Earnhardt: recensione dei primi episodi della serie TV Prime Video
La serie tv documentario è un racconto affascinante che mescola la vita sportiva e privata di un campione Nascar, Dale Earnhardt. Su Prime dal 22 maggio i primi due episodi.
“È difficile essere Dale Earnhardt?”, è questa la domanda che viene posta da un giornalista al pilota automobilistico Dale Earnhardt, forse l’interrogativo chiave di tutto il documentario per delineare il difficile ritratto di una leggenda del motorsport americano. La serie documentario, uscita il 22 maggio 2025 (mentre i due episodi finali sono disponibili dal 29 maggio) su Prime Video e diretta da Joshua Altman, attraversa la vita del pilota Earnhardt interrogandosi non solo sulla biografia personale del campione, ma anche sull’impatto culturale di uno sport chiave per il popolo americano. Tra filmati d’archivio inediti, interviste esclusive con familiari, rivali storici e giornalisti, e la voce personale dei figli, Earnhardt tratteggia con precisione un viaggio complesso nei desideri e nei sogni di un uomo che ha rivoluzionato la Nascar, uno dei campionati sportivi più seguiti in America.
Dale Earnhardt, una vita spesa tra il rombare di motori, l’odore dell’asfalto e l’adrenalina feroce dopo ogni sorpasso

Forse prima che uomo, pilota. Dale Earnhardt ripete spesso nei documenti d’archivio che i suoi primi ricordi di vita sono associati alle corse. Già il padre, Ralph Earnhardt, era un grande pilota della Nascar, morto quando Dale era ancora ragazzo per un infarto. “Non ho mai voluto far altro”, era solito ripetere ai giornalisti, e, infatti, la sua vita è una testimonianza lampante del suo amore per le corse. Fin da ragazzo, il suo obiettivo era chiaro: i debiti si rincorrevano pur di gareggiare sognando quel mondo e, soprattutto, i titoli. Obiettivo ampiamente raggiunto, visto che Earnhardt è stato sette volte vincitore della NASCAR Sprint Cup Series. Probabilmente il pilota più famoso dopo Richard Petty e Jimmie Johnson, tra i suoi soprannomi quello più noto è “The Intimidator”.
In ogni gara, in ogni giro, in ogni centimetro, Dale inseguiva il suo sogno e la gloria. Ma prima ancora, inseguiva una forza di volontà indomabile, quella di non desiderare altro che gareggiare. A costo di sacrificare molte cose, a partire dalla famiglia. Attraverso la voce dei figli e di alcuni amici intimi, fuoriesce il profilo di un padre assente per molti anni. Per raggiungere la perfezione Dale impiegava la maggior parte del suo tempo in officina, l’intero team – la seconda “famiglia” che molte volte sostituiva la prima – era un gruppo di sognatori, meccanici, appassionati, tutti coinvolti per consegnare nelle mani di Earnhardt la migliore auto possibile per trionfare.
Nei racconti dei figli emerge la sofferenza per la separazione dei genitori e, soprattutto, il trauma dopo la morte della madre. Tuttavia, alla morte della ex moglie, Earnhardt reagisce cercando di riavvicinarsi ai figli. Un rapporto, il loro, che andava costruito col tempo, una fiducia e un amore conquistato a piccoli passi, attraverso atti di compassione e comprensione reciproca. Nel documentario non si vede solo l’Earnhardt pilota ma anche quello privato, necessario per restituire un ritratto più fedele possibile e veritiero.
Il pilota che infiammò la Nascar: la sua era una guida temeraria e discussa, in cui si celava un genio e un’ossessione unica che lo contraddistingueva da tutti gli altri

Oltre alla figura privata, l’aspetto più interessante dei primi due episodi della serie, è il racconto delle imprese sportive di Dale, accompagnato anche dai momenti più bui e oscuri. Dale Earnhardt dopo un primo exploit nel mondo della Nascar aveva deciso di fermarsi per un po’, fino al ritorno esplosivo in una scuderia indipendente, quella di Richard Childress, entrata nella storia per il modo di gareggiare esplosivo e aggressivo. Durante gli anni ottanta, diede vita a una delle rivalità sportive più belle della storia della NASCAR, cioè quella con l’amico-rivale Darrell Waltrip. Tra il 1990 e il 1994 vinse quattro titoli NASCAR (oltre ai primi tre conquistati negli anni ottanta), dimostrandosi il pilota più amato e odiato di quella stagione.
Un odi et amo doveroso da parte del pubblico: la guida spericolata di Dale Earnhardt era da molti considerata un pericolo per il naturale svolgimento delle gare. Succedeva spesso che i continui sorpassi e tamponamenti di Earnhardt provocassero incidenti e testa coda pericolosi per alcuni piloti. Aveva ormai conquistato la fame di “cattivo” della Nascar, il suo atteggiamento un po’ schivo e scontroso era da alcuni malvisto, mentre per altri era un modo diverso di presentarsi al mondo e di vivere l’attività agonistica. Ma era davvero incosciente o era troppo bravo? La verità, come succede spesso, sta nel mezzo. Il documentario – almeno nella prima parte – ha il merito di non far pendere il giudizio da una parte o dall’altra. Ma si limita a raccontare tutti gli aspetti della vita di Dale Earnhardt, specie quelli più problematici e polemici.
Earnhardt: valutazione e conclusione
I primi due episodi diretti da Joshua Altman procedono con un grande ritmo, complice un montaggio alternato di interviste e materiali d’archivio. Ne esce fuori un documentario interessante e appassionante. Forse a tratti un po’ troppo manchevole della voce di Dale Earnhardt, comprensibile tuttavia per la sua ritrosia nel lasciare dichiarazioni e mostrarsi con piacere ai riflettori.
Tant’è vero che l’aspetto più interessante della prima parte della serie è affidato proprio al racconto personale dei figli del pilota.
In conclusione, la serie Prime Video può essere considerata un altro piccolo tassello, da aggiungere nella grandiosa carriera di Earnhardt, un pilota unico nel panorama delle corse automobilistiche.