimes. Bridgerton è una serie in costume che intreccia amore, intrighi, segreti dell’alta società che si nasconde nelle stanze, dietro le tende, nei giardini delle bellissime dimore dei ricchi signori che uno alla volta lo spettatore impara a conoscere. La serie composta da 8 episodi è tratta dalla saga di romanzi di Julia Quinn, capace con costruzioni narrative complesse di narrare tematiche profonde – la femminilità, il suo essere nel mondo, il rapporto uomo/donna, il sesso e le gioie (?) coniugali – e di farsi messaggio di qualcosa di moderno, grazie al cast inclusivo con tanti attori black – Regé-Jean Page nelle interviste dice: “in un contesto storico in cui venivamo esclusi, almeno nell’arte il minimo che possiamo fare è cercare di ridipingerci dentro”.

Questa stagione si concentra su Il Duca e Io – titolo di uno degli episodi – che doveva essere in origine una trilogia, ma si è trasformata in una saga di otto titoli, ognuno dedicato a uno dei figli della famiglia Bridgerton.

Bridgerton: quando Daphne incontra Simon

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La serie racconta l’Inghilterra degli anni dieci dell’Ottocento, l’età dell’oro (la vittoria nelle Guerre napoleoniche e dal clima di grande sviluppo in patria), l’alta società londinese con tutte le sue luci e le sue ombre e lo sguardo si concentra su Daphne (Phoebe Dynevor) la figlia femmina più grande della famiglia Bridgerton, pronta a debuttare in società. Lei è bellissima, un diamante, così la definiscono la Regina e Lady Whistledown, eppure nessun pretendente va a suonare alla sua porta – tranne un miserabile uomo che non la merita – e dunque per aumentare l’interesse degli altri giovani si allea con il duca di Hastings Simon Basset (Regé-Jean Page) che non vuole sposarsi e neppure avere figli – lungo gli episodi grazie ad una serie di flashback si viene a sapere il motivo per cui è così irrigidito. I due fingono di fidanzarsi per poi innamorarsi davvero. La narratrice di questa storia, ma non solo, è la misteriosa Lady Whistledown che mette in scena un Gossip Girl ottocentesco – anche in questo caso lo spettatore non sa chi sia l’autrice della rubrica, inizia a farsi un’idea lungo gli episodi e di volta in volta si fa delle idee in merito, investigando assieme a Eloise Bridgerton (Claudia Jessie), una delle sorelle di Daphne. Inevitabilmente il centro di tutto è Daphne, piena di speranze, lei non vuole un matrimonio privo d’amore, non ha bisogno di sposare un uomo a caso, lei vuole innamorarsi, come era accaduto alla madre e al padre defunto. Bridgerton racconta una relazione speciale, quella con Simon, l’uno e geloso dell’altro – la giovane ad un certo punto inizia a frequentare il principe Federico -, si sognano e si guardano con desiderio e amore. Tutto scompare, i loro timori, le asperità di Simon così rigido e algido ma pronto a schierarsi quando le cose si complicano e le ingenuità di lei che non sa nulla del proprio corpo, del sesso, del matrimonio – o almeno conosce ciò che le è stato detto quindi praticamente nulla. La serie analizza il rapporto tra i sessi, quello voluto dalla società e quello reale che spesso si scontrano: la donna deve essere protetta e l’uomo deve fare di tutto per difendere il suo onore, deve essere pura, l’uomo invece può vivere come vuole e fare di lei ciò che vuole e poi eventualmente può abbandonare il campo. Le donne iniziano a mal sopportare queste imposizioni perché, come Daphne dice al fratello Anthony: “Credi che solo perché sono una donna non sia capace di pensare e scegliere con la mia testa?”.

Bridgerton: una narrazione al femminile nella serie Netflix di Shonda Rhimes

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Bridgerton è una narrazione al femminile che riflette intorno all’educazione sentimentale ed emotiva di un gruppo di donne che lotta per sé e per le altre “sorelle”. Dialoga sul ruolo della donna nella società, su quanto sia subalterna rispetto all’uomo, fratello, compagno, marito – nonostante sia fondamentale nella corte e nei rapporti tra le famiglie – su quanto debba lottare per la propria liberà.

Daphne: “Quale è il mio dovere? Non sai cosa vuol dire essere una donna, come ci si sente a sapere che la propria vita è ridotta ad un solo momento. Sono stata cresciuta solo per questo, [..] è tutto ciò che sono, non ho un altro valore. Se non riuscirò a trovare marito sarò una donna inutile”

Alla donna viene insegnato come essere, cosa essere, come camminare, come sorridere (“camminare e sorridere” è una cantilena che risuona nella testa delle donne) ma soprattutto cosa non fare, cosa non essere (“chiudi quel libro, ti confonderà i pensieri”) per accalappiare il marito di turno, è un sistema di riti, un linguaggio fatto di una grammatica di inchini, piccoli sfioramenti, cliché faticosi da sopportare, figli di una tradizione ben precisa per cui le donne sono perennemente in vetrina – si pensi ai vari balli a cui le donne vengono portate per essere viste, guardate, corteggiate e lasciarsi corteggiare. A rompere questo ordine prestabilito ci sono desideri, pensieri, idee di tutti i personaggi da Daphne, passando per Lady Whistledown a Eloise e Penelope (Nicola Coughlan) Featherington, amiche e facenti parte di due famiglie diverse. Le due ragazze non pensano a sposarsi, sono fisicamente – le sorelle di Penelope le dicono che “pesa 15 kg più del dovuto” e psicologicamente differenti: Eloise vorrebbe studiare, andare all’università, cita, come esempio di quanto sia ingiusta nei loro confronti la società in cui vive, la Whistledown – lei per scrivere deve firmarsi con un altro nome mentre gli uomini possono fare della loro vita ciò che vogliono -, la stessa cosa vorrebbe fare Penelope ma entrambe non possono perché le donne devono seguire la loro storia, matrimonio, figli. Questo è motivo di vita e anche di morte – il parto può portare a esiti tragici perché la partoriente è poco tutelata e perché spesso per avere un figlio farebbe qualunque cosa.

Eloisa combatte contro tutto e tutti, esamina, studia, investiga, nonostante debba seguire il percorso che tocca a tutte le donne, tutela la sua individualità, in uno dei tanti dialoghi con Daphne dice che la differenza tra lei e la sorella è chiara: mentre l’altra segue il suo cuore, lei nutre la mente.

Daphne però non è proprio così malleabile come Eloisa crede, vuole scegliere, decidere: non vuole l’uomo che suo fratello, l’uomo di casa, ha scelto per lei, non vuole che lui la protegga perché sa ciò che vuole e sa difendersi da sola, vuole Simon e formare una famiglia con lui. La giovane ha un carattere forte, tenace, si schiera senza paura di ciò che potrebbe dire la gente, nel momento in cui compie un gesto lo fa perché lo vuole fare, nessuno le farà mai cambiare idea.

Bridgerton: la sessualità nella società dell’epoca

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Una tematica importante è quella relativa al sesso: mentre gli uomini vengono “formati” al sesso fin da giovani, le donne, come già detto, anche perché la loro immagine è spesso legata all’onore, non vengono preparate, sono buttate tra le lenzuola del talamo nuziale ignorando come si concepiscono i bambini e che l’amplesso non ha solo fini procreativi. Daphne grazie a Simon scopre la masturbazione, il piacere e “impara” l’intimità in tutte le sue declinazioni. Una gravidanza diventa tappa che dirime il rapporto tra Simon e Daphne: un bambino non è un “prodotto” per mandare avanti il casato ma è il frutto d’amore; non avere figli per vendicarsi di qualcuno è uno strumento puerile perché fa soffrire se stessi e chi sta accanto.

Bridgerton: una serie ben scritta che riesce a conquistare il pubblico

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La serie, con i suoi otto episodi ben scritti, immerge lo spettatore in un mondo costruito nei minimi dettagli – abitudini aristocratiche inglesi, lezioni di piano, d’equitazione e di bon ton – con una grande attenzione filologica, nei rapporti tra i personaggi, tra le indagini per scoprire chi si cela dietro alla Lady più spietata dell’alta società. Bridgerton ci racconta di una società che mira alla perfezione – e chi non lo è viene marginalizzato, messo da parte, cancellato -, di queste donne che un po’ alla volta trovano la propria strada, una sorta di emancipazione anche grazie alla sorellanza e all’aiutare l’altra in modo da aiutare anche sé stesse, e di uomini anch’essi vittime, in un certo qual modo, di un sistema altrettanto limitante.

La serie è fatta per il binge watching anche perché in essa ci sono alcuni elementi tipici del marchio Rhimes che, volente o nolente, sa costruire prodotti piacevoli, in grado di accalappiare un vasto numero di spettatori. Certo ci sono degli elementi che possono risultare alla fine fin troppo ripetuti, i vari intrighi amorosi, la voce fuori campo che narra le vicende – che tanto ricorda quella di Grey’s Anatomy -, le varie ricerche un po’ miopi di Eloise per capire chi sia Lady Whistledown ma alla fine è facile lasciarsi andare a questo mondo e ai suoi protagonisti.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.8

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