A Man on the Inside – stagione 2: recensione della comedy Netflix
A Man on the Inside 2, Ted Danson torna nei panni dell'ex professore in pensione diventato investigatore privato con una nuova indagine in un piccolo college.
A Man on the Inside 2 catapulta il protagonista interpretato da Ted Danson in una nuova indagine, stavolta in un piccolo college. La comedy Netflix creata da Michael Schur è incentrata su un annoiato professore in pensione che trova una nuova linfa vitale quando viene ingaggiato come investigatore privato da Julie (Lilah Richcreek Estrada), che lavora per conto di un’agenzia. Nella prima stagione, Charles si era introdotto in una casa di riposo per cercare di risolvere il mistero dietro il furto di una collana. Nella seconda stagione lo vediamo impegnato in una piccola università. La missione coinvolgerà le persone a lui più care, e sarà l’occasione per approfondire i rapporti con la famiglia, specialmente con la figlia Emily (Mary Elizabeth Ellis), e intrecciare una nuova relazione dopo la morte della moglie. Schur è un maestro nelle comedy con personaggi ottimisti, che lasciano sempre insegnamenti morali e riflessivi: c’è lui dietro la scrittura di alcune delle serie più acclamate degli ultimi vent’anni, come The Office, Parks and Recreation, Brooklyn Nine-Nine e soprattutto The Good Place, dopo Ted Danson era tra i protagonisti insieme a Kristen Bell.
A Man on the Inside 2: formula che vince, non si cambia

L’ispirazione di Schur per A Man on the Inside viene dal documentario cileno The Mole Agent, che riassume proprio la trama della serie tv di Netflix. Con la seconda stagione, il mondo dell’ex professore Charles si amplia ancora di più, grazie a una nuova ambientazione che permette di introdurre nuovi personaggi e sviscerare in nuove dinamiche. Come già accaduto con The Good Place, che aveva completamente ribaltato il concetto iniziale della serie, anche A Man on the Inside 2 si ritrova a un punto di svolta nel finale che anticipa l’inizio di qualcos’altro. La scrittura di Michael Schur è quindi sempre un sinonimo di qualità e permette al pubblico di interessarsi con un trasporto quasi naturale alle vicende narrate. Il segreto sta nella costruzione, e poi successiva evoluzione, dei suoi personaggi, che non è mai casuale. Charles è un settantenne vedovo che non aveva più nulla per cui vivere dopo la morte della moglie, eppure riesce a trovare non solo la spinta per andare avanti, grazie a un’opportunità, ma riesce stringere nuove amicizie e imparare che nella vita non è mai troppo tardi per fare qualcosa di nuovo.
Se The Good Place era molto più esistenziale e filosofica, A Man on the Inside è più umana sotto ogni aspetto: si parla ancora di legami, di amore, di vita e di morte, ma in relazione alla vita terrena. Ne è un esempio l’episodio ambientato durante il Ringraziamento, che offre un’opportunità per riflettere sul lutto e su come esso influenzi la vita delle persone. Il resto del cast si integra molto bene nella trama principale. New entry è Mary Steenburgen, moglie nella vita reale di Danson, nel ruolo dell’insegnante di musica Mona che affascina Charles e anche il pubblico fin da subito.
Da Brooklyn Nine-Nine, Schur riporta in scena Stephanie Beatriz, qui nei panni della proprietaria della casa di riposo dove Charles era sotto copertura nella prima stagione; è una donna in apparenza scontrosa e sarcastica. La seconda stagione è occasione per esplorare la famiglia disfunzionale di Julie, interpretata da Lilah Richcreek Estrada. Tra i temi ricorrenti di A Man on the Inside ci sono anche i legami familiari, che trovano un motivo di incontro/scontro proprio nell’episodio sul Ringraziamento.
A Man on the Inside – stagione 2: valutazione e conclusione

La firma di Michael Schur è sinonimo di qualità anche in A Man on the Inside 2. Il punto di forza è la scrittura dei dialoghi e dei personaggi. Ted Danson è perfetto come protagonista assoluto e alla guida di un cast variegato. La seconda stagione cambia location e permette di introdurre nuovi personaggi e nuove dinamiche, fino al colpo di scena nel finale che introdurrà un altro elemento in un ipotetico terzo capitolo.