Squid Game 3, Lee Byung-hun rivela: “Il finale? Lo immaginavo diverso”
L'attore che interpreta il Leader rivela le sue sensazioni sul finale della serie.
Con l’arrivo della terza e ultima stagione di Squid Game, Netflix ha chiuso il cerchio di una delle serie più rivoluzionarie degli ultimi anni… o forse no. Perché l’episodio finale non solo ha lasciato il pubblico con il fiato sospeso, ma ha anche aperto la porta a uno spin-off americano che promette di portare la distopia oltreconfine.
E tra i personaggi più enigmatici di questo epilogo c’è senza dubbio il Leader, interpretato da Lee Byung-hun, star indiscussa del cinema coreano. Nelle sue mani, l’uomo dietro i giochi letali si trasforma da freddo burattinaio a figura complessa, combattuta tra il ruolo che ricopre e un barlume di coscienza risvegliato dallo scontro con Gi-hun (Lee Jung-jae).

“Quando ho letto la sceneggiatura, pensavo fosse un’altra storia”
In un’intervista a The Hollywood Reporter, Lee ha confessato che il finale lo ha colto di sorpresa: “Quando ho letto per la prima volta la sceneggiatura, ho avuto un’impressione diversa. Pensavo che il Leader sapesse già dell’esistenza di altri giochi all’estero. Ma il regista mi ha detto: ‘Gira la scena come se non sapessi nulla’.”
Questa scelta creativa ha costretto l’attore a ripensare completamente il personaggio proprio sul finale: “All’inizio il Leader aveva perso ogni speranza nell’umanità. Gli restava solo un briciolo di bontà, nascosto dentro di sé. Ma il suo confronto con Gi-hun ha lentamente riacceso quella scintilla.”
Tuttavia, quando nella scena conclusiva il Leader scopre che i giochi continueranno – rivelazione inaspettata, resa ancora più potente dall’apparizione di Cate Blanchett come reclutatrice americana – l’amarezza torna a dominare il suo volto. “In quel momento cerca una chiusura, la possibilità di un nuovo inizio. Ma capisce che non finirà mai. Tutto rimarrà uguale. E quel senso di amarezza è ciò che ho voluto trasmettere.”
Lee ammette che questa interpretazione lo ha “confuso e sfidato”, ma è proprio in questa ambiguità che risiede la forza del personaggio: un uomo che osserva il baratro, sapendo di farne parte, ma che per un attimo ha osato credere che fosse possibile uscirne.
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