Sintonia – Stagione 2: recensione della serie TV Netflix

Sintonia torna con una seconda stagione su Netflix: nella periferia di San Paolo, tre giovani ventenni provano a riscattarsi dall’invisibilità di cui si sentono prigionieri.

Sintonia, racconto seriale scritto e diretto da KondZilla, torna su Netflix a due anni di distanza dalla distribuzione della prima stagione, arricchendo quest’ultima, già frammentata in sei momenti, di altri sei episodi, che non chiudono ma rinviano a un ulteriore capitolo.
Ritroviamo, così, Doni (MC Jottapê, cantante nella serie e nella vita), Rita (Bruna Mascarenhas) e Nando (Christian Malheiros) dove li avevamo lasciati, non solo nel tempo e nello spazio, ma anche nella postura rispetto al mistero dell’esistenza e di cosa farne: il primo a tentare la scalata delle classifiche musicali, la seconda ad approfondire la fede nella Chiesa evangelica, il terzo a farsi strada nell’ambiente del narcotraffico. Le loro giovani vite s’intrecciano di pari passo con i mondi a cui appartengono.

Sintonia 2: la serie brasiliana tra musica e fede

I tre protagonisti: Doni (MC Jottapê), Rita (Bruna Mascarenhas) e Nando (Christian Malheiros).

Le tre giovani vite s’intersecano e, allo stesso modo, gli universi di appartenenza: intrattenimento, religione, droga. Benché all’apparenza differenti, i microcosmi dei protagonisti si somigliano tra loro nell’intreccio fra corruzione e promessa d’accoglienza che rivolgono a chi vi si accosta: la serie, nonostante la qualità estetica non eccellente e l’ingenuità della sua costruzione drammaturgica, mostra con efficacia fino a che punto questi rispondano a una domanda di riconoscimento e offrano un’occasione di beatitudine quasi adrenalinica – nelle diverse forme di successo artistico, spirituale, economico – a chi la ricerca per avere la conferma di essere vivo, non solo vegeto, sulla terra. 

Doni, Rita e Nando vivono, infatti, nella stessa favela di San Paolo, eppure non hanno mai conosciuto la povertà. La loro privazione esula il parametro materiale e riguarda più la precarietà affettiva, la debolezza del desiderio vitale e una forma d’invisibilità percepita, che un’effettiva mancanza di risorse. 

Sintonia restituisce, pur senza graffio, il ritratto di una generazione che chiede riconoscimento

La serie è ambientata a San Paolo, la capitale e cuore finanziario dello stato brasiliano di San Paolo.

Anche se con goffaggine e limitata sapienza nella caratterizzazione dei personaggi, Sintonia prova, in fondo, a rappresentare una generazione che, in Brasile come altrove, lancia il suo grido all’altro da sé – l’altro adulto nelle incarnazioni vicarie che di volta in volta assume – affinché si volti a guardare, affinché prenda per mano e indichi una via di felicità. Il modo in cui lo fa manca, però, d’incidere, di assumere, attraverso uno sguardo singolare, il groppo morale della questione. 

E, seppure la narrazione s’insinui nei gangli della rete del Primeiro Comando da Capital (PCC), l’organizzazione terroristica criminale che, da quasi trent’anni, stritola nel suo pugno la capitale finanziaria del Brasile (sintonia è, non a caso, il nome con cui gli affiliati chiamano i ‘dipartimenti’ in cui l’associazione si capillarizza), di ciò restituisce soltanto una rappresentazione posticcia, opacizzata nel cinismo e nella ferocia, priva tanto di valenza estetico-letteraria quanto di vigore testimoniale. Quel che resta, unica eccedenza dell’operazione annacquante, è un ibrido inoffensivo tra teen drama e musical dalle potenzialità crime e civili colpevolmente inespresse. 

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2

2

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