Love, Death & Robots – Volume 2: la spiegazione degli episodi della serie Netflix

L'opera antologica animata di Tim Miller è tornata su Netflix il 14 maggio 2021. Esploriamo insieme i nuovi corti, analizzandoli e spiegandoli passo dopo passo

Love, Death & Robots, serie animata prodotta ed ideata da Tim Miller, è l’ennesima e ulteriore riprova che la fantascienza sul piccolo schermo trova la sua dimensione perfetta in un’ottica antologica: basta infatti pensare a Black Mirror, Philip K. Dick’s Electric Dreams e Tales from the Loop, per citare solo alcuni esempi di come la science fiction brilla maggiormente con tale distribuzione strutturale. Il sistema probabilmente funziona perché le narrazioni sono indipendenti tra loro e, seppur brevi, sono piccoli scorci di una storia che può essere poi ampliata nella nostra mente, con l’interpretazione e la riflessione.

Proprio per questo motivo, nonostante il Volume 2 di Love, Death & Robots, arrivato il 14 maggio scorso su Netflix e composto da 8 corti, è sottotono e meno impattante del Volume 1, ha comunque il merito di incuriosire il pubblico, lasciandolo alcune volte sospeso e incredulo. Certo, alcune puntate non hanno una vera e propria spiegazione intrinseca e si chiudono in maniera piuttosto chiara, ma con questo articolo proveremo ad analizzare ogni episodio così da fornirvi una comoda bussola per addentrarvi nell’universo stratificato della realizzazione. Prima di cominciare, è opportuno ricordarvi che tutti i corti sono ispirati a racconti brevi di svariati autori che poi sono adattati per il medium televisivo.

Servizio clienti automatico: la spiegazione finale, tra Black Mirror e libertà

Servizio clienti automatico - Cinematographe

Il Volume 2 di Love, Death & Robots si apre questo corto, ispirato all’omonimo racconto di John Scalzi. L’anziana protagonista Jeanette, in una giornata apparentemente normale, incappa in un malfunzionamento del suo robot casalingo, che tenta di sterminarla, insieme al suo adorato cane. Nonostante la donna riesca effettivamente a fuggire, spalleggiata dal suo vicino Bill e dal suo cucciolo, la sua vita è condannata: nonostante abbia “sconfitto” il Vacuubot, altri modelli della stessa linea sono programmati per terminarla.

Un racconto che, in pieno stile Black Mirror, ci mostra un’umanità schiava e in balia totale della tecnologia, a tal punto che, il servizio clienti associato al robot, non solo non tenta di salvare Jeanette, ma anzi, fa di tutto affinché sia eliminata. Se a questo si unisce il fatto che l’azienda ha una sottoscrizione particolare a pagamento che consente di non essere più vincolati alla company robotica (ed essere liberi dal loro giogo), è chiaro che la società usa questi finti malfunzionamenti, probabilmente programmati, per ricattare i clienti in maniera brutale. La protagonista sceglie intenzionalmente di non sottostare a tali richieste vessatorie e decide deliberatamente di fuggire: braccata per tutta la vita, ma libera fino alla fine.

Ghiaccio: la spiegazione finale, essere fratelli nonostante le differenze

Ghiaccio

L’episodio, adattamento della storia di Rich Larson, è ambientato in un futuro dove le modifiche corporee sono all’ordine del giorno. Nonostante questo, il giovane Sedgewick è un essere umano normale e non è trasformato meccanicamente come suo fratello Fletcher e per tale motivo è ghettizzato e deriso. Riuscirà ad ottenere la sua rivincita personale quando, in una corsa pericolosa, a tratti iniziatica, insieme al gruppo di amici di Sedge, lo salva dopo un’infortunio alla gamba, trascinandolo via dalla morte. Il gesto del ragazzo dimostra anche agli altri il suo valore e per questo aspetto viene accettato così com’è.

Nel finale della puntata viene palesato che la ferita alla gamba di Fletcher era solamente una finta. Perché questo stratagemma? È lecito pensare che lo abbia fatto per dare prova a Sedgewick di dimostrare il proprio coraggio e farsi finalmente apprezzare dagli amici del fratello, anche se tale scelta non è stata priva di rischi. E se fossero entrambi morti per questa bravata? La storia sembra suggerire che l’amore fraterno va al di là della morte stessa e che Fletcher ha voluto giocare pericolosamente per il bene di Sedge, anche rimettendoci la pelle ma potrebbe, in parallelo, trasparire un altro messaggio. In un mondo dove l’apparire è più importante dell’essere, in certi casi bisogna mentire per ottenere il favore e l’apprezzamento degli altri.

Pop Squad: la spiegazione finale, quando i replicanti sono i bambini

Pop Squad

Pop Squad, ispirato al racconto di Paolo Bacigalupi, rientra tra le puntate più interessati del Volume 2 di Love, Death & Robots. Nell’episodio, l’umanità ha raggiunto l’immortalità, ma a caro prezzo: non si possono avere figli e quei pochi che sono in giro, vengono sterminati brutalmente da squadre speciali. Il detective Briggs fa parte di questi team di morte, anche se prova del rimorso e soffre per gli omicidi insensati che è obbligato a compiere. Devastato dai sensi di colpa, un giorno, seguendo le tracce di una donna, scopre che quest’ultima vive segretamente con il proprio bambino.

Lei ha preferito questo alla lunga ed infinita vita, oramai noiosa e opprimente, perché la bambina le ha dato nuove prospettive. Titubante sull’azione da compiere, Briggs decide di risparmiare la piccola e fugge. Viene raggiunto dalla sua collega Pentle che capisce tutto. I due si sparano a vicenda e dopo aver superato il corpo dell’agente, Briggs, ferito gravemente, assapora sulla pelle la pioggia per l’ultima volta e spira felice. Oltre alla palese citazione a Blade Runner, dove nel finale il replicante Roy Batty si sente “umano” sotto la pioggia, la scelta del protagonista ci fa riflettere molto. Freddo e calcolatore, l’uomo, dopo aver scambiato degli sguardi con la bambina, comprende che l’umanità ha bisogno dell’amore e dell’affetto dei figli, non della rarefatta e illusoria vita eterna.

Snow nel deserto: la spiegazione finale, l’eternità è nulla senza qualcuno con cui passarla

Snow nel deserto

Neal Asher firma la storia dell’episodio in questione, action e adrenalinico. Snow è un albino immortale che ha quasi 200 anni. Ma la sua è realmente vita, in quanto è costretto a scappare continuamente da mercenari che vogliono la sua pelle, per ottenere il segreto dell’immortalità? L’incontro con una inaspettata alleata, Hirald, cambia di gran lunga la prospettiva e non solamente dal punto di vista sentimentale. In lei non trova solo una compagna ma anche la chiave di volta per vivere finalmente serenamente, non più da solo, ma con un partner perfetto.

Nella parte conclusiva della puntata, si scopre che la donna è un ibrido tra un androide e un umano e salva Snow da morte certa. Non è chiaro se effettivamente sia vero che è stata mandata dall’Earth Central Intelligence per scoprire, in maniera pulita, il segreto della sua immortalità, ma poco ci interessa. Quello che conta è che la vita eterna, di nuovo, viene mostrata nella serie come inutile e meschina e stavolta la soluzione finale è l’affetto di un partner. Certo, è anche vero che Snow e Hirald condividono anche un legame, per così dire, biologico, ma alla base di questo ci sono due anime gemelle che si sono trovate e che si uniscono per salvarsi reciprocamente.

L’erba alta: la spiegazione finale, un limbo misterioso che spaventa ed attrae

Love Death & Robots

Veniamo ad uno degli episodi più criptici di questa nuova raccolta di Love, Death & Robots che trova la sua origine dalla penna del celebre Joe Lansdale. Un misterioso viaggiatore è seduto comodamente in un treno in corsa verso una destinazione sconosciuta. Durante una fermata nel mezzo del nulla, l’uomo si accende una sigaretta e si avventura nei campi di erba alta circostanti, scoprendo disgraziatamente che ci vivono delle orribili creature luminose, dalla dubbia e misteriosa provenienza.

Riuscito a fuggire per miracolo grazie al capotreno, l’uomo, una volta ricondotto il viaggiatore sul mezzo, gli racconta che in quel passaggio della ferrovia si apre una sorta di portale da un altro mondo. Nella scena finale, il treno riparte, rivelando moltissime entità sui lati della strada. In questo caso, il tutto viene lasciato all’interpretazione del pubblico: non si spiega praticamente nulla né dei mostri, né tantomeno come mai avviene questo fenomeno. La teoria che ci risulta più immediata è che, in quel punto specifico del percorso, si trova in una specie di misterioso limbo dove queste creature (forse umani, chissà) sono obbligate a vivere. È come se in quel determinato tratto si assottigliasse la distanza tra realtà e mondo ultraterreno con l’umanità che viene ravvisata della presenza di un dimensione altra da respingere e dalla quale tenersi lontano.

Era la notte prima di Natale: la spiegazione finale, quanto è importante essere buoni?

Era la notte prima di Natale

Il corto più breve del Volume 2, ispirato al racconto di Joachim Heijndermans, trova la sua forza proprio nella brevità. La puntata vede come protagonisti due bambini, fratello e sorella, che durante la notte sentono dei rumori provenire dal camino della loro casa. Non appena si recano ad accertarsi della fonte del rumore, scoprono che non é Babbo Natale ad avergli portato dei doni, ma una creatura deforme che, nonostante le apparenze, li premia perché sono stati buoni tutto l’anno con i regali che desideravano.

Il corto si chiude con un quesito: e se i piccoli si fossero comportati male, cosa sarebbe successo realmente? Per prima cosa tocca chiedersi quale sia effettivamente l’identità del mostro: potrebbe essere Santa Klaus travestito (un ottimo deterrente per il comportamento dei bimbi) o anche una sua versione alternativa magari di un mondo parallelo al nostro. Sulla possibilità della fine dei protagonisti a causa fauci del mostro, non possiamo mettere la mano sul fuoco: d’altronde non sappiamo se questa sia la reale forma del personaggio, forse dietro si cela un coccoloso e affettuoso orsacchiotto. Una morale in particolare rimane dopo la fine dell’episodio: mai fidarsi delle apparenze e quale miglior modo di rappresentarlo con una creatura orribile che porta regali ai bambini?

La cabina di sopravvivenza: la spiegazione finale, lo scontro tra uomo e macchina

Love Death & Robots

Probabilmente il corto meno interessante della collezione, ispirato da una storia di Harlan Ellison. La realizzazione è incentrata su un pilota spaziale che, una volta schiantatosi dopo un conflitto nello spazio con una razza aliena sconosciuta, trova rifugio in una gabbia di salvataggio. Purtroppo per lui, il robot di manutenzione è difettoso e lo attacca a più riprese. Con il suo ingegno, l’uomo riesce a sconfiggerlo e a chiamare aiuto, così da essere tratto in salvo.

In questo caso, non c’è in realtà molto da spiegare e, ad onor del vero, il tutto sembra una brutta copia del primo episodio, con meno elementi che contribuiscono a rendere il background presentato di un certo spessore. Ovviamente non è molto importante tutto il contorno che ha portato il pilota in quella situazione, ma solamente il combattimento per la sopravvivenza con il robot in sé. Possiamo provare ad ipotizzare che il robot di manutenzione abbia qualcosa da nascondere e il fatto che il rifugio possa essere una trappola per il protagonista non è da escludere, anzi. Se ci pensate bene, colpire una persona mentre è così fragile, è una mossa meschina ma strategicamente geniale, peccato che sia andata male…

Il gigante affogato: la spiegazione finale è nel materialismo senza controllo

Il gigante affogato

Arriviamo alla puntata finale del Volume 2 di Love, Death & Robots, che vede la regia del creatore della serie, Tim Miller, particolarmente a suo agio sul materiale originale fornito dal surrealista J. G. Ballard. Anche qui ci troviamo di fronte ad una storia carica di enigmaticità, quindi tenetevi forte. In un piccolo paesino marittimo, viene rinvenuto un corpo di un gigante che diventa l’attrazione principale degli abitanti. Il narratore, un ricercatore, descrive come, con il passare del tempo, il cadavere si deteriora e sistematicamente la gente, oltre a deturparlo, ruba i vari pezzi della monumentale entità, come trofei di un’era passata.

Il corto si chiude con una fantasia del protagonista che immagina il cadavere putrefatto rialzarsi e recuperare in paese tutte le sue parti del corpo, una ad una. L’incipit è volutamente criptico e non ci spiega da dove provenga questa misteriosa creatura, se è una divinità caduta dal cielo o una specie proveniente da un altro pianeta. L’accento è posto sulla reazione degli abitanti: la meraviglia e la curiosità si trasformano, rapidamente, in ossessione in quanto tutti vogliono avere una parte del gigante. Non si denuncia solo il materialismo ma anche il vizio, squisitamente umano, di appropriamento culturale, alla continua ricerca di manufatti del passato, non per lo studio, ma per il puro sfoggio estetico. Ne consegue che l’immaginazione del narratore vede la creatura, mutilata, che per giustizia divina o per uno scopo naturale sconosciuto, si riappropria dell’identità, dopo che è stata frammentata dal consumismo esagerato e indiavolato delle persone.

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