I am Luke Perry: recensione del documentario su Sky e NOW prodotto da Jason Priestley
Attraverso interviste esclusive e immagini inedite, I am Luke Perry celebra l’attore, svelando l’uomo dietro il sex symbol.
“Quando i miei giorni qui saranno finiti, non dovrò guardarmi indietro e pensare di non aver fatto nulla. Non voglio passare senza lasciare un segno”. Con queste parole, Luke Perry – già negli anni Novanta – mostrava tutta la sua natura umile e, allo stesso tempo, determinata. Era un uomo che non inseguiva l’immagine della star, ma il valore dei rapporti umani e delle storie che voleva raccontare. I am Luke Perry è il documentario prodotto da Jason Priestley – suo collega, amico fraterno e co-star in Beverly Hills 90210 – che ripercorre la carriera di uno degli attori più iconici degli anni Novanta.

Dall’infanzia alla sua morte, passando per il successo di Beverly Hills 90210, le amicizie e i film, il documentario racconta l’uomo dietro al mito, spesso paragonato a James Dean. Interviste e immagini d’archivio ricostruiscono l’ascesa di Perry come star globale, la sua umanità, la generosità fuori dal set e il rapporto speciale che aveva con colleghi, fan e famiglia. I am Luke Perry è disponibile in prima visione su Sky Documentaries, il 15 novembre 2025 alle 22:50, on demand e in streaming su NOW.
I am Luke Perry: il lungometraggio ‘per tutti gli adolescenti smarriti che devono ancora essere ritrovati’

I am Luke Perry è nato anche grazie al lavoro di Jason Priestley, il Brandon Walsh di Beverly Hills 90210 che ha voluto rendere omaggio all’amico raccontando non solo l’attore, ma soprattutto l’uomo. Un uomo che, con la sua gentilezza e il suo modo di stare al mondo, ha lasciato un segno profondo in chi lo ha conosciuto. Luke, leggenda amata da più generazioni, era un ragazzo dalle origini semplici e da un cuore sorprendentemente grande. Da ragazzo di una piccola città come Fredericktown – in Ohio, negli USA – a sex symbol di Hollywood e icona della cultura pop, Luke Perry è diventato famoso grazie al ruolo che lo ha consacrato: quello di Dylan McKay in Beverly Hills 90210.
Teen drama prodotto per 10 stagioni dal 1990 al 2000 e creato da Aaron Spelling e Darren Star, raccontava la vita degli adolescenti come mai nessuno aveva fatto prima. Nonostante siano trascorsi trentacinque anni dalla sua prima messa in onda, la serie è incredibilmente attuale. Le storie parlano di sessualità, droga, alcolismo, AIDS e molti altri temi delicati raccontati con una sensibilità che ha lasciato un’impronta indelebile in chi è cresciuto con quegli episodi. “La cosa più importante che ho capito è quanto questa comunità tenga profondamente agli attori della serie. C’è un legame profondo con tutti gli attori, un legame molto speciale. Come se avessimo vissuto tutti insieme il periodo del liceo o le esperienze tipiche di quegli anni”, racconta nel docufilm Peter Ferriero, creatore del podcast BH90210 Show.
Ed è, forse, per questo che il ricordo di Luke Perry continua a toccare corde profonde: in lui convivevano ribellione e fragilità, fascino e dolore, rendendo Dylan McKay un personaggio che il pubblico ha amato visceralmente. Attraverso la voce di Priestley e delle persone più vicine all’attore, emerge un professionista sensibile e determinato. “Il successo di Beverly Hills 90210 ha cambiato le nostre vite. Quando sei un idolo dei teenager, si dà per scontato che tu non sia un bravo attore. Per molti, hai solo un bel viso”, racconta Priestley. Ma Luke ha sempre lavorato con impegno per dimostrare il contrario.
Oltre Dylan McKay: la carriera che ha definito un’icona e un’umanità che ha lasciato il segno

Per Luke Perry, il fallimento non era un’opzione, anche di fronte alle difficoltà e ai rifiuti. Nonostante abbia affrontato ben 216 provini senza successo, non si è mai arreso. Per lui, un “no” era semplicemente una sfida da superare. “La paura di fallire? Ci sentiamo dire di no molte volte, ma significa ‘no’ soltanto se ci credi”, raccontava, sottolineando come la determinazione sia la chiave per farcela. “Luke aveva capito l’importanza di dimostrare al mondo che era molto più del personaggio di Dylan McKay”, dice Priestley.
Attraverso interviste, immagini e aneddoti raccontati da amici e colleghi, viene fuori il ritratto di un ragazzo che ha saputo reinventarsi più volte, passando con naturalezza dai set televisivi al cinema. Il documentario mostra le sue collaborazioni con registi di rilievo e il suo impegno costante nel migliorarsi come attore, elementi che gli hanno permesso di scrollarsi di dosso l’etichetta di Dylan McKay. “So bene cosa Beverly Hills 90210 ha rappresentato per me e viceversa. Semplicemente, sentivo che era arrivato il momento di fare altro”, raccontava quando decise di lasciare la serie per aprire un nuovo capitolo. Nella sua carriera, ha lavorato a film come Crocevia per l’inferno (Normal Life), 8 secondi di gloria (8 Seconds), Il quinto elemento (Le cinquième élément) e persino C’era una volta a… Hollywood (Once Upon a Time in… Hollywood) di Quentin Tarantino.
Di lui Leonardo DiCaprio, ricorda e racconta: “Sono rimasto subito colpito dalla sua gentilezza. Ricordo quando ero adolescente, lui era l’incarnazione del nuovo James Dean in TV e, al tempo, erano tutti pazzi di lui. Ho provato una sensazione travolgente. Ero quasi intimidito, ma poi abbiamo subito iniziato a parlare di Los Angeles, degli anni Novanta, della TV, della mia carriera, della sua, della sua vita, della mia e mi sono davvero reso conto di quanto fosse gentile come essere umano e incredibilmente generoso”. Dalle testimonianze di amici, colleghi e registi – tra cui Stephen Baldwin, Marisol Nichols e Timothy Olyphant – si comprende quanto Luke fosse capace di toccare profondamente le persone con cui lavorava. “Per me era un fratello ed è stata dura anche per gli altri, perché aveva instaurato legami profondi con tutti gli attori del nostro cast. Era un vero amico per molti di noi, non solo per me”, racconta Jason parlando dell’addio di Luke a Beverly Hills 90210. Alla fine della sua lunghissima carriera, c’è stato anche il ruolo di Fred Andrews in Riverdale. Poi, l’improvvisa e inaspettata morte il 4 marzo 2019, a soli 52 anni, a causa di un ictus.
I am Luke Perry: valutazione e conclusione
I am Luke Perry è un documentario sincero e toccante, scritto e diretto da Adrian Buitenhuis con un team di executive producer di alto livello tra cui Jason Priestley, Ali Pejman e Tim Gamble e prodotto da Stephen Sawchuk e Gemma Strongman. Il documentario riesce a raccontare con grande delicatezza e rispetto Luke Perry, dal ruolo iconico di Dylan McKay ai suoi ultimi lavori. Artista umile e instancabile, aveva la passione per la recitazione e – come dimostrano i racconti di amici, colleghi e familiari – era un uomo di rara gentilezza. I am Luke Perry restituisce un ritratto che emoziona e fa riflettere su un uomo che ha saputo lasciare un segno profondo nella vita dei fan e di chi lo ha conosciuto.