Monster – La storia di Ed Gein: cosa c’è di vero nella serie Netflix
Ma davvero Ed Gein è quello che Monster 3 ci presenta?
Monster–la storia di Ed Gein, rispetto alle due stagioni precedenti, cambia volutamente registro. Non si limita a ripercorrere le gesta di un assassino, ma scava nel terreno vischioso dove il mostro e l’uomo si confondono, approfondendo l’aspetto psicologico più che l’efferatezza dei crimini in sé. Dopo Dahmer e Menéndez, che non erano riusciti a tutti gli effetti a bucare lo schermo, arriva Ed Gein, il killer che ha ispirato Psycho, Il silenzio degli innocenti e Non aprite quella porta. La serie Netflix, però, non si accontenta del mito “mostruoso”, tutt’altro: prende ispirazione dalla realtà disturbata del killer e lo trasporta sullo schermo senza sminuire la profondità dei suoi disturbi. Nato nel 1906 e cresciuto in una fattoria isolata nel Wisconsin, Ed Gein vive sotto il dominio di una madre ossessivamente religiosa. Dopo la sua morte, Ed inizia a riesumare cadaveri e a creare oggetti domestici con resti umani: solo quando le autorità scoprono in casa sua teschi, maschere di pelle e mobili foderati, Gein viene assicurato alla giustizia. Uccide almeno due donne -Mary Hogan e Bernice Worden – e confessa atti di necrofilia e cannibalismo. Ma quanto c’è effettivamente di vero, in ciò che viene mostrato nelle serie?
Monster – La storia di Ed Gein: l’idea della madre come simbolo

Innanzitutto, Ryan Murphy e il suo team scelgono un taglio più psicologico che documentaristico. Il confine tra realtà e delirio si fa labile, e la serie costruisce un ritratto che non sa tanto cronaca, quanto più di “autopsia” mentale che dà ampio all’ingombrante figura materna di Gein. Nella realtà, Augusta Gein fu davvero una donna severa e repressiva, che condizionava tutte le scelte dei figli-arrivando a fare promettere sia a Henry, il maggiore, che a Ed, di non avere mai rapporti sessuali con nessuna donna-. Nella serie, oltre a incarnare l’idea di una donna ossessiva, diventa “la voce” che continua a comandare il killer anche dopo la morte. Possiamo dire che Augusta si trasformi in un simbolo, più che in una persona a sé stante, diventando una matrice del male per il figlio. Inoltre, la sceneggiatura inserisce personaggi inventati come il detective alcolizzato e un prete ambiguo — che non esistono nella cronaca ma servono a rappresentare le voci interiori di Ed-.
C’è da ammettere che alcune parti della serie restano profondamente fedeli alla realtà. Una di queste è, senza dubbio, l’isolamento della fattoria, accompagnato in seguito dalla scoperta dei corpi e dalla ritualità disturbante con cui Ed manipola la morte. Ma molto è anche romanzato. Al punto che, nel racconto televisivo, Gein parla con i resti delle sue vittime, le immagina ancora vive a fargli compagnia. Nella realtà, queste allucinazioni non furono mai documentate in modo certo. Persino il cosiddetto “rituale” con cui la serie costruisce la scena madre (Ed che assembla pezzi umani come se volesse “ricomporre” Augusta) è invenzione. Eppure funziona: è il simbolo visivo della sua ossessione per la carne come estensione del controllo materno.
Monster – La storia di Ed Gein: il killer non ha mai impugnato motoseghe nei boschi

Come già accaduto in Dahmer, Murphy usa la finzione per interrogare la realtà. Ma qui il rischio risulta troppo evidente: il killer viene umanizzato in qualità di essere umano fragile, quasi innocente, vittima del proprio isolamento e di una madre repressiva. Lo spettatore, dunque, è portato a empatizzare con lui, non solo a temerlo. È una scelta narrativa coraggiosa ma sul filo del rasoio, perché ogni volta che la regia indugia sulla sua solitudine e sui traumi subiti, le vittime scompaiono, restando confinate in una cronaca sterile. Nella realtà, Mary Hogan e Bernice Worden erano donne con una storia e una comunità d’appartenenza ben delineate, mentre nella serie restano sagome. È l’effetto collaterale di ogni biopic sul male: la prospettiva del carnefice finisce per inghiottire tutto (ma in Ed Gein un po’ di più). Anche Bernice Worden è una differenza sostanziale tra la serie e la realtà.
Secondo i rapporti dell’epoca, Gein si era semplicemente limitato ad attirare la proprietaria del negozio nel retro, senza conoscerla particolarmente. Diverso è, invece, il tipo di relazione (anche di natura intima) tra loro che può essere estrapolato dalla serie. Infine, tra le serie più crude e spettacolari della narrativa di Murphy, figura indubbiamente Gein che impugna una motosega contro due uomini, Victor Travis e Raymond Burgess. Un momento che nella realtà non è mai avvenuto: Gein si limitò a utilizzare un’arma molto meno cinematografica, ossia un fucile calibro 22. Insomma, nonostante il killer descritto nella serie tv non resti così tanto fedele a quello reale, ci limitiamo ad apprezzare il racconto di un Ed Gein quasi del tutto fuori dagli schemi.