Un’ultima risata: recensione della commedia

Un'ultima risata è un film dolce amaro divertente ed appassionante sull'importanza della commedia intesa come indispensabile strumento per approcciarsi alla vita.

Un’ultima risata (The Last Laugh), è una pellicola scritta e diretta da Greg Pritikin distribuita da Netflix in America e in Europa a partire dall’11 gennaio 2019.

Il film presenta due attori in gran spolvero: il comico Chevy Chase (personaggio di culto oltreoceano che, però, non è mai riuscito a imporsi del tutto qui da noi ) e Richard Dreyfuss (indimenticato protagonista de Lo squalo e Incontri ravvicinati del terzo tipo, nonché, premio Oscar per Goodbye Amore mio).

La trama di Un’ultima risata ruota attorno ad Al Hart (Chase), ex agente nel mondo dello spettacolo noto in passato per la sua perizia e lealtà nei confronti dei propri clienti. Adesso, Al è un uomo sulla settantina, solo, leggermente alienato ma ancora non del tutto annichilito; la paura che ciò possa accadere è per lui motivo di ansia e preoccupazione, soprattutto, quando riluttante decide (sotto consiglio della nipote interpretata da Kate Micucci) di entrare in una casa di riposo per anziani ed è lì che incontra, inaspettatamente e dopo 50 anni, Buddy Green (Dreyfuss). Quest’ultimo, era un promettente showman che, poco prima dell’esibizione – coronamento all’ Ed Sullivan Show (famoso per aver ospitato i Beatles e i Doors) aveva deciso di ritirarsi preferendo la famiglia.                  Forti di un ritrovato spirito ironico e beffardo, i due decidono di intraprendere un viaggio atto alla conquista di una realizzazione artistica e personale bruscamente interrotta anni prima.

Un’ultima risata – una commedia trasversale

un'ultima risata Cinematographe.it

La pellicola si dimostra straordinariamente arguta e funziona su più livelli: la sceneggiatura, pur non presentando un incipit troppo innovativo (ma cosa lo è davvero?), evita tutti i luoghi comuni delle classiche “commedie geriatriche” cui siamo stati abituati negli ultimi anni, non assistiamo, quindi, ad anziani che  fingono di essere ancora giovani camuffando gli acciacchi ma, al contrario, vengono affidati ai due protagonisti dialoghi brillanti (“Chiunque dica di essere al passo con i tempi non lo è mai davvero“; Buddy e le innumerevoli sfumature applicate al termine crepare) e situazioni inaspettate (il “tutorial su come mangiano i vecchi“).

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La seconda parte, in puro stile road movie, viene affrontata in maniera alquanto trasversale (nessun imprevisto comico che scade nel farsesco); stesso trattamento viene riservato alle sequenze romantiche (rappresentate da una rediviva Andie MacDowell, perfetta nella parte di una hippie mancata) e a quelle drammatico- riflessive del pre finale (memorabile il “sogno ad occhi aperti” in stile musical del personaggio di Chase il quale, durante il suo stato cosciente, dichiara, più volte, la sua avversione a quel genere).

Arguta si è rivelata, inoltre, la scelta dei caratteri principali: a ricoprire il ruolo di un comico abbiamo un attore premio Oscar, mentre per quello del serioso manager vi è un commediante.                                                                                                              L’inusuale casting è una carta vincente, poiché, i diversi stili di recitazione sembrano completarsi a vicenda. Abbiamo, così, la possibilità di vedere i due artisti gettare via le loro solite maschere (le virate drammatiche nell’interpretazione di Chevy Chase sorprendono in più di un’occasione: un chiaro esempio è l’espressione malinconica e speranzosa mentre rivolge lo sguardo al teatro che, un tempo, ospitava Ed Sullivan).                                  Due performance, dunque, dello stesso peso rese ancora più intense dal backround reale degli interpreti: entrambi relegati ai margini dello show business, in passato, a causa di insuccessi commerciali e per problemi legati al consumo di droghe.

La regia, purtroppo, non eccelle particolarmente: alcune sequenze sembrano essere state assemblate in maniera piuttosto frettolosa e la fotografia, in alcuni casi, lascia a desiderare ma il pathos (sottolineato da una buona colonna sonora curata dal regista stesso e da ottime canzoni) è sempre presente e mai banale, così come la riflessione sull’importanza della comicità. “Non c’è più bisogno di raccontare battute” si declama in uno dei momenti più importanti della storia, la commedia è ovunque se si è in grado di riconoscerla, è uno stile di vita e le peripezie tragicomiche di Al e Buddy durante il film, ne sono la prova, a chi spetta l’ultima risata adesso?!

Regia - 3
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 2.5
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

3.6

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