Munich Games: la storia vera dietro alla serie TV Sky

La storia vera dietro a Munich Games, la serie TV in onda su Sky.

1922. La paura che gli eventi di 50 anni fa si possano ripetere, l’angoscia pubblica e politica di chi lavora affinché non accada ciò che in passato è stato quasi inevitabile a causa dell’inefficienza della polizia. La città nell’anniversario dell’attacco ospita un’amichevole con un grande valore simbolico, una partita di calcio fra una squadra di Tel Aviv e una del posto, la tensione è altissima come le implicazioni e i rischi: gli occhi del mondo di nuovo puntati, come nel 1972, sulla partita. La miniserie, Munich Games – 2 settembre 20022 -, costituita da 6 episodi, creata e scritta da Michal Aviram, autrice della serie Netflix Fauda, affronta temi attualissimi portando sul piccolo schermo un prodotto dal respiro cinematografico, interpretato da Seyneb Saleh, Yousef Sweid, Sebastian Rudolph e Dov Glickman, con la sceneggiatura anche di Martin Behnke e la regia di Philipp Kadelbach, concentrandosi su geopolitica, manipolazione delle informazioni e la crescente minaccia dell’estremismo in tutto il mondo.

Munich Games: una serie che parla del 2022 ricordando i fatti del 1972

Munich Games non ci racconta i fatti del 1972, immagina invece una situazione difficile perché simile a quella del 1972. Al centro del racconto ci sono i due agenti che si trovano a collaborare per sventare la minaccia di un nuovo attacco. La polizia e i servizi segreti di entrambe le parti sono in allerta per garantire la sicurezza dell’evento. Quando Oren Simon, un agente del Mossad di stanza a Berlino, intercetta un messaggio in un forum nel dark web, pochi giorni prima della partita, viene affiancato da Maria Köhler, un’agente della polizia criminale di stato tedesca (LKA), di origini libanesi, in modo che la storia non si ripeta. Ma di quale Storia si sta parlando? Si fa riferimento agli eventi del 5 settembre 1972. A Monaco di Baviera, da dieci giorni, si stanno svolgendo le ventesime Olimpiadi estive e otto guerriglieri palestinesi appartenenti all’organizzazione Settembre Nero entrano nella palazzina del villaggio olimpico che ospita gli atleti israeliani. Sono circa le 4.30 del mattino, i terroristi uccidono subito due israeliani e ne prendono in ostaggio nove. Meno di 24 ore dopo, il sequestro si concluderà con la morte di tutti gli atleti e di un poliziotto tedesco e di cinque terroristi palestinesi.

Munich Games: un’opportunità che diventa strage

Per la Germania, questi Giochi di Monaco sono un’ottima opportunità per correggere l’immagine dei Giochi Olimpici di Berlino del 1936, svoltisi all’ombra del regime nazista di Adolf Hitler. La Germania vuole mostrare al mondo che è cambiata, dando l’immagine di una nazione pacifica e ricca. Per questo motivo, gli addetti alla vigilanza del villaggio olimpico sono cortesi e non portano armi. I terroristi rimangono sorpresi perché per loro è molto facile varcare le porte del villaggio, con le armi nascoste nelle borse, mentre si fingono atleti di ritorno da una notte di baldoria in città. Nessuna perquisizione, nessuna domanda.

Alle 4.30 i palestinesi entrano nella prima palazzina che ospita gli atleti israeliani. Un arbitro di lotta greco romana, Yossef Gutfreund, sente rumore nel corridoio e si lancia contro la porta bloccandola con il suo peso perché capisce che non ha nulla di perdere, non resiste a lungo. I terroristi entrano e prendono in ostaggio lui e altri due atleti. In una stanza vicina Moshe Weinberg, allenatore di lotta greco romana, prova a reagire ma anche per lui non ci sono possibilità di salvarsi. Tutti i presenti in quell’ala della palazzina vengono catturati, costringono Weinberg, anche se ferito gravemente, a guidarli nella zona dove si trovano gli altri atleti.

Alle 5.08 i terroristi lanciano due fogli di carta dal balcone, raccolti da un poliziotto tedesco. Contengono le richieste di Settembre Nero: la liberazione di 234 prigionieri detenuti nelle carceri israeliane e quella di Andreas Baader e Ulrike Meinhof, due leader della Rote Armee Fraktion (RAF), gruppo terrorista tedesco di ispirazione comunista. I terroristi danno un ultimatum: le nove del mattino.

Iniziano le trattative. Il governo tedesco, guidato dal socialdemocratico Willy Brandt, si dimostra intenzionato ad aprire un dialogo, non si può dire la stessa cosa del governo israeliano, la premier Golda Meir si dice inflessibile, l’unica cosa che può fare è inviare in Germania un reparto antiterrorismo. I tedeschi rifiutano. Le trattative avvengono in maniera abbastanza surreale davanti ai fotografi e ai giornalisti che si sono radunati fuori dalle palazzine del villaggio olimpico. La polizia tedesca non fa sgomberare la zona, con la conseguenza che attraverso le immagini trasmesse in diretta dalle televisioni il gruppo armato all’interno sa esattamente cosa sta succedendo fuori. Quella mattina le gare olimpiche iniziano ugualmente e vengono interrotte solo dopo che molte nazioni, tra cui Israele, protestano.

I terroristi e la polizia tedesca continuano in questo tragico gioco in cui gli uni fanno richieste, l’altra rifiuta. Alle 17, il capo del gruppo, Issa, chiede di avere un bus per raggiungere due elicotteri con cui arrivare all’aeroporto per poi partire in aereo verso il Cairo e proseguire lì le trattative. Nonostante i dubbi questa sembra l’unica soluzione possibile e condivisa.

Inizia il trasferimento di tutti (sequestratori e ostaggi) in elicottero verso la base aerea di Fürstenfeldbruck. I sequestratori controllano gli aerei predisposti e si accorgono che sono vuoti, si tratta di una trappola. Tornano verso gli elicotteri e uccidono gli ostaggi, la polizia tedesca fa fuoco. Lo scontro armato prosegue per circa 80 minuti. Ciò che resta sono i cadaveri di tutti gli ostaggi, parte dei sequestratori e un poliziotto tedesco ucciso per errore dai suoi compagni. È l’una e mezza del mattino di mercoledì 6 settembre 1972. La tragedia è durata venti ore. Le Olimpiadi sono state fermate per un solo giorno, per commemorare le vittime e dare una carezza dovuta alle famiglia si svolge una cerimonia allo stadio di Monaco, a piangere i morti 80mila persone e gli atleti ancora presenti ai giochi.

Una miniserie utile per il presente, che si fa memento mori

Tutti sono sconfitti. La Germania, prima di tutto, il paese ospitante. Lo sport perché incapace di agire in nome dei valori di cui dovrebbe essere portavoce. La politica che non riesce ad assumersi le proprie responsabilità. La polizia che si dimostra poco pronta ad arginare l’attacco.

Restano ancora delle perplessità su quelle venti ore come ad esempio il senso di indifferenza del mondo dello sport e la discussione sulle trattative. Una serie come Munich Games è importante non solo perché fa ripensare alla tragedia del ’72 ma anche perché ricorda come le ondate oscure possano tornare, come l’essere umano sia spesso nemico di sé stesso, come dal passato si possa/debba imparare per far sì che pagine come quelle non si leggano più.

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