Candy: Morte in Texas – recensione della serie con Jessica Biel

Recensione di Candy: Morte in Texas, la serie crime con Jessica Biel che porta sullo schermo un personaggio inquietante che ha fatto discutere gli USA negli anni '80.

Dopo le esperienze di The Sinner e Limetown, Jessica Biel torna protagonista di una serie TV pregna di mistero, Candy: Morte in Texas. Appena cinque episodi, disponibili su Disney+, che permettono al pubblico di conoscere un fatto di cronaca molto discusso nell’America degli anni ’80 e che, in definitiva, ha lasciato numerose domande irrisolte. Basata su fatti realmente accaduti, Candy: Morte in Texas è praticamente ambientata nel più classico dei quartieri americani degli anni ’80, quelli in cui, cioè, tutti sembrano andare d’accordo, tutti hanno il giardino perfettamente curato e tutti vogliono disperatamente apparire perfetti e impeccabili agli occhi degli altri, sia come singoli individui che come interi nuclei famigliari. Come sempre succede, però, l’apparenza inganna completamente e questa serie TV ce lo ricorda sin da subito, creando un parallelismo costante tra quello che succede alla luce del giorno e quello che, invece, accade tra le quattro mura domestiche, dove il vicinato non ti vede e puoi essere finalmente te stesso, con tutte le tue debolezze ed i tuoi disagi interiori.

Candy: Morte in Texas, l’omicidio ed il processo che sconvolse l’America degli anni ’80

Candy, recensione della serie con Jessica Biel - Cinematographe.it

Candy è diretta dallo sceneggiatore nominato agli Emmy Robin Veith, che ha anche co-creato la serie con Nick Antosca. Al centro di tutto c’è Candy Montgomery (Jessica Biel), una casalinga che tutti considerano perfetta, e così appare anche agli occhi del pubblico nel momento in cui si affaccia per la prima volta sul piccolo schermo: bella, fisico curato, intraprendente e capace di svolgere al meglio il ruolo di madre, di moglie, di amica e, più in generale, di membro di una comunità. Si presenta come una vera e propria leader, e questo comporta ammirazione da parte degli altri ma anche piccoli grandi invidie, soprattutto da parte di chi, a causa di una maggiore sensibilità e fragilità, non riesce a stare al passo con le “prime della classe”. Questo è il caso di Betty (Melanie Lynskey), altra protagonista della serie TV. Sposata con Alan (Pablo Tell Schreiber), Betty ci viene subito presentata come una donna profondamente sola, giunta ormai al limite della sopportazione. Soltanto con il passare degli episodi, capiamo cosa l’abbia portata ad essere così insofferente nei confronti del vicinato e, soprattutto, nei confronti di Candy.

La serie trascorre un bel po’ della sua durata cercando di dare allo spettatore un’idea dei problemi che stavano attraversando sia Candy che Betty. Il primo episodio, in particolare, è profondamente solidale con entrambe le donne, che si sentono chiaramente intrappolate nei loro ruoli di madri e di mogli. Betty implora il marito di non partire per un altro viaggio di lavoro, lasciandola incinta e spaventata, mentre Candy è impegnata con i suoi due figli ed un marito che la ignora. Vediamo Candy che prepara la colazione per i suoi figli e per la figlia di Betty. Candy accetta di portare la figlia di Betty a vedere “L’impero colpisce ancora” con la famiglia, dicendo a suo marito che le uniche volte in cui la ragazzina si diverte è quando trascorre il suo tempo con loro. Questo è solo il primo di molti minuscoli semi di disgusto che Candy nutre nei confronti di Betty che viene rivelato al pubblico, anche se rappresenta solo un piccolo presagio di ciò che verrà.

Sin dall’inizio, Candy: Morte in Texas ci guida all’interno di un racconto che si svilupperà principalmente su due piani temporali paralleli, mostrandoci cosa accade nel presente e cosa è accaduto negli anni precedenti il fattaccio intorno al quale si sviluppa l’intero show. Soltanto alla fine si aggiungerà un terzo piano temporale, relativo al processo che non farà altro che mettere in luce le ombre di determinati personaggi. A differenza di molti altri titoli crime, qui il pubblico non dovrà però scervellarsi per capire chi abbia fatto cosa: anzi, le cose sembrano piuttosto chiare già a partire dal primo episodio, quindi si tenterà piuttosto di rimettere insieme i pezzi per comprendere fino in fondo le ragioni di determinati accadimenti. Ragioni che in realtà vengono snocciolate soltanto fino ad un certo punto, poiché anche a visione conclusa, lo spettatore rimarrà a chiedersi dove si nasconda la verità.

Jessica Biel e Melanie Lynskey donano intensità ai loro rispettivi personaggi, due donne apparentemente agli antipodi ma in fondo così simili nella loro solitudine

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La regia di Candy: Morte in Texas indugia su numerosi dettagli della quotidianità di Candy Montgomery e degli altri protagonisti. Piccoli gesti che non passano inosservati e che, anzi, non fanno altro che accrescere la tensione di sequenza in sequenza, mostrando, ad esempio, la catena di eventi che porta Candy a perdere il controllo, cosa che appariva impossibile per una donna come lei, la cui vita sembrava costruita su un’impeccabile tabella di marcia. Eppure, come sempre, basterebbe guardare oltre le apparenze: lo sguardo vuoto della donna fa intuire qualcosa sin da subito e, in questo senso, l’interpretazione di Jessica Biel risulta totalmente in grado di donare l’intensità giusta ad un personaggio così enigmatico, complesso e, per certi versi, profondamente inquietante. Interpreta Candy come fredda e calcolatrice, ed è eccellente nel nascondere la sua vera natura dietro una patina di dolcezza. Melanie Lynskey, dal canto suo, risulta altrettanto perfetta nell’interpretazione di Betty, personaggio nei confronti del quale non si può che nutrire compassione e che l’attrice porta sullo schermo riuscendo a metterne in risalto i disagi interiori, l’insofferenza ma anche l’incapacità di emergere in un contesto sociale che corre veloce e lascia indietro chi non è in grado di tenere il passo. Ogni momento con Candy e Betty sembra davvero il precursore di qualcosa di terribile, anche quando Candy fa qualcosa di carino, come organizzare un baby shower a Betty.

Le musiche che accompagnano dall’inizio alla fine la serie, rendono le sequenze di Candy: Morte in Texas simili ai tasselli del domino che viene mostrato nella sigla iniziale, che si susseguono e portano al drammatico epilogo della storia. Gli elementi del true crime ci sono tutti: un brutale omicidio con l’ascia, una relazione torrida ed uno dei processi più discussi della storia. Sebbene il caso fosse piuttosto di alto profilo all’inizio degli anni ’80, molti spettatori probabilmente non conosceranno gli eventi completi o l’esito della storia e, in questo caso, meno ne sai, meglio è. Saggia risulta la scelta di sviluppare lo show in appena cinque episodi: non esistono, infatti, grossi colpi di scena, tali da permettere al racconto di protrarsi oltre con successo. Il pubblico riesce a superare anche i momenti più lenti e meno avvincenti della storia (e ce ne sono diversi), spinto dalla curiosità di capire come sia andata a finire, se qualcuno abbia pagato per quanto accaduto o, in caso contrario, come sia riuscito a farla franca.

Candy: Morte in Texas, la serie complessivamente convince, nonostante la distribuzione del ritmo troppo sbilanciata verso il finale

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In definitiva, chi ha realizzato questa serie ha dovuto trovare il modo di tenere alto il ritmo della narrazione e quindi non disperdere l’attenzione dello spettatore medio, riuscendoci in buona parte ma non totalmente. Il problema più grande di Candy è infatti il ritmo. La serie si fa strada attraverso gli eventi che hanno portato all’omicidio, quindi trascorre un po’ di tempo nell’immediato periodo successivo e nelle indagini. Solo una volta che Candy è sotto processo, e dopo aver trascorso il tempo languidamente ad aumentare la tensione per quattro episodi, la serie accelera enormemente, correndo attraverso i procedimenti legali prima di emettere il verdetto e svanire nel nero.

I fan del genere crime troveranno sicuramente cose da apprezzare nella serie, e i fan della narrazione cinematografica apprezzeranno la buona fotografia e le grandi interpretazioni ma, alla fine, Candy risulta un po’ un pasticcio. È un horror sociale sul sentirsi intrappolati dai ruoli di genere? È un racconto morale sui pericoli del sesso extraconiugale? È una semplice storia dell’orrore sulla donna della porta accanto che perde il controllo e colpisce la sua amica con un’ascia? In un certo senso, è un po’ tutto questo, ma non approfondisce nessuna di queste cose abbastanza da permettere allo spettatore di ritenersi pienamente soddisfatto a visione conclusa.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

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