Good american family: recensione del finale della serie tv

Arriva su Disney+ dal 30 aprile 2025 l’ultima puntata di Good american family, episodio finale degli otto che compongono la serie. Dopo la messa in onda dei primi cinque episodi, le ultime tre puntate sono uscite settimanalmente, costruendo un finale scandito da un ritmo coinvolgente, che termina ogni episodio con un cliffhanger e che fa attendere con trepidazione la resa dei conti. Uno “scontro” legale che inoltre stupisce nell’essere del tutto imprevedibile. Con un grande cast dove spiccano Ellen Pompeo e Imogen Faith Reid e dove non sono da meno Mark Duplass, Sarayu Blue e Christina Hendricks, insieme a moltissimi altri, Good american family riserva anche qualche sorpresa, mentre con le prime cinque puntate, nonostante l’alto livello, sembrava preparare a un finale già visto. Per quanto differente dalla storia vera, che invece si ripercorre fedelmente nei primi episodi, Good american family soddisfa, emoziona e offre anche spunti di riflessione.

Oltre la verità effettiva, ciò che è finto è qualcosa a cui non si può rinunciare

Good american family - cinematographe.it

Ne esistono molte di serie tv che, alla loro conclusione, lasciano fin troppe domande aperte, compresa la più importante: qual’è la verità? Sembra che Good american family, per non cadere nella trappola di un finale che neanche si sforza di ricercare l’originalità, trovi quel qualcosa in più da raccontare, o per meglio dire, su cui focalizzarsi. Non si tratta di reali novità o di un autentico tocco umano che non vuole limitarsi all’austera indifferenza da mantenere nelle aule del tribunale. Ma è tutto ciò che accade a seguito del verdetto, che è quell’impronta elettrizzante che altrimenti sarebbe mancata. Dove elettrizzante si restringe alla tecnica di racconto, e dal punto di vista narrativo è svilente. Si tratta della nuda e cruda realtà che, neanche di fronte all’evidenza, si riesce ad ammettere, almeno se si prende in esame il personaggio di Michael, da qui il tratto più svilente, malinconico, amaro.

Se si analizza e soppesa quel fanclub, compresi i figli, che inizia a sospettare di una perfetta Kristine e delle sue azioni, ecco che la conclusione galvanizza nel beneficio del dubbio. Lo stesso dubbio che per otto puntate è stato quello dello spettatore. Si diffida, si obietta, si cerca di affrontare e poi si teme quell’incarnazione del principio eroico e incorruttibile di un fuoco che è l’istinto materno di Kristine. Dove Kristine è una Madre Natura neoplatonica che è anima del mondo, è una luce divina senza la quale tutto rimarrebbe al buio. Un buio che esiste però solo nel momento in cui si avverte quella mancanza di luce, e cioè l’assenza di una Kristine salvifica. I momenti più acuti, quasi veementi, dove la tensione è al massimo, sono le espressioni che si dipingono sui volti di chi per anni ha solo lodato ed elogiato Kristine. Questo perché la vera vittoria in Good american family è un’altra.

Quando è difficile in Good american family accettare il reale significato delle parole

Good american family - cinematographe.it

Non è il veleno dei media, quello è fin troppo palese e di dominio pubblico, ma è quella soggezione che si inizia ad avere nei confronti di chi si ha messo, per anni, sul piedistallo del mondo. Un mondo che si riduce a un piccolo nucleo di persone, ognuna creature discendente dell’apparenza, della finzione, dell’immagine, di quella maschera che è regola sociale della vita. Ma quando quella facciata si deforma, le convenzioni e le forme che prima hanno funzionato si sgretolano di fronte a una concreta difficoltà che è ben oltre le proprie capacità. Tutto frana, collassa e si sfalda. Sta qui, ciò che di nuovo traspare da Good american family: qualcosa è impossibile solo finché non arriva qualcuno a renderlo possibile. L’atteggiamento che per Kristine ha sempre portato ottimi risultati, non è quello più adatto. Ma si tratta della Kristine di Ellen Pompeo, formidabile nel ruolo, e che dietro un sorriso e una limpidezza d’animo nasconde una natura manipolatrice, che inganna, falsifica, seduce e riesce a portare dalla propria parte chiunque.

Kristine entra nella mente delle persone e muove i fili dell’intelletto, manovrando le funzioni cognitive e la capacità di pensare di quella psiche che ora può gestire lei. Good american family, usando il punto di vista, nelle prime puntate di Kristine, e nelle ultime di Natalia, tenta di fare luce su una verità che forse non si potrà mai sapere con certezza. Ma quella caratterizzazione di Kristine non smette mai di stupire. Presenta un personaggio che riesce a confondere tutti, le cui parole diventano verità assolute, evidenze inconfutabili e prove schiaccianti. Ispira una fiducia totale, una stima incondizionata, quasi una fede suprema. Ma è davvero così difficile credere che dietro quell’immagine da mostruosa impostora di Natalia ci sia una realtà che Kristine ha cercato di costruire? Una realtà distorta quando si è resa conto di essere di fronte a chi non poteva controllare.

Quanto l’antitesi è in ogni forma e in ogni contesto, il distacco è netto, distinto e inequivocabile

Good american family

Finché tutto procedeva come doveva, Kristine era un certo tipo di persona, quando si è trovata sull’orlo di un abisso di ostacoli, si è rivelata. Un ribaltamento che si opera anche nella regia e nella fotografia: a quella smagliante espressività estetica di eleganza, armonia e di nobili intenti della parte più radiosa, brillante e splendete del Midwest, si contrappone e si passa all’angusta morsa di un torbido ospedale psichiatrico, a una cupa e brumosa casa sudicia e laconica che è, per la figura di Natalia, un percorso terribile da intraprendere. Tutto ciò che concerne la normalità è per Natalia una sofferenza e una fatica inimmaginabile. Se l’inquietudine conturbante è il primo impatto che suscita Good american family, la serie diventa poi una storia cupa e torva dove i colori più vivaci fanno fatica a risaltare. La sceneggiatura opera così contro la verosimiglianza, preferendo frasi che testimoniano una realtà sentita e non una costruita.

Così come gli stessi occhi di Natalia si perdono di fronte a chi, diversamente da ciò a cui è stata abituata, la spiazza nelle reazioni. Il peso che viene dato alle parole, nella seconda parte di Good american family. asserisce un’attenzione al rischio di non dire nulla di nuovo. Recitazione e fotografia, insieme, cambiano poi anche i connotati e a quello splendido e impeccabile concetto di genitore ideale, rende Kristine e Michael l’essenza di tutto ciò che è insensibile, glaciale, distaccato e arido. La verità e il come siano andate realmente le cose diventa quasi secondario nell’assurdità di non voler ritornare sui propri passi, di chiedersi dove si sia sbagliato o si siano commessi degli errori. Un contrasto si crea tra le due straordinari attrici, perché la stessa Imogen Faith Reid è la contrapposizione per eccellenza a Ellen Pompeo. Entrambe che si innalzano a rappresentazione di una delle tante domande che si pone la serie. Tra cui la più provocatoria e forse irriverente: dove risiede la differenza tra un buon genitore e un pessimo genitore? È forse più labile di quanto si creda?

Good american family: valutazione e conclusione

Good american family

Good american family è un prodotto da non perdere, che sembra assomigliare ad altre serie tv del genere, ma che in realtà se ne discosta. Ci sono molti punti di contatti con altri show e anche lo stile del doppio punto di vista è una tecnica ampiamente utilizzata. Ma indipendentemente da cosa lo Stato deciderà di Kristine e di Natalia, ad aver, in qualche modo, “vinto” è l’opinione pubblica che ha scelto di non fidarsi più di quello che era più semplice credere, accettando l’idea di aver travisato i fatti. Good american family è la prova della forza attrattiva ed eloquente dell’immagine pubblica, di un sogno americano realizzato, di una coppia unita che, nel loro sincero amore, può contrastare la verità. Nell’ingenuità di chi credeva, fermamente, di essere di fronte a chi si poteva raggirare fino all’ultimo. Con la presunzione di sapere che si preferisce, sempre e comunque, credere alle parole di un modello di perfezione. Tutti adorano percorrere la via più facile. Come dice il personaggio di Kristine, nella sottile critica sociale della serie: “People love a good american family“.

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Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.6